I curdi e Assad negoziano

Afrin[1]. Scontro in vista tra Turchia e Siria?

Un mese dopo l’ inizio dell’ invasione turca ad Afrin, le autorità siriane hanno affermato che avrebbero inviato truppe per fermare l’ avanzata dei Turchi e dei loro alleati con l’ accordo delle forze curde. Questi ultimi negano ogni accordo con Assad ma riconoscono che un negoziato c’ è stato.

« Il regime di Assad sta per rientrare ad Afrin? Per fare cosa? Se le truppe di Assad rientrano ad Afrin per cacciare il PKK e i miliziani dell’ YPG[2] non ci sono problemi. Se invece vuole proteggere l’ YPG, allora nessuno potrà fermare la Turchia e i soldati turchi». Con queste parole sprezzanti il ministro degli esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, rispondeva alle indiscrezioni di un intervento dell’ esercito siriano ad Afrin.

Dal 20 Gennaio le forze armate turche e i loro alleati portano avanti un’ offensiva contro l’ enclave curdo di Afrin. L’ obiettivo ufficiale è di cacciare le forze curde dell’ YPG (Unità di protezione del popolo) che la Turchia considera “terroriste” perché legate al PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan). Questa offensiva mette in pericolo gli obiettivi militari degli USA in Siria dove l’ unica forza affidabile è rappresentata dai combattenti curdi che d’ altra parte negano ogni legame col PKK.

Questa manovra militare testimonia il gelo delle relazioni tra USA e Turchia, uno dei suoi alleati storici. Tuttavia gli USA hanno lasciato mano libera alla Turchia anche per evitare di dover intervenire in una regione dove lo spazio aereo è controllato dalla Russia. E così hanno anche abbandonato i loro alleati curdi.

Dopo un mese di bombardamenti e resistenza il presidente turco Erdogan vuole spingersi oltre con la sua manovra offensiva. Davