Riproponiamo un articolo scritto a febbraio del 2017 in merito alla morte sul lavoro di un operaio rumeno e il successivo occultamento del cadavere da parte dei costruttori di cui era dipendente.


A quasi 8 anni dalla morte in cantiere di Mihai Istoca, operaio rumeno, è stata finalmente depositata la condanna per i due padroncini che buttarono il suo cadavere senza vita in una discarica. Una condanna leggera, in primo grado di giudizio, a cui gli avvocati faranno facilmente ricorso fino all’assoluzione o alla prescrizione.

La condanna di quattro anni di carcere è emessa per occultamento di cadavere, e per la legge i due costruttori non hanno altre colpe. D’altronde non ci si aspetta che la legge rappresenti la giustizia, e nemmeno che nella condanna venga tenuto conto di tutto ciò che è successo prima o del perché di ciò.

Il sistema del caporalato è alla base sia della tragedia (la morte in cantiere) che della farsa (l’occultamento e le vicende giudiziarie). È la faccia più truce del capitalismo italiano, che nell’ultimo anno come per incanto si è scoperto esistere anche al Nord, che è causa diretta delle condizioni in cui lavorava Mihai: nessun contratto (e sei già fortunato se hai il lavoro, quindi poche storie), nessun orario prestabilito (e quindi giù di dodici ore al giorno, dall’alba al tramonto) e nessun dispositivo di sicurezza (una spesa inutile, e poi ti fanno solo perdere tempo mentre quando stai sull’impalcatura non puoi perdere un attimo).

Elementi chiave della vicenda sono in questo caso il lavoro nero e la sostanziale impunità che spetta a chi è responsabile sotto ogni punto di vista.

A spingere i due costruttori a buttare il cadavere nella discarica è stata la paura di un controllo da cui sarebbero emerse tutta una serie di irregolarità non solo per l’operaio morto, ma per le altre decine, forse centinaia di altri che sicuramente si trovavano e trovano nella sua stessa condizione.

Ma a permettergli di agire così è stata la certezza nella legge, che protegge chi si può permettere dei buoni avvocati assicurandogli pene ridicole (se effettivamente applicate). C’è poi da ricordare il rapporto di forza che si instaura tra un padrone e un operaio. È lo stesso che permette al padrone di pagare una miseria un lavoro massacrante e per una quantità enorme di ore. Forti di questo potere, gli altri operai testimoni dell’accaduto sono stati costretti al silenzio per anni e anni dalle minacce dei due padroncini, quasi sicuramente aiutate da qualche mezzo di persuasione tipo mazze o “ferri“.

E la certezza dei due omicidi sarebbe anche stata corretta. Solo il caso ha permesso che due cacciatori, attirati dalla “puzza di carogna“, scoprissero il cadavere dal volto irriconoscibile.

Gabriele Bertoncelli

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.