Riprendiamo, con questa stesura di appunti, la riflessione sul libro “Materialismo ed empiriocriticismo”, di cui abbiamo già pubblicato la prima, la seconda, la terza, la quarta, la quinta , la sesta, la settima, l‘ottava, la nona, la decima, l’undicesima, la dodicesima, la tredicesima. la quattordicesima e la quindicesima parte.

In questa opera Lenin smaschera progressivamente il carattere idealista dell’empiriocriticismo, cioè del machismo (dal fondatore di questa dottrina, Ernst Mach).


La critica del Kantismo da destra e da sinistra

Mach riconosce di essere arrivato a Berkeley ed a Hume partendo da Kant. Avenarius invece afferma di essere stato il primo antagonista di Kant: tenta perciò di purificare il kantismo dall’ipotesi di sostanza, cioè dalla cosa in sé, che secondo Avenarius “non è data nei fatti dell’esperienza reale, ma è introdotta in essa dal pensiero”. Purtroppo Avenarius si sbaglia ad affermare che sia stato il primo ad aver “purificato” il kantismo. Già Schulze affermava che “Noi scettici o seguaci di Hume respingiamo la cosa in sé in quanto esce dai limiti di ogni esperienza […] neghiamo lo spazio ed il tempo esistano realmente fuori di noi […] non si può attribuire una realtà fuori delle nostre rappresentazioni […] questo perché la ragion pura di Kant fonda i suoi ragionamenti sul presupposto che ogni conoscenza comincia con l’azione delle cose obiettive sulla nostra sensibilità”. Quindi si respinge la dottrina di Kant, perché l’ipotesi della cosa in sé porta al materialismo. Quindi Avenarius non ha lottato da sinistra contro Kant, ma da destra come hanno fatto gli scettici e gli idealisti.

Ora siamo arrivati ad uno dei più curiosi episodi della polemica dei machisti russi contro Engels e Marx. La più recente scoperta di Bogdanov è che Plechanov fa “un tentativo infelice di conciliare Engels e Kant mediante il compromesso di una cosa in sé che sia conoscibile appena un po’”. La principale caratteristica del kantismo è la conciliazione del materialismo con l’idealismo: un compromesso fra l’uno e l’altro, una combinazione in un unico sistema delle due tendenze differenti e opposte della filosofia. Quando Kant ammette la cosa in sé allora è materialista. Quando dichiara che questa cosa in sé è inconoscibile allora si comporta come un idealista. Kant infatti riconosce nell’esperienza e nelle sensazioni l’unica sorgente delle nostre conoscenze, orienta la sua filosofia verso il sensismo e attraverso il sensismo, in certe condizioni, verso il materialismo. Ma per i materialisti Kant si orienta verso l’idealismo, non riconoscendo la differenza di principio tra la cosa in sé e i fenomeni e le leggi che la governano, indipendenti dal pensiero. Pertanto i machisti senza accorgersi hanno preso come maestri coloro che criticavano Kant dal punto di vista dello scetticismo e dell’idealismo. Mach e Avenarius criticano Kant non perché concepiva la cosa in sé in modo insufficientemente materialistico, ma perché egli ha ammesso la sua esistenza; non perché aveva rinunciato a dedurre la causalità e la necessità della natura dalla realtà obiettiva, ma perché ha in generale ammesso una causalità e necessità qualunque.

Feuerbach invece critica Kant da sinistra, non per il suo realismo, ma per il suo idealismo. Kant afferma “…una cosa in sé è alla base dei fenomeni, benché non sappiamo quale sia la sua natura, ma conosciamo soltanto il suo fenomeno che agisce sui nostri sensi….il nostro intelletto riconosce implicitamente l’esistenza di cose in sé…le quali sono quindi semplici essenze intellettive…”. Feuerbach critica Kant affermando : “dice egli gli oggetti dei sensi sono per l’intelletto soltanto fenomeni e non verità…” : la critica verte non perchè ammette le cose in sé, ma perchè non ammette la realtà, cioè la realtà obiettiva,ma perché la considera “essenze intellettive” e non come “essenze dotate di esistenza” . L’erede di Feuerbach, Albrecht Rau afferma che “La filosofia di Kant è un equivoco…Esistono dunque [per Kant] le cose reali ed esiste lo spirito umano che le concepisce….lo spirito possiede certe conoscenze a priori, grazie alle quali le cose devono apparirgli così come gli appaiono…è una nostra creazione…Kant garantisce l’esistenza delle cose reali, come cose in sé. Ma l’anima è necessaria per Kant…questo è il ponte tra l’idealismo ed il materialismo…la filosofia di Kant non considera la materia e lo spirito come cose radicalmente distinte fra loro, bensì non vede in esse che due aspetti differenti di una medesima cosa…”.

Kautsky nella sua “Etica” critica Kant da un punto di vista diametralmente opposto a quello di Hume e Berkeley: “Per la mia facoltà visiva io vedo il verde il rosso il bianco. Ma il fatto che il verde sia qualcosa di diverso dal rosso attesta qualcosa di esistente fuori di me…essi non sono condizionati dal carattere della mia facoltà di conoscere…in questo caso se la dottrina di Kant dell’idealità del tempo e dello spazio fosse vera, noi non potremmo sapere niente del mondo esterno, non potremmo nemmeno sapere che esso esiste.”

Concludiamo questo paragrafo con una citazione dell’allievo di Engels, Lafargue, che nel 1900 polemizzava contro i kantiani nel modo seguente: “…Un operaio che mangia salame e che riceve cento soldi al giorno sa benissimo di essere derubato dal padrone e di nutrirsi di carne di maiale; che il padrone è un ladro e che il salame è gradevole al palato e nutriente per il corpo. Niente affatto, dice il sofista borghese, si chiami Pirrone, Hume o Kant, l’opinione dell’operaio al riguardo è personale, pertanto soggettiva: egli potrebbe con altrettanta ragione pensare che il padrone è il suo benefattore e che il salame è fatto di cuoio tritato, poiché egli non può conoscere la cosa in sé… Il problema è mal posto e in questo sta la sua difficoltà…Per conosce un oggetto l’uomo deve prima verificare se i suoi sensi lo ingannano…I chimici sono andati oltre, sono penetrati all’interno dei corpi, li hanno analizzati, li hanno decomposti: dal momento che l’uomo può con questi elementi produrre cose per il suo uso, egli può [come dice Engels] pensare di conoscere i corpi in sé…”.

Sirio Stivalegna

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.