La Izquierda Diario ha parlato con Sergio Yahani, direttore del centro d’informazione alternativo (IAC). Yahani vive a Gerusalemme e la IAC ha uffici in quella città e a Beit Sahour in Cisgiordania. Riproduciamo di seguito alcuni frammenti del dialogo sull’importanza storica, politica e geografica di Gerusalemme, così come il modo in cui vivono centinaia di migliaia di palestinesi. Pochi giorni dopo l’annuncio di Donald Trump sul riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele, si sono scatenate le proteste durate giorni, e si sono diffuse ben oltre i territori palestinesi, nei principali paesi arabi della regione.


Ancora una volta Gerusalemme diventa l’epicentro del conflitto. Il valore simbolico di Gerusalemme va ben oltre la religione. La città per via della sua centralità storica, politica e geografica è la chiave per ogni tipo di liberazione nazionale palestinese in futuro. Senza Gerusalemme non vi potrà essere in alcun modo uno stato palestinese, sia esso uno stato unico che va dal mare al fiume Giordano, sia uno stato in Cisgiordania.

Gerusalemme è fondamentale per qualsiasi tipo di strategia nazionale palestinese, ma è anche il luogo dove l’apartheid è la più dura di tutte. La popolazione palestinese di Gerusalemme non ha alcun tipo di status politico: non sono cittadini di Israele, ma non sono neppure cittadini dell’autorità palestinese. Lo status politico della popolazione palestinese a Gerusalemme è quello di immigrati con diritto al lavoro, il che è particolare visto che i palestinesi non sono mai “emigrati”, ma sono i nativi della città.

Queste condizioni molto precarie permettono a Israele di avere un controllo demografico abbastanza forte, espellendo le persone in caso di necessità, ma crea anche una forza lavoro di 200.000 persone, in un piccolo stato, che non ha alcun tipo di diritto. I Palestinesi non hanno sindacati perché non esistono in Israele, e quelli palestinesi sono vietati.  E’ dunque una popolazione che vive sulla propria pelle l’apartheid giorno per giorno. Vive una vita senza alcun tipo di diritto. Nè civile, nè politico, nè umano. Non hanno nemmeno il diritto fondamentale alla casa. Non esiste per la popolazione palestinese di Gerusalemme.

Naturalmente, questa situazione è perpetuata dalla complicità sia dell’Europa che degli Stati Uniti, ma anche dei regimi arabi che accettano questo status quo, in particolare quello Giordano. Infatti Israele mantiene un certo rispetto nei confronti dei poteri Giordani nei centri religiosi sotto il suo controllo, la Giordania accetta in cambio l’Apartheid israeliana senza batter ciglio.

Sono passati due giorni dall’inizio della lotta. Dovete vedere cosa succede da sabato, dopo il picco a cui si è arrivati lo scorso venerdì. Domani forse la resistenza potrà perdere, ma sarà una sconfitta solo temporanea, sarebbe l’occasione per riorganizzarsi per poi vedere come riprenderà la lotta a partire dalla prossima settimana.

Mirta Pacheco

Traduzione di Angelo Fontanella da La Izquierda Diario

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.