Prima di addentrarci in questo quinto capitolo è necessaria una piccola avvertenza al lettare. Non sfuggirà a chi ha qualche studio di storia greca alle spalle che la storiografia attuale si discosta in più punti dalla ricostruzione accolta da Engels. Si parla ad esempio di un’epoca “eroica”, facendo corrispondere tale periodo alla società descritta nei poemi omerici, mentre oggi sappiamo che usare tali poemi come fonte storiografica è cosa assai problematica e ancor più lo è collocarli in un determinato periodo storico. Se l’età eroica descritta non trova molta corrispondenza nel periodo miceneo, anche tentativi più recenti di trasformare le successive Dark Ages in una società “eroica” basata sul rango individuale e sullo scambio di doni (1) hanno almeno parzialmente ceduto il passo a successive accurate analisi dei dati archeologici. In effetti, nel momento in cui scriveva Engels la scrittura lineare B non era ancora stata decifrata, una parte consistente della documentazione archeologica che oggi possediamo era ancora sottoterra e le testimonianze scritte venivano accolte in modo assai meno cauto di quanto si fa attualmente.

 

Considerazione simili, forse meno evidenti, si potrebbero fare in campo antropologico. Il testo che leggiamo è certamente un testo pionieristico, in quanto Engels studiava quelli che possono considerati i primi trattati di antropologia culturale della storia –  in particolare  quelli di L.H. Morgan. Ora gran parte (2) degli antropologi moderni criticherebbero oggi un approccio evoluzionista come quello di Morgan, farebbero notare che le civiltà così dette primitive sono civiltà tanto quanto la nostra, che non esiste un parametro univoco ed universale per giudicare chi cosa è più progredito – progredito rispetto a cosa? –, e così via.

 

Ovviamente, se dedichiamo una rubrica a questo testo non è solo per il suo valore “storico”. Se pure dopo oltre 130 anni potremmo muovere qualche critica a quel dettaglio storico, a quella terminologia o a quella categoria concettuale, rimane tuttavia di grande interesse, a livello globale, la ricostruzione che Engels fa del cammino che dalle civiltà primitive ha portato alla civiltà capitalistica

 

Genesi dello Stato ateniese

Una delle prime forme di organizzazione sociale di Stato (3) la possiamo ritrovare nell’antica polis di Atene, sorta gradualmente dall’evoluzione e dalla disgregazione dell’antica società gentilizia, e dall’integrazione a questa di nuovi organi amministrativi su cui ci siamo soffermati già nel capitolo precedente. In particolare, però, lo Stato si è creato in quel momento in cui le nuove autorità pubbliche che si delineavano hanno incominciato ad escludere sempre più la collettività dall’amministrazione della società. Parliamo insomma, in età arcaica, di una società oligarchica o comunque di un regime censitario, come quello affermatosi con le riforme di Solone (inizio VI sec. a.C.). È pure da osservare che la stessa democrazia ateniese, tanto celebrata dalla retorica borghese, potrà allargare il corpo della cittadinanza (ma gli esclusi rimarranno comunque molti) il gran parte grazie alla sistematica politica di aggressione imperialista. Mentre prima il modello di soldato era l’oplita, che doveva avere una consistente disponibilità economica per permettersi il suo equipaggiamento, ora l’utilizzo sistematico della guerra per mare e delle triremi richiedeva un grande impiego di rematori non equipaggiati. In definitiva la democrazia ateniese ha il suo fondamento in una politica imperialista di rapina, anche perché non vi era un vero sistema di tassazione a sostenere la macchina statale.

 

La nascita  di una cosa pubblica, più in concreto, si ebbe col declino dell’organizzazione basata sulla fratria e sulla gens. Presso i Greci ciò avvenne tramite almeno due passaggi cruciali: la c.d. “Costituzione di Teseo” (4) e le già citate riforme di Solone. Nella Grecia della c.d. età eroica (3) con la compravendita della proprietà fondiaria, con la progressiva divisione del lavoro fra agricoltura e artigianato, commercio e navigazione, coloro che facevano parte delle gentes, delle fratrie e delle tribù dovettero in pochissimo tempo mescolarsi tra loro andando così a creare una confusione soprattutto di carattere amministrativo all’interno di queste. Già in epoca eroica quindi, a seconda ovviamente anche dell’area della Grecia di cui parliamo, fu introdotta una sorta di pubblica amministrazione, ovvero alcuni affari amministrativi di competenza esclusiva della tribù vennero resi pubblici e trasferiti nelle mani del consiglio comune di Atene.

