Da circa un mese Donald Trump e i repubblicani hanno sollevato il sipario sul loro ambizioso piano di riforma delle tasse. Nonostante i proclami, che prevedono tagli di tasse per la classe media e di “un codice più semplice e più giusto” che servirà a riportare posti di lavoro e benessere dall’estero, lo scenario che emerge dalla manovra finanziaria è quello di uno smodato attacco ai lavoratori e alla classe operaia, che cancella di fatto speranze e illusioni di sovranisti e rossobruni che vedevano, nella figura del tycoon americano, un possibile baluardo difensivo contro le speculazioni della grande finanza, statunitense ed europea, e l’inevitabilità di politiche di austerità ad essa collegate.

Quello che viene fatto passare come metodo di semplificazione e abbassamento delle tasse, in vista di una vittoria legislativa, in realtà, consentirebbe ai repubblicani di tornare a respirare una boccata d’ossigeno all’interno di un partito invischiato sempre più in tensioni interne.

Ma veniamo al dunque: Trump ha ripetuto più volte che la manovra non aiuterebbe affatto i ricchi. Paul Rayan del partito repubblicano dal canto suo ha affermato che gli aiuti saranno indirizzati a quei lavoratori che vivono del proprio stipendio e che a malapena riescono a sopravvivere.

La verità dei fatti dice un’altra cosa, dati e cifre parlano di un vero e proprio atto di guerra sociale: un attacco ai poveri e alla classe lavoratrice del paese, un attacco alle persone malate, agli anziani e agli immigrati, ma anche di un trasferimento di ricchezza agli americani più benestanti e alle maggiori corporazioni.

Il fatto che l’ 1% delle persone più ricche d’America detenga circa il 40% della ricchezza dell’intero paese, non solo consente alla manovra finanziaria di mantenere questa dinamica, bensì permette ai più ricchi di avere ancora più agevolazioni fiscali. A conferma di ciò uno degli aspetti più vili, spacciato per progressista, della riforma, prevede il taglio al 20% dall’attuale 35% dell’imposta aziendale: un livello qualificato addirittura come il più punitivo e meno competitivo da un pezzo della borghesia, in seno alla competitività globalizzata. Una crescente agevolazione all’imposta sui redditi che significa un trilione netto di taglio fiscale alle imprese.

Ciò che emerge se si analizza la riforma conferma la non veridicità del fatto che le corporazioni statunitensi pagherebbero le imposte più alte del pianeta, come i repubblicani vorrebbero far credere. È soltanto grazie a scappatoie nelle norme fiscali se il tasso d’imposta per le corporazioni attualmente si attesta al 21.2%.  Uno studio condotto dall’Istituto sulla tassazione e la politica economica su 258 delle 500 maggiori società statunitensi afferma che 18 società non pagano le tasse da 8 anni e che 100 non le pagano da almeno un anno. Ma alla borghesia repubblicana -si sa- probabilmente per un’eccessiva mancanza di autostima, piace riprendere e ripetere vecchie argomentazioni, adducendole a sé stessa come sacra e inconfutabile forma di progresso. È il caso dell’ossificata strategia economica del trickle down (economia della percolazione dall’alto verso il basso), vale a dire quel vecchio totem teorico in campo economico secondo il quale, attraverso agevolazioni fiscali e incentivi alle grandi imprese e ai ceti sociali più abbienti, si favorirebbe la crescita della società nel suo complesso. Chiaramente la storia della borghesia americana dell’era Regan ha sconfessato questo modello di crescita. I profitti di ricchi e padroni sono cresciuti esponenzialmente nei decenni passati, e questo senza un reale incremento del lavoro per la classe lavoratrice e operaia. La maggior parte dei posti di lavoro creati dopo l’ultima recessione sono stati temporanei e sottopagati, a fronte degli enormi profitti dei capitalisti.

