Nell’epoca delle realtà virtuali, dei social network, delle comunità inventate e dei virtual game, si impone prepotentemente nel mercato finanziario una nuova moneta senza Stato, senza supporto cartaceo e senza una Banca di riferimento, legata esclusivamente al mercato finanziario elettronico. Il “bit coin” od anche “cripto valuta” oppure “moneta elettronica” è la nuova frontiera dell’immaterialità del denaro e dell’assenza di regole del mercato finanziario.

Nessuna Banca produce e controlla i “bit coin”, nessuna Banca può garantire in caso di truffe o di mancato pagamento per la trasformazione di “bit coin” in altre monete. Eppure il mercato chiede sempre di più questa moneta, una febbre frenetica che spinge sempre più in alto il valore della banconota elettronica (attualmente essa ha un valore di circa 14,418.90 €), un meccanismo basato sul peer to peer, così come avviene da anni per lo scambio di file audio e video. Le persone che scambiano prodotti per “bit coin” riconoscono questa moneta virtuale, ne accettano il valore e soprattutto hanno fiducia nella possibilità di poterla scambiare e ricevere contropartite in merci.

Le transazioni con “bit coin” sono registrate sul Blockchain che è una sorta di registro o libro mastro non modificabile e basato su un algoritmo accessibile e leggibile per intero da un qualunque computer in qualsiasi parte del mondo.

L’uso dei “bit coin” nasce probabilmente anche per evitare di dover pagare alle banche il costo delle operazioni finanziarie ed altre spese aggiuntive, ma essendo una moneta non garantita da nessun Istituto di credito i rischi di future crisi finanziarie sono enormemente più elevati e preparano un nuovo crack più grave di quello del 2008. Lo scambio di “future” sui “bit coin” è già cominciato al Chicago Board Options Exchange che è la più grande borsa per negoziare opzioni su azioni borsistiche.

Questo rappresenta solo l’inizio di una speculazione che produrrà nuovi e più gravi disastri finanziari nei prossimi anni.

Il “bit coin” è la più alta espressione del denaro inteso come equivalente generale ed astratto di tutte le merci.

Il denaro quale merce generale ed equipollente di tutte le altre merci non raffigura nessuna in particolare ma le rappresenta tutte in generale. Il denaro ha in se la cristallizzazione del valore di scambio cioè quel lavoro astratto mediamente e socialmente necessario per produrre merci ed in quanto valore medio sociale per produrre questo valore è giocoforza una astrazione del lavoro concreto con cui si realizzano il singoli prodotti.

La proprietà del denaro è quella di essere impersonale cioè di essere espressione di un qualcosa che non può identificarsi in una particolare persona od in un particolare oggetto. Nella moneta equivalente di tutte le merci si nasconde un elemento “virtuale” cioè un elemento non riferibile materialità concreta. Il valore di una merce è di per se astrazione dal lavoro concreto.

Essendo il mezzo con cui si scambiano le cose è anche il mezzo con il quale si intrecciano i rapporti tra uomini, uno scambio legato da una reciproca dipendenza degli uomini, che fa sempre dipendere l’appagamento dei desideri degli uni dalla reciprocità dei rapporti con gli altri.

Il denaro è lo strumento sociale dello scambio di merci ed il prezzo nella sua espressione monetaria del valore nasconde nient’altro che un rapporto sociale.

A questa regola non sfugge nemmeno la moneta elettronica o “cripto valuta”. Essa è nient’altro che un rapporto sociale. Nella realtà non è stato mai coniato nessun “bit coin” da nessun Istituto di credito, ma esiste come rapporto sociale tra persone attraverso la rete informatica che ne ha decretato la nascita ed anche il suo “valore” rispetto alle altre monete.

Negli scritti economici Marx ha sempre inteso la forma denaro come una categoria sociale. I prodotti del lavoro divengono valore solo in quanto contengono un determinato quantum di lavoro astratto socialmente necessario alla sua produzione ed in quanto socialmente necessario è di per se un prodotto sociale un “rapporto sociale”.

Che fosse un “rapporto sociale” lo avevano capito anche i Greci che usavano come sinonimo di denaro la parola “nomisma” che aveva anche il significato di ‘cosa legale’ perché sorgeva non per natura ma per legge (nomos) e la moneta diventava una manifestazione diretta della legge dell’autorità.

Dalla specificità della moneta deriva la differenza tra valore di una merce ed il suo prezzo. Una delle critiche mossa alla teoria del valore di Marx da chi non aveva compreso questa differenza sostanziale era che il prezzo delle merci non coincideva con il loro valore.

Per Marx il prezzo è un rapporto sociale mentre il valore delle merci è una categoria “astratta” dell’economia.

”Il “denaro” è un prodotto necessario del processo di scambio, nel quale prodotti di lavoro di tipo differente vengono di fatto equiparati e quindi trasformati di fatto in merci”.

I processi finanziari dove si scambia denaro con denaro, laddove è cristallizzata la formula D – D’ sono sempre più ingovernabili e caotici, sfuggono al controllo di qualunque autorità nazionale e sovranazionale, essi sono il frutto della corsa frenetica verso il profitto a qualunque costo, puntando semplicemente sull’uso del denaro anche a costo di produrre crisi catastrofiche, che possono portare e sicuramente porteranno il mondo verso una catastrofe sociale ed economica nei prossimi anni.

Nell’ambito del sistema capitalistico ogni espansione economica e finanziaria è destinata a scontrarsi con il limite di un mercato che non può assorbire un produzione eccessiva di merci e di titoli e produrre quindi una crisi.

A tale legge non sfugge nemmeno il mercato dei “bit coin” che ha un ulteriore punto debole rispetto alle altre monete rappresentative dei vari governi, e cioè, di essere una moneta che non appartiene a nessuno Stato e quindi nessun se ne assumerà le responsabilità in caso di catastrofe.

Di Salvatore Cappuccio