Quando si prepara una guerra di rapina ai danni di altri paesi, il compito della propaganda borghese è quello di accusare il paese da attaccare di essere uno Stato dove è stata cancellata la libertà, dove vengono violati i diritti umani, dove viene praticata la tortura contro i detenuti, dove è impedita la partecipazione democratica ed un libero suffragio universale.

Laddove si devono marcare delle differenze tra le nazioni democratiche ed i regimi dittatoriali, si fa quasi sempre riferimento al diritto alla libertà in tutte le sue forme, al diritto alla proprietà privata, alla scelta di avere dei propri rappresentanti in Parlamento attraverso “libere” elezioni, ed altre “garanzie” stabilite nelle varie costituzioni dei paesi “democratici”.

In primis è posto quale cardine fondamentale di ogni democrazia il concetto di libertà dell’uomo ed a tutela del diritto alla libertà di ogni cittadino la Costituzione Italiana ha fissato vari articoli (artt. 13, 14, 15,16,17,18,19,20,21) che vanno delle libertà personali fino alla libertà di pensiero.

Leggendo tali articoli si evidenziano però degli aspetti contraddittori. Mentre da un lato si riconoscono le possibilità in astratto, quali quelle di poter circolare sul territorio di una nazione oppure quelle di potersi associare liberamente od anche la inviolabilità del proprio domicilio, e così pure la libertà di riunirsi, in calce ad ogni articolo sono previste in modo alquanto generico delle limitazioni che dipendono solo e soltanto dalla discrezionalità dell’autorità giudiziaria.

Nulla è qui specificato circa queste limitazioni e sulle regole a cui dovrebbe sottostare l’autorità giudiziaria, queste regole sono eventualmente demandate a leggi approvate dal Parlamento ma non chiarite nella Costituzione.

Va da se che ad ogni cambio di governo oppure con il controllo degli organi di polizia giudiziaria o peggio ancora con leggi fatte ad uso e consumo della classe sociale dominante, nulla potrebbe impedire a gruppi di potere di porre in una condizione sociale di inferiorità e di privare della libertà sia singole persone che gruppi sociali, ma anche di sottomettere una classe che economicamente e politicamente si trovasse in condizione di inferiorità.

La borghesia si è garantita attraverso lo strumento repressivo dell’autorità giudiziaria previsto dalla stessa “carta”, che la libertà concessa ai suoi sudditi non diventasse anche libertà di poter cambiare l’attuale modo di produzione capitalistico ed ha impedito che un cambiamento politico diventasse anche cambiamento sociale o potesse porre in discussione lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo che attraverso la proprietà privata essa esercita.

Inoltre ha inserito nella stessa Costituzione un articolo che garantisse la tutela della proprietà privata (art. 42) e riprendendo tale concetto nel Codice Civile all’art. 832.

Quindi quando la borghesia parla, attraverso i suoi lacchè od i suoi pennivendoli, di regimi totalitari dove non esiste la libertà non vede o non vuol vedere che quei regimi, con cui poco prima aveva anche fatto buoni affari, non solo molto diversi dai suoi sistemi “democratici”.

Ogni cambiamento nel rispetto della legalità borghese non potrà mai essere sostanziale nei rapporti di forza tra le classi e per cancellare le ingiustizie sociali. Ogni movimento politico che si pone nel rispetto della “carta” non sarà e non potrà mai essere un movimento che potrà porre fine alle iniquità dovute all’attuale sistema di produzione capitalistico. La classe degli oppressi deve giocoforza, se vuole porre fine al proprio sfruttamento, violare la legalità borghese ed imporre le proprie regole e le proprie leggi.

In nome di questa libertà e partendo da questa principio “sacro”, la borghesia ed i sui apologeti, affermano di aver realizzato un sistema democratico dove l’essere umano può esprimere tutte le sue potenzialità sociali e politiche.

La borghesia ha da sempre esaltato il suo sistema sociale e la sua “civis” perché basata su questa presunta libertà dell’uomo, ma nelle società capitalistiche la libertà degli individui dipende principalmente dalla classe a cui essi appartengono e quindi dalle condizioni sociali e dal reddito.

Ogni individuo che viva una condizione di estrema povertà ed emarginazione vede annullata la propria libertà, in quanto la condizione economica in cui versa gli impedisce sostanzialmente ciò che formalmente gli viene permesso di fare.

Ogni individuo è formalmente libero di appropriarsi dei beni prodotti dalla società, può comprarsi una casa, può viaggiare, ecc. ma se non può comprarsele a causa della sua condizione economica, la sua formale libertà diventa sostanziale schiavitù ed impotenza.

La sua libertà diventa libertà illusoria. Una vera libertà esiste solo per la classe dominante.

Quest’ultima attraverso il potere politico, economico, le leggi, attraverso la censura ed il controllo di polizia, stabilisce il grado di libertà politica concessa agli individui. Per gli individui che appartengono ad una classe inferiore la libertà e solo un fatto formale e non sostanziale.

Le uniche libertà che realmente possiedono i poveri, sono quelle di prostituirsi o di vendersi come forza lavoro a questo o a quel capitalista.

La libertà che pone come suo fondamento l’oppressione dell’uomo sull’uomo, diventa libertà solo ed esclusivamente libertà per la classe dominante.

Il gioco delle elezioni che si fonda sul rispetto delle leggi borghesi, sulla tutela della proprietà privata e sul rispetto della Carta costituzionale, non è altro il gioco delle tre carte che abili manipolatori propongono nelle piazze ad incauti giocatori e che portano la classe operaia a dover scegliere ogni quattro i cinque anni quale rappresentante della borghesia debba opprimerla nelle istituzioni borghesi nel rispetto del gioco imposto dai padroni.

Sinistra e destra dell’attuale sistema politico che si sono mosse per anni nel rispetto di queste regole sono nient’altro espressioni di diverse fazioni della borghesia.

Il proletariato ha la necessità di costruire una sua rappresentanza politico/sociale che ponga come indispensabile compito l’abolizione del sistema di produzione capitalistico basato sulla proprietà privata e sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo altrimenti ogni sforzo per la sua emancipazione risulterà vano.

di Salvatore Cappuccio