 

Il secondo passo verso la nascita dello Stato fu poi la fusione in un unico popolo, che di conseguenza diede vita ad un diritto pubblico generale ateniese dando nuovi diritti, maggiore protezione e una nuova posizione sociale anche ai cittadini non appartenenti alla loro gens. Successivamente, aldilà della propria gens, fratria o tribù, la popolazione fu divisa in tre classi: eupatridi o nobili, geomori o agricoltori, demiurghi o artigiani. E ovviamente nel gradino più basso gli schiavi. In realtà, mentre agricoltori e artigiani godettero più o meno degli stessi diritti giuridici, la differenza invece era tra questi e i nobili e tra gli schiavi e gli artigiani e gli agricoltori. I nobili godevano in particolare del diritto esclusivo di occupare uffici pubblici. L’antagonismo quindi fra Stato e costituzione gentilizia incominciò a farsi sempre più marcato, andando così a creare una società fondata sul privilegio che per mantenersi tale non le sarebbe bastato il solo status quo di privilegiati e non ma anche il conflitto, e questo fu un fenomeno storico che ritroveremo anche in epoche storiche molto più avanzate  (ad esempio nella Russia prerivoluzionaria e nell’Europa tra le due guerre mondiali), tra i non privilegiati, in particolare in quel periodo tra agricoltori e artigiani, nel Novecento lo riscontreremo tra i mezzadri e gli operai di fabbrica. Incominciò quindi a crearsi una divisione culturale e sociale anche tra città e campagna.

 

Con la disgregazione della società gentilizia cadde quindi in disuso anche il ruolo del basileus (capo tribù) e alla testa dello Stato presero posto gli arconti eletti tra i nobili. In questo modo il potere politico ed economico della nobiltà crebbe a dismisura andando ad accentuare sempre più una sorta di odio da parte delle altre classi verso di essa. Si iniziò inoltre ad impiegare il danaro per alcune transizioni economiche, cosa sconosciuta alla società gentilizia, e con esso si affermarono modalità di funzionamento del sistema di mercato che esistono ancora oggi come l’ipoteca, l’obbligazione, il credito, il debito, e tutte le terre appartenenti ai contadini furono comprate dai nobili. Per riottenere la sua terra il contadino, visto che col declino della società gentilizia nacque anche la proprietà privata, avrebbe dovuto pagare un’ipoteca. Un ulteriore aspetto di distaccamento dalla società gentilizia fu il fatto che, mentre in quest’ultima si produceva solo il necessario alla propria sopravvivenza e ogni produttore era il possessore di ciò che produceva, nella società di classe invece la nobiltà incominciò a produrre non solo quello che era necessario alla propria sopravvivenza ma anche tutto ciò che potesse accrescere il proprio potere, il proprio prestigio.  Questo surplus veniva accumulato grazie all’impiego di artigiani, agricoltori e schiavi, in ogni caso individui che non erano possessori di ciò che producevano: gli antenati degli attuali operai salariati. La costituzione gentilizia si poteva considerare estinta in quanto ormai la società si sviluppava. in maniera silenziosa e graduale, sempre più al di fuori dai suoi confini. Gli stranieri, a causa del commercio, erano ormai aumentati a dismisura e la schiavitù venne ad imporsi come una necessità.

 

Tuttavia , se è vero che la nascita dello Stato ha creato una società basata sul privilegio, sull’usura e sul prestigio sociale (costituzione di Teseo), con la costituzione di Solone vennero attuate anche alcune di quelle riforme tipiche del cosiddetto Stato sociale, ovvero lo Stato che “protegge” e “difende” i suoi cittadini. Con la costituzione di Solone, infatti, tutti i debiti vennero invalidati togliendo di conseguenza tutte le ipoteche sulle proprietà. In realtà con questa atto si è solo attuata una violazione di proprietà per difendere un’altra proprietà ma con ciò almeno i liberi Ateniesi non sarebbero caduti in schiavitù. Fu imposto inoltre anche un limite ai possedimenti fondiari da parte di un individuo per fermare almeno in parte la sete di nuove rendite fondiarie della nobiltà. Il ruolo della tribù, daccanto  suo, riassunse un maggiore significato politico in quanto si vide un aumento da 100 a 400 membri nel suo consiglio. Per il resto, però, la costituzione di Solone divise anche i cittadini in quattro classi a seconda del reddito e del possesso fondiario, oltre a deludere le aspettative di chi chiedeva una redistribuzione delle terre. Mentre le prime tre classi godevano di consistenti privilegi sociali e politici, la quarta poteva solo prendere parola e votare alle assemblee popolari. Ma le differenze tra queste quattro classi emersero anche nei ranghi militari: mentre le prime due classi formavano infatti la cavalleria, la terza classe formava la fanteria pesante e la quarta la fanteria leggera.

