Domenica 5 novembre si vota in Sicilia per il rinnovo dell’assemblea regionale e per eleggere il nuovo governatore dell’isola. La regione arriva a questo appuntamento, stremata dopo 5 anni di mala gestione targata Crocetta e dai continui tagli di bilancio (quindi alla spesa sociale) imposti dai governi centrali commissariati di fatto da Bruxelles. E’ altresì vero che il governatore uscente Crocetta, ci ha messo molto del suo per rendere la situazione ancora più difficile a lavoratori, giovani e pensionati siciliani. Una situazione davvero drammatica se si considera il tasso di disoccupazione attestato al 34,8% e quello di occupazione tra le persone tra i 20 e i 64 anni (42,4% nel 2014) che è il più basso di tutte le regioni europee, stando a quanto riportato dall’ufficio statistica della Regione. Al tasso “tradizionale” dei disoccupati, va aggiunto quello degli “inattivi disponibili che non cercano lavoro”, che nell’isola sarebbero 544 mila, a fronte dei 352 mila disoccupati ufficiali. Secondo uno studio consultato dall’ANSA, tuttavia, il tasso al 34,8% sarebbe addirittura sottostimato: i tecnici dell’ufficio statistica aggiungono ai 352 mila disoccupati calcolati nel 2013, “soltanto” il 65% dei 544 mila “scoraggiati”, persone che non cercano attivamente lavoro ma sono disponibili a lavorare nel giro di due settimane. Questa tipologia di persone, per gli esperti del Dipartimento Economia, raggiungerebbe il numero di 551 mila unità. Gli scoraggiati ammonterebbero a 1,6 milioni, pari a un terzo della popolazione residente. Dati che evidenziano uno stato di cose allarmanti che peggiora anno dopo anno a causa delle politiche di austerità calate dalla commissione europea e dalla Bce sulla penisola italiana e sulle sue regioni e amministrazioni locali, puntualmente applicate dai burattini della politica italiana.

E dire che Crocetta si era presentato nella scorsa campagna elettorale come “diverso” e come presidente “autonomista”, salvo poi disattendere come ampiamente previsto, ogni sua promessa da marinaio. E’ emblematica la vicenda Muos, col governatore che una volta eletto, si è rimangiato la parola sull’impegno a bloccare il mostro della marina statunitense, sotto pressione del ministero della difesa.

L’esperienza Crocetta è stata talmente vergognosa e simbolo dell’incapacità di questa classe politica, che persino il Pd non ha avuto il coraggio di ricandidarlo alla presidenza della regione, preferendogli Fabrizio Micari, rettore dell’Università di Palermo. Candidatura che ha suscitato le proteste da parte di molti studenti dell’ateneo palermitano, i quali non hanno mancato di sottolineare l’incompatibilità della carica ricoperta da Micari, con la sua attività politica, chiedendone le dimissioni, che non sono mai arrivate. Alle proteste studentesche si sono aggiunte successivamente quelle di 71 docenti dell’ateneo di Palermo. Il rettore dell’Università di Palermo è sostenuto da una coalizione centrista che va dal Pd ad Alternativa Popolare di Alfano, passando per il Psi e la sua lista personale.

A Crocetta in cambio del ritiro della sua candidatura, Renzi ha promesso un seggio alla Camera, come dichiarato dallo stesso governatore uscente, che ha anche detto di auspicare che l’ex sindaco di Firenze mantenga la sua “promessa”.

Dall’altra parte della barricata troviamo Nello Musumeci, sostenuto dal centrodestra al gran completo, oltre che dalla sua lista, il quale forte della sua esperienza da presidente della provincia di Catania nel periodo definito come “primavera di Catania”, nonché da presidente della Commissione antimafia siciliana, gode o meglio dovrebbe godere di un certo consenso nella piccola e media borghesia locale. Molti però dimenticano che i tempi sono molto cambiati da quando Musumeci guidò la provincia etnea, visto che si è passati da una fase di relativa espansione economica, (dovuta ad una buona quantità di denaro circolante) ad una fase di profonda recessione senza fine, conseguenza dell’austerità.

Tra gli altri candidati c’è Claudio Fava, sostenuto da varie liste che vanno da sinistra italiana, rifondazione comunista e i verdi, agli ex PD di Movimento articolo uno (di quest’ultimo Fava è esponente). Personaggio bislacco, già coordinatore nazionale di Sinistra Democratica e prima ancora segretario regionale dei Ds in Sicilia ed eurodeputato eletto nelle file dell’Ulivo, è stato anche coordinatore della segreteria nazionale di Sinistra Ecologia Libertà. È attualmente deputato e vicepresidente della Commissione Parlamentare Antimafia.

Ci provò già nel 2013 a candidarsi alla presidenza della regione, ma non vi riuscì, perché costretto a rinunciare, non avendo effettuato il cambio di residenza entro il termine di 45 giorni prima delle elezioni richiesto dalla legge regionale siciliana. Insomma un personaggio furbo, in grado di attraversare pressoché tutti i partiti della sinistra borghese dal post 89 ad oggi e di riciclarsi sempre. L’emblema della sinistra borghese siciliana e nazionale e di ciò che ha saputo rappresentare. Al di là del nome accattivante della sua lista ( Cento Passi per la Sicilia) è destinato inevitabilmente ad andare incontro al fallimento a cui questa sinistra ci ha abituato.

Dulcis in fundo, Giancarlo Cancelleri, candidato per la seconda volta di fila alla presidenza della regione, dopo il non pessimo ma non esaltante risultato delle scorse regionali. È il candidato dell’apparato dei 5 stelle, colui che secondo sondaggisti e analisti televisivi, contenderà la vittoria a Musumeci. I 5 stelle puntano molto su di lui, ma attorno a lui non c’è più l’entusiasmo di 5 anni fa, forse perché il movimento ha dimostrato di non essere ciò che diceva di essere e di aver ben poco di alternativo rispetto alle ricette liberiste e di austerità attuate dal Pd e dal centrodestra. A ciò si aggiunga che all’assemblea regionale, il movimento capeggiato da Grillo, al di là delle chiacchiere, non ha mai fatto seria opposizione alla giunta Crocetta, anzi ne ha fatto persino da stampella quando questa non ha avuto i numeri necessari per tenersi in piedi. Da ricordare solo il fondo per le piccole e medio imprese istituito col taglio degli stipendi dei deputati all’Ars. Ciò sottolinea l’interesse di questo movimento per le imprese e i padroni ed il totale disinteresse per lavoratori, disoccupati e precari.

Vedremo chi la spunterà in questa farsa borghese, è molto probabile che l’astensione sarà ancora più alta di quella di 5 anni fa (superiore al 50%). Di certo chi perderà ancora una volta saranno i lavoratori sempre più alla fame, coloro che lavoratori lo sono stati, coloro che non possono diventarlo perché ci sono sempre meno posti e sempre meno posti che si liberano, e coloro che non lavoreranno mai o lo faranno solo per poco tempo. Le elezioni oggi, in regime di capitalismo putrescente, sono ben lungi dal fornire rappresentanza democratica agli elettori, servono solo a garantire rendite di posizione ai servi del capitale e dare al contempo una parvenza di democrazia. Se il proletariato vorrà spezzare le catene, dovrà partire proprio da qui, non rendendosi più complice dei propri carcerieri -perché un meno peggio non esiste – e lottando in tutto e per tutto contro questo sistema.

Angelo Fontanella