Il CCNL logistica e trasporto merci, firmato dai sindacati confederali lo scorso anno sotto la forma di un “preaccordo”, viene ora “confermato” dalle assemblee di lavoratori nei magazzini (almeno secondo la CGIL). Tralasceremo qui le modalità e l’effettiva effettuazione di queste fantomatiche assemblee, sono decenni, d’altronde, che la CGIL millanta assemblee decisionali di lavoratori, spesso poche e fatte negli stabilimenti dove la presa delle burocrazie sindacali prezzolate è più forte e i lavoratori sono più arretrati e passivi. Per dire, a Roma, una città con un numero non indifferente di magazzini le assemblee di cui si ha notizia si possono contare sulle dita di una mano e spesso sono state effettuate alla presenza di un numero scarsissimo di lavoratori rispetto al totale degli impiegati -fra l’altro non tutti favorevoli nemmeno all’interno della sigla che quel contratto lo ha firmato!-. La cosa non ci stupisce, anni di politiche arrendevoli, opportuniste e, in definitiva, a favore dei padroni più che dei lavoratori, hanno allontanato centinaia di essi dai sindacati confederali a favore di sigle combattive che oggi organizzano la parte maggioritaria dei sindacalizzati nel settore (primo fra tutti sicuramente il Si Cobas). Se davvero fosse stato discusso e votato quel contratto nazionale non saremmo andati incontro a un trionfo del sì, la CGIL-Filt lo sa e ha evitato accuratamente di presentarsi dove avrebbe perso clamorosamente.

Oltre a rendere il lavoro estremamente più flessibile in quanto a orari a favore dell’esigenza delle aziende, tagliare su permessi, ferie e malattie, e sugli stipendi per i neo assunti, su cui scriveremo in maniera più estesa su altri articoli, ci interessa più ragionare su un paio di “piccolezze” che piccolezze non sono affatto e che sembrano scritte proprio per mettere una pezza all’ascesa del movimento di lotta nel settore certamente più avanzato da quel punto di vista dell’intera economia italiana (e non solo) in questo momento.

Da questo punto di vista viene formalizzata l’assurda questione dell’impossibilità di scioperare senza preavviso per quei magazzini che trasportano beni di “prima necessità”. Risulta evidente che questa limitazione se allargata a prodotti alimentari renderà nei prossimi anni impossibile organizzare anche un solo sciopero efficace nei magazzini, per esempio, della grande distribuzione (supermercati), dove i casi di sfruttamento selvaggio si moltiplicano e dove le prime risposte di lavoratori stanno arrivando anche se fra mille difficoltà (un esempio recente è la vertenza portata avanti dai lavoratori Tuodì del magazzino di Roma).

C’è poi da considerare che molti corrieri espresso trasportano, pur teoricamente non potendo per legge, generi quali medicinali e alimentari, qui si creerebbe, in caso di sciopero, una collisione tra la violazione di una legge da parte della proprietà e una da parte dei lavoratori ed è inutile anche solo farsi illusioni su quale delle due avrebbe la meglio secondo questure e magistrati.

Insomma, i padroni con questo CCNL non puntano semplicemente a scambiare qualche euro per la compressione dei salari e maggiore flessibilità da parte dei lavoratori, hanno anche messo in moto una macchina che, se i lavoratori stessi con le loro lotte non si appresteranno a combattere, punta a pacificare il settore a colpi di repressione e sanzioni economiche anche molto pesanti, sia per singoli lavoratori in sciopero che per le organizzazioni sindacali che li indicono.

Non si facciano comunque illusioni burocrati sindacali e proprietari, gran parte di quell’accordo verrà osteggiato con i fatti dai lavoratori con scioperi e azioni di lotta (primo ad arrivare quello del 23 febbraio prossimo e il corteo politico indetto dal Si Cobas per il giorno dopo), come sempre è stato fatto anche contro leggi e accordi presi contro l’interesse della classe lavoratrice, un esempio? Il Jobs Act e l’eliminazione dell’articolo 18 in molti magazzini della logistica non viene attuato nonostante sia una legge a tutti gli effetti grazie alla lotta che ha spinto i padroni a firmare accordi in tal senso.

Il CCNL, alla fine dei conti, è “solo” un pezzo di carta, sicuramente pericoloso e che verrà usato come arma dai padroni, ma il vero ago della bilancia sarà la forza che i lavoratori e le organizzazioni sindacali combattive sapranno mettere in campo per respingere l’attacco e rilanciare accordi nazionali e locali che invece di abbassare salari e togliere “diritti” faccia l’esatto opposto.

Di Ciemme