L’abbassamento delle tasse, dal 25% al 39.6%, riguarda in particolare imprese del settore immobiliare e fondi speculativi (hedge funds). Maggiori benefici verranno adottati per le cosiddette società pass-trouhg,nella sostanza imprese che pagano un’imposta sul reddito come se si trattasse di un singolo proprietario, piuttosto che estesa a livello aziendale. In questo contesto il singolo proprietario paga le tasse attraverso la propria dichiarazione dei redditi personale e alla società verrà ridotta l’aliquota al 25%. Un po’ come dire che piove sul bagnato. Certo, anche in questo caso, il dibattito in seno alla borghesia è animato, in quanto si palesa l’idea che codesto meccanismo d’aiuto alle piccole imprese si trasformi in una scappatoia per i redditi più alti riconfigurati come pass- trough.

Persistono inoltre scappatoie per quel che riguarda le agevolazioni sul carriedinterest (letteralmente “interesse generato”), ossia su una parte dei profitti che i soci generali di private equity e hedge fund ricevono come compenso indipendentemente che abbiano contribuito o meno a fondi iniziali. Una metodologia di compensazione che mirerebbe a motivare il partner generale, gestore del fondo, a lavorare per migliorare le prestazioni del fondo stesso. L’utilizzazione da parte di private equity e manager di fondi speculativi è chiaramente volta ad evitare di dover dichiarare profitti come normali retribuzioni. In questo modo i profitti vengono tassati molto meno e classificati come capital gain (utile capitale).

Due terzi dell’abbassamento delle tasse, in sostanza, andrebbero all’uno per cento dei più ricchi del popolo americano. Persone che guadagnano 615.800 dollari l’anno otterrebbero in media un taglio di 90.610 dollari a testa. L’ammontare di questo taglio rappresenterebbe più del reddito di oltre il 70 % degli americani, motivo per cui il reddito medio si attesterebbe a circa 56.000 dollari.

Se è pur vero che matematica e scienza statistica non sono un’ opinione -è il caso di dirlo- nel momento in cui si dichiara di portare benefici alla classe media del Paese, lo diventano.

La manovra finanziaria ridurrebbe inoltre il numero delle fasce di reddito, portandole da sette a quattro, mantenendo inalterato il più alto livello d’imposta sui redditi. Il fatto che la borghesia repubblicana cerchi di vendere tutto ciò coma la prova che il piano economico non sia una smisurata agevolazione fiscale per i ricchi ma un favore della classe media, non significa che chi ha occhi per vedere e orecchie per intendere non percepisca il subdolo meccanismo che sta alla base per prelevare soldi da chi ne ha sempre di meno. Il livello d’accesso alle fasce di reddito più alte si attesterebbe ad un milione di dollari per le coppie sposate, mentre l’aliquota individuale minima – quella che dovrebbe favorire i ceti medi e bassi- al 12%, superiore all’attuale 10%.

Favori in vista anche per lo 0.2% di ultra ricchi che pagano la tassa di successione per la proprietà ereditata. Il piano economico dei repubblicani predispone misure di riduzione ulteriore del numero di persone che pagano l’imposta. Alleggerire i ricchi per sovraccaricare sui poveri: soltanto in questa maniera si spiegherebbe il carico che intere famiglie dovranno sobbarcarsi per poterla pagare. Nell’arco di sei anni, come per magia, questa andrà dissolvendosi, fruttando cosi un beneficio di 20 milioni di dollari a 330 proprietà.

Un’ulteriore cancellazione riguarda l’alternative minimum tax, pagata da famiglie abbienti. Il vantaggio che ne deriverà per lo stesso Trump è considerevole: l’abolizione dell’imposta collegata alle sue 500 società pass-trouhg gli consentirà di risparmiare, quindi guadagnare, fino a 200 miliardi di dollari.

Il piano economico prevede anche  l’abrogazione della personale esenzione che consente a molte famiglie di detrarre 4050 dollari dalla dichiarazione dei redditi.

Agevolazioni fiscali per spese mediche, finanziamento agli studenti, adozioni, non saranno più in lista. Attualmente, la detrazione di spese mediche superiori del 10% del reddito da contribuente riguarda coniugi e dipendenti. Secondo una stima, il 57.1% delle insolvenze personali è dovuto alla spese mediche. L’intento della manovra è esclusivamente quello di colpire gli oppressi togliendogli definitivamente qualsiasi possibilità di respiro.

Viene abrogato il 15% del credito d’imposta per gli over 65, i pensionati e i disabili.

