Di fronte al netto rifiuto da parte di tutti i sindacati a continuare a negoziare su eventuali tagli senza una minima garanzia per il futuro, l’azienda risponde bloccando l’arrivo della nuova Opel Corsa.


La negoziazione sindacale del contratto collettivo che il gruppo automobilistico OPEL (ora nelle mani della francese PSA) ha ottenuto nello stabilimento di Figuerelas (Saragozza) sembra raggiungere un “punto di non ritorno”. Però, nonostante tre dei cinque sindacati presenti nello stabilimento abbiano accettato di negoziare su alcune delle drastiche misure richieste dalla compagnia (più carico di lavoro e congelamento dei salari), questa chiusura rende l’accordo impossibile al momento.  Ciò dimostra da un lato che i nuovi proprietari francesi non sono disposti a cedere neanche di un millimetro nei loro piano di aggiustamento: vogliono “tutto o niente”; dall’altro, che la politica di accettare sconti in cambio di promesse di lavoro serve solo a favorire ed incoraggiare gli imprenditori.

La proposta sindacale ed il blocco delle contrattazioni

Lo scorso martedì 23 i cinque sindacati hanno annunciato all’azienda che avrebbero sospeso la negoziazione del contratto collettivo se essa non avesse accettato cinque punti per loro irrinunciabili. Il primo consisteva in un piano industriale che metteva a pieno regime lo stabilimento di Figuerelas nelle due linee di assemblaggio (Mokka X, Crossland X e C3 Aircross e Corsa) con tre turni produttivi. Il prevedeva che i lavoratori nati nel 1957 potessero estendere il contratto di solidarietà retroattivmente al 1° gennaio del 2018. Il terzo che i lavoratori a tempo determinato che avevano dovuto abbandonare la fabbrica in questo mese, circa 170, fossero riassunti. In quarto luogo, si è rivendicato un piano di ringiovanimento del modello che ha colpito i lavoratori nati nel 1958, 1959, 1960 e 1961, insieme a pensionamenti concordati a 61 anni. Il quinto e ultimo punto riguardava le condizioni lavorative degli occupati di livello 6 e 7 che dovevano essere concordate e che lo fossero all’interno del contratto collettivo.

Dopo aver presentato questi punti si sono prodotte le spaccature sindacali già citate precedentemente. UGT, CCOO e Acumagme, che rappresentavano più del 70% del Comitato d’Impresa, hanno accettato alcuni dei duri aggiustamenti previsti per l’impresa. Gli altri sindacati, CGT e OSTA, si sono rifiutati di accettare qualsiasi tipo di congelamento salariale o di aumento di carico di lavoro. CGT (il terzo sindacato in rappresentazione) vuole limitare la flessibilità lavorativa fino ad agosto e dopo ridurla gradualmente. Per quanto riguarda i salari, poi, chiedono un aumento dell’1,5% per questo anno, in modo da compensare quanto perso negli anni precedenti, e del 2% per i successivi.

Il ricatto dell’azienda

Di fronte a questa proposta sindacale la risposta dell’azienda non si è fatta aspettare e, come già abbiamo menzionato precedentemente, è stata durissima. Appena il giorno dopo, mercoledì 24, il gruppo PSA ha adottato una serie di misure che, per iniziare, sembrano voler lasciare la fabbrica senza alcun futuro e portarla, in pratica, a una chiusura sicura nei prossimi anni.

L’azienda ha così deciso di sospendere tutti gli investimenti nello stabilimento di Figuerelas, che includono il dietro front sull’arrivo della nuova generazione della Corsa, che sarebbe dovuto avvenire nel 2019. L’intenzione,  però, è anche quella di studiare quale potrà essere il nuovo sito per fabbricare questo modello. L’azienda ha inoltre interrotto gli investimenti per la nave 1 di carrozzerie, di cui era stato previsto un incremento. In ultimo, ha anche detto in maniera chiara che lo stabilimento opterà per nuovi modelli e che è già stato realizzato uno studio di integrazione delle due linee in una sola.

Questo non può che rappresentare un duro colpo al futuro dello stabilimento e a più di 200 società ausiliarie che dipendono da questo, dove ci sono circa 25000 lavoratori e lavoratrici. Come si dice colloquialmente: “Se la Opel starnutisce, l’Aragona si raffredda”.