 

Da una parte quindi la costituzione di Solone andò a contrastare l’arricchimento sfrenato della nobiltà, ma dall’altra accentuò il carattere classista della società e andò a rafforzare anche il carattere economico della proprietà privata. Diritti e doveri dei cittadini infatti vennero commisurati secondo la grandezza della loro proprietà fondiaria. Grazie alle nuove riforme, quindi, i liberi cittadini ateniesi vennero sfruttati sempre meno, il che fu compensato da un impiego sempre maggiore di schiavi. Sotto i nobili incominciò così a crearsi una classe di privilegiati, in cui potremmo intravedere qualche analogia con la futura borghesia. Interessante notare come molti di questi con ogni probabilità discendevano da famiglie cadute in schiavitù a causa dell’usura. Ad ogni modo quella greca fu una civiltà in continuo mutamento ed è difficile porre dei confini sociali così netti nella popolazione.

 

Successivamente tutta l’Attica venne divisa in cento distretti comunali chiamati demoi, ognuno dei quali aveva un’amministrazione autonoma. A capo di ogni demos veniva eletto un capo chiamato demarco, un tesoriere e una magistratura composta da trenta giudici. Il potere supremo dei demoni risiedeva nell’assemblea dei demoti. Dieci di questi demoi formavano una tribù, non più gentilizia ma locale e con poteri politici e militari, che eleggeva cinquanta consiglieri nel consiglio di Atene. Lo Stato ateniese era il punto culminante di tutto questo apparato burocratico. Esso si componeva di un consiglio composto da cinquecento membri eletti nelle tribù e in ultimo da un’assemblea popolare aperta ad ogni cittadino ateniese. Successivamente gli Ateniesi crearono, per completare la nascita dello Stato, anche un corpo di polizia composto da arcieri appiedati e a cavallo, il più delle volte schiavi. Ma nel frattempo l’antagonismo tra classi aumentò e non fu più tanto fra nobili e popolo ma tra liberi cittadini e schiavi. Il sempre maggiore sviluppo del commercio e dell’industria portò la concentrazione e l’accumulazione della ricchezza nelle mani di pochi e fece sì che i liberi cittadini si impoverissero sempre di più. Il declino dello Stato ateniese non fu quindi tanto determinata dalla democrazia ma dalla sempre crescente polarizzazione della distribuzione della ricchezza tra le classi sociali. Lo studio dello Stato ateniese rimane comunque di particolare interesse,  perché esso rappresenta ancora oggi una delle forme statali più simili a quelle odierne in Occidente, le repubbliche democratiche, e al tempo stesso una delle organizzazioni sociali più complesse e organiche (attenzione, non più democratiche) del tempo.

 

Azimuth

 

Note del redattore

 

(1) Cfr. Finley, Il mondo di Odisseo, Milano 1966 (ed. or. 1954).

 

(2) Bisogna segnalare che anche tra gli odierni antropologi vi è una corrente così detta neoevoluzionista.

 

(3) Cosa qui intendiamo con Stato e quale novità Engels attribuisce alla polis ateniese si chiarirà appena in seguito. Evidentemente non parliamo certo dello stato moderno e, altrettanto evidentemente, la storia conosceva già da moltissimo tempo strutture sociali assai complesse ed organizzate. 

 

(4) Gli Ateniesi erano soliti attribuire a Teseo, eroe mitico, molte tra le cose che ritenevano importanti e fondative della loro polis; così fa Aristotele, nella sua Costituzione degli Ateniesi,  attribuendo a una mitica costituzione di Teseo l’organizzazione vigente prima delle riforme di Draconte.

 

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