Le tensioni in Honduras hanno raggiunto un punto d’ebollizione dopo le elezioni presidenziali del 26 novembre. La nazione Centramericana si trova ora nel mezzo di una delle più grandi crisi politiche dopo il colpo di stato del 2009 appoggiato dagli Stati Uniti.

Nelle elezioni presidenziali di novembre, il Presidente di destra Juan Orlando Hernández si scontrò contro Salvador Nasralla, guida dell’opposizione di centrosinistra. La Costituzione honduregna proibisce ai presidenti di candidarsi per un secondo mandato, ciò avrebbe reso Hernández ineleggibile per la poltrona presidenziale.

Il presidente attuale poté candidarsi ad un secondo mandato solo grazie a una controversa decisione in suo favore della Corte Suprema, approvata inoltre dal Supremo Tribunale Elettorale (TSE), un corpo largamente screditato. Secondo i manifestanti, le istituzioni più importanti del paese sono controllate ermeticamente dal comando del Partito Nazionale e difettano di imparzialità politica.

Puzza di Broglio

Le paure di broglio persistono dopo le precedenti elezioni del 2013, in cui Hernández sconfisse Xiomara Castro tra imponenti irregolarità. La crisi attuale iniziò lunedì scorso, quando i primi risultati parziali delle elezioni presidenziali in Honduras furono diffusi al pubblico; a parere del governo, con l’88% di schede spogliate, Hernández stava guidando il conteggio ufficiale con un margine minimo. Dopo l’annuncio, Salvador Nasralla dichiarò che la corte elettorale stava manipolando i risultati, esortando inoltre i propri sostenitori ad andare nelle strade. Mercoledì le tensioni furono temporaneamente disinnescate quando entrambi, Nasralla e Hernández, firmarono un documento giurando di rispettare il risultato finale allorquando ogni voto sarebbe stato scrutinato.

Ma i ritardi nel procedimento di conteggio dei voti e il profondo malcontento del popolo honduregno spinsero Nasralla a dichiarare che il documento «non avesse alcuna validità». Da questo fatto, la furia contro il governo è aumentata per tutto il paese: più di mezzo milione di persone hanno partecipato alle proteste all’inizio di questa settimana. Il popolo ha affrontato la repressione nel sangue da parte della polizia e dell’esercito. Ramón Custodio, l’ex-commissario nazionale per i diritti umani, asserì che «l’attuale procedimento elettorale è invalidato poiché è basato sulla manipolazione da parte del Tribunale Elettorale».

Il popolo mobilitato

La rabbia popolare contro i brogli apparenti ha portato a larghe manifestazioni nell’intero paese, e in particolare nella capitale Tegucigalpa. La settimana scorsa, gli honduregni hanno organizzato moltissime proteste, bloccando le strade e i ponti, affrontando la polizia e le forze armate, la cui repressione di Stato si è risolta in più di 500 arresti e minimo sette morti, fra cui una donna diciannovenne. Venerdì il governo ha risposto istituendo lo stato d’emergenza per dieci giorni, includendo il coprifuoco notturno. Comunque, la frustrazione è tale che questo fine settimana i lavoratori e i giovani hanno infranto il coprifuoco e sono tornati nelle strade: a Tegucigalpa, decine di migliaia hanno occupato le piazze più importanti e gli edifici governativi della città.

Le proteste sono la conseguenza di un profondo malcontento popolare dovuto alla corruzione, alla disoccupazione e alla mancanza dell’istruzione e delle cure sanitarie, esprimono infatti il desiderio del popolo di democrazia, e la loro avversione nei confronti di un governo venuto al potere con un colpo di stato militare.

Il golpe del 2009 fu finanziato dall’imperialismo statunitense

Nel giugno del 2009, l’esercito dell’Honduras, sotto la direzione della Corte Suprema Honduregna, rovesciò con la forza il presidente democraticamente eletto Manuel Zelaya, esiliandolo. Il golpe fu tramato dopo che l’ex-presidente aveva invocato un referendum per riunire un’Assemblea Costituente  così da riscrivere la costituzione. Zelaya fu assimilato ai cosiddetti “governi dell’onda rosa” [ndt: governi di svolta a sinistra reagendo al neoliberismo, nell’originale Pink Tide governments] in America latina, apprezzati con un significativo appoggio popolare, per questo le masse honduregne hanno resistito eroicamente al colpo di stato militare.

Come nei fatali anni di brutali dittature militari per tutto il Centro-Sudamerica, dietro al golpe in Honduras c’erano dei consulenti e finanziatori statunitensi. The Independent affermò che «i politici honduregni e gli imprenditori che stavano dietro al putsch stavano già facendo pressione nel Congresso; un gruppo aveva persino allestito delle sedi informali in una sala conferenze di una società nei bassifondi del Distretto di Columbia, secondo quanto dice un ex-ufficiale honduregno residente a Washington, che ha richiesto l’anonimato. Pur non con un piano coordinato tra i due partiti, verosimilmente un generale degli Stati Uniti supportò i loro sforzi». Si ben conosce il sostegno al colpo di stato dell’ex-Segretario di Stato, Hillary Clinton.

Solidarietà al popolo dell’Honduras

In diverse parti del mondo ci sono state delle dimostrazioni in favore del popolo dell’Honduras. I nostri fratelli e le nostre sorelle centramericani hanno mostrato una grande volontà per combattere e per le forti

Left Voice, Ximena Goldman

tradotto da Immanuel Zipatov

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.