Sara Martin, il presidente del comitato di impresa ha detto: “non accetteremo la decisione unilaterale che ha preso la compagnia”. Questo giovedì più di 3000 lavoratori e lavoratrici, quasi tutti quelli dello stabilimento, hanno partecipato ad una protesta durante la pausa pranzo per dimostrare alla direzione il loro totale disaccordo verso le misure che ha preso e per invitarla a riconsiderare la sua posizione. “Non abbiamo mai parlato di rompere la negoziazione, ma di sospenderla in quanto l’azienda non ha accettato le cinque condizioni richieste”. Riguardo  nuove mobilitazioni, Martin ha spiegato che ogni sindacato sta valutando l’accaduto e che si deciderà nella commissione permanente della parte sociale.

Anche dal mondo politico ed imprenditoriale c’è stata una risposta immediata. Il presidente del governo di Aragona, il socialista Javier Lamban, ha descritto come molto grave la notizia ed ha convocato per il prossimo giovedì 25 la direzione e il comitato dell’impresa per cercare di trovare una soluzione. Da parte sua, il rappresentante patronale delle imprese ausiliarie Opel ha affermato che questa è la notizia peggiore che gli si potesse dare. Indubbiamente, il barone “socialista” cerca di intervenire per convincere i rappresentanti sindacali ad accettare l’insieme di misure che l’azienda vuole imporre.

Combattiamo uniti per affrontare il ricatto padronale!

Ovviamente i lavoratori dello stabilimento Opel non possono fidarsi di quegli stessi politici che hanno sovvenzionato con denaro pubblico per anni e che quindi appoggiano i costanti tagli dell’azienda. E nemmeno possono credere che la burocrazia sindacale, che mantiene la maggioranza del comitato aziendale e che da anni accetta le riduzioni salariali e lavorative, intraprenderà una lotta risoluta e della portata che la durezza dell’attacco padronale richiederebbe. Del resto è la stessa che oggi ha accettato, come reclama CGT, che un lavoratore possa arrivare a prendere 7491,8 € (28,8%) in meno rispetto al collega per fare lo stesso lavoro, un cifra che ci vorranno circa sette anni per accumulare, se non si ha la fortuna di non essere licenziati prima.

Per affrontare questo attacco contro lo staff di Figuerelas, che è a sua volta contro l’intera classe lavoratrice, è urgente chiedere che i leader dei sindacati convochino assemblee in ogni sezione e a turno, dove vengano eletti delegati e delegati che convergano in una grande assemblea di rappresentanti eletti democraticamente dalla base. È questa assemblea che dovrà convocare un calendario chiaro di mobilitazioni che vadano molto più in la di una semplice protesta nell’ora di pranzo. Del resto, chi può pensare che una semplice azione come quella possa realmente bloccare questo attacco?

Per questo, i sindacati come la CGT, che si è sempre opposta a tutti gli adattamenti concordati nell’impresa, dovrebbero cominciare a chiedere pubblicamente che tutto il resto del comitato aziendale prenda queste misure e, nel caso si opponga, che le implementi ovunque sia possibile. In questo modo, i sindacati che vogliono davvero affrontare i possibili aggiustamenti dell’azienda potrebbero iniziare a contrastare un taglio concordato dalla mano di UGT e CCOO, come siamo stati abituati a vedere negli ultimi anni.

Questa lotta, però, non dovrebbe essere lasciata solo nei limiti dello stabilimento di Figuerelas. Si deve formare un fronte unico tra i colleghi dello stabilimento e quelli degli stabilimenti ausiliari. Un’unità che si sappia esprimere in un comitato di lotta e che richieda immediatamente grandi mobilitazioni per condurre questo attacco. Mobilitazioni alle quali dobbiamo aggiungere tutta la sinistra politica, sindacale, di quartiere, sociale e studentesca dell’Aragona.

Come Izquierda Diario appoggiamo e sosteniamo, come sempre, qualsiasi azione di protesta convocata in quanto pensiamo che solo tramite un chiaro programma di lotta unito alla base i lavoratori possano far fronte a questo brutale attacco da parte dei datori di lavoro. Un programma basato su una riduzione dell’orario di lavoro senza abbassare i salari, per mantenere l’occupazione e realizzare l’incorporazione di nuovi lavoratori per combattere la disoccupazione e la precarietà.

Jorge Calderón

Traduzione da Izquierdadiario.es

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