Riceviamo e pubblichiamo due brani, brevi ma d’impatto, comparsi cinquant’anni fa, il 29 e 30 dicembre 1968 (non a caso, nel 2018 ricorre il cinquantenario dell’anno “di fuoco”, il 1968), sulla storica testata di sinistra “Il potere operaio”.


Champagne e pomodori

I bambini, quando hanno un quaderno nuovo, con le pagine bianche, fanno mille progetti di tenerlo in ordine, di scriverci con la migliore calligrafia. Nel calendario dei padroni, il capodanno ha la stessa funzione: offrire a chi quotidianamente è sfruttato, immiserito e istupidito dal dominio capitalista, la truffa finale. L’anno vecchio ti ha dato miseria, licenziamenti, supersfruttamento, servitù: ebbene, puoi buttarlo via, come i cocci vecchi dalle finestre: ti resta davanti l’anno nuovo, il bel quaderno bianco tutto da scrivere. Questo è il discorso che conviene ai padroni: sospendiamo le ostilità, tanto quello che è stato e stato, ora tutto e diverso, è un altro anno. Ma il nostro quaderno ce l’hanno già scritto loro, col linguaggio di sempre: miseria, licenziamenti, supersfruttamento, servitù.

Ma la cosa più mostruosa è proprio questa: il tentativo di renderci complici del nostro sfruttamento, di renderci schiavi e felici. Il grande spettacolo del capodanno e pronto. Protagonisti gli sfruttatori, i potenti, i parassiti, pronti a sfoggiare la ricchezza accumulata sulla miseria e sul lavoro altrui, a sprecare in una sera quanto basta a migliaia di famiglie per vivere un anno intero. Il loro divertimento non basta, c’è bisogno anche del pubblico, c’è bisogno di quelli che della ricchezza e del potere sono quotidianamente derubati. Le prime al teatro, i veglioni lussuosi alla Bussola, all’hotel Golf, a St. Vincent, devono arrivare nelle case di tutti, portati dalla televisione, dai quotidiani pieni di fotografie e cronache del bel mondo, dai rotocalchi che sfoggiano sfilate di modelli preziosi per le casalinghe che non li indosseranno mai.

Ma non è detto che il gioco riesca. A chi ipocritamente si domanda: “Che cosa ci porterà il nuovo anno?”, come se si trattasse di prevedere eventi naturali, terremoti, siccità, c’è una sola risposta.

Il nuovo anno ci porterà quello che sapremo conquistarci.

Sul quaderno bianco i padroni vogliono risolvere i loro vecchi e grassi conti. Tocca a noi riempirlo con una storia diversa.

Lasciamo ai padroni lo champagne: noi abbiamo i pomodori”.

 

Buone feste, vi dicono i padroni

Buon capodanno, buone feste ti dice il tuo padrone consegnandoti il pacco dono. Buone feste ti dice il manifesto pubblicitario, buon capodanno ti dice la vetrina dell’Upim, che ti invita a spendere le ultime lire della tredicesima (su cui la direzione ha già fatto la sua trattenuta, come alla S. Gobain, per via degli scioperi); buone feste ci ha detto l’Apollo 8, parecchi miliardi di dollari buttati intorno alla Luna in nome del progresso dell’umanità, mentre negli stessi Stati Uniti ci sono milioni di uomini che crepano di fame e di freddo; ma per le feste abbiamo lo spumante e il panettone.

Buone feste ti dicono gli alberelli luccicanti, stracarichi di lampadine, in tutte le piazze: buone feste, state buoni: le feste sono uguali per tutti, per il padrone e per l’operaio a cassa integrazione, per il dottor Fabbris nel Grand hotel di Cortina e per l’operaio della Marzotto licenziato, per i padroni Montedison e per la commessa della Upim che deve sorridere due volte per vendere il triplo.

“Buone feste, operai, lavoratori, studenti,’ dicono i padroni, ‘pensate a bere, a mangiare, a divertirvi; dimenticate che il ’68 è l’anno del Maggio francese, delle lotte di massa di studenti e operai, della Cecoslovacchia, della intensificazione della rivolta dei popoli del Terzo mondo. Dimenticate che solo qualche settimana fa la polizia ha massacrato due braccianti ad Avola, ha bastonato i proletari in lotta in centinaia di manifestazioni”.

“Buone feste,” ripetono i padroni, “spendete la vostra tredicesima, comprate le vostre merci natalizie, regalatevele l’un l’altro: è necessario che i nostri negozi vendano, che i nostri prodotti siano consumati”.

Ebbene, compagni, festeggiamoli questi nostri padroni andiamo tutti alla Bussola, alla Capannina, da Oliviero, a vederli sfilare con le loro signore col vestito nuovo da mezzo milione, a consumare una cena da 50 mila lire, annaffiata da 50 mila lire di champagne. Ai grassi padroni e alle loro donne impellicciate vogliamo quest’anno porgere personalmente i nostri auguri. Sarà solo un piccolo simbolico omaggio ortofrutticolo, per prepararli a un 1969 denso di ben altre emozioni.

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.