La remota possibilità che qualche operaio veda qualche sconto esiste, trattandosi di briciole: persone che guadagnano meno di 23500 dollari l’anno possono aspettarsi qualcosa come 80 dollari di sconto, praticamente delle mance renziane. Stando alle parole di Paul Rayan, una tipica famiglia di quattro persone risparmierà solo 1182 dollari l’anno, il corrispettivo di 591 dollari di due persone lavoratrici; un lavoratore che vive in un contesto familiare di due persone entrambe lavoratrici, risparmierà 50 dollari al mese. Un taglio medio della ricchezza che si attesterebbe intorno ai 90 mila dollari e che andrebbe a compensare abbondantemente il taglio della medesima cifra ai redditi annui superiori a 600 mila dollari.

Nella manovra finanziaria non poteva mancare inoltre un riferimento alla famiglia religiosamente intesa. La predisposizione di un credito d’imposta per i figli e la sua estensione a chi ne abbia i requisiti potrebbe suonare bene come qualche citazione di un bel libro medievale sulla famiglia o qualche proclama liberale di caratura patriarcale in stile Lorenzin. Per la verità la proposta, sottoposta ad una attenta disamina, si renderebbe assai meno vantaggiosa. Poiché, per prima cosa, non rimborsabile, cosicché famiglie che non disporranno di reddito sufficiente per pagare tasse federali – il 35% dei contributi- non ne beneficeranno. In secondo luogo, l’accesso a questo tipo di credito, imporrà al contribuente la disposizione di un numero di sicurezza sociale, non soltanto un identificativo di rete, che discriminerà di fatto molte persone immigrate. Tre milioni di ragazzi saranno tagliati fuori da questa politica.

Una detrazione di 300 dollari nella manovra finanziaria è prevista per vettori non familiari – nella sostanza rivolta a coppie senza figli e a chi non ha figli a carico -come ragazzi over 17 e persone anziane. Un’ iniziativa significativa quella di indirizzare 300 dollari ad ogni potenziale genitore in un contesto di credito di flessibilità familiare, se non fosse che questa piccola gratifica svanisca dopo 5 anni.

Per decenni il deficit, vale a dire la differenza negativa fra entrate e spese al netto degli interessi sostenuti per finanziare il debito pubblico -marchio di fabbrica dell’era capitalististica-, ha rappresentato per la borghesia repubblicana una sorta di idolatria, un ostacolo insormontabile nell’estensione dell’assistenza sanitaria e di un’educazione di qualità per tutti. Ripetutamente la richiesta riguardava una pianificazione della spesa in maniera responsabile. Il piano Trump va oltre tutto ciò, dimostrando nella concretezza dei fatti che ciò che alla borghesia repubblicana interessa veramente non sono né la pianificazione della spesa né il deficit, ma piuttosto trovare una via di fuga per il mancato sostentamento al welfare e ai servizi di prima necessità, infischiandosene una volta per tutte di chi veramente produce ed è sfruttato attraverso l’appropriazione di lavoro non pagato, costituendo di fatto la forma fondamentale del modo di produzione capitalistico e tenendo in piedi il modello di società ad esso sotteso: la classe operaia.

In sostanza, una manovra economica il cui costo sarà di 1.5 trilioni di dollari per dieci anni, nonostante, secondo alcune stime indipendenti, il ventaglio degli obiettivi repubblicani avrebbe un prezzo potenziale di 5 mila miliardi di dollari. L’equivalente di 150 bilioni di dollari l’anno, sufficienti ad offrire una retta universitaria gratuita negli Stati Uniti, più del budget federale per l’istruzione e il doppio della spesa per il welfare.

Costi che se passassero consentirebbero alla Casa bianca e al congresso a controllo repubblicano di predisporre nuovi tagli in materia di spesa, essendo -tra le altre cose- già stati pianificati nella proposta di riduzione della spesa da parte dello stesso Trump: taglio all’istruzione, al Medicaid (programma di assistenza sanitaria pubblica per persone a basso reddito) e ai servizi alla disabilità.

Un vero e proprio atto di avidità che comporterà un conto sempre più salato per i lavoratori e solleverà nuovi venti di guerra tra le masse.

 

Kenzo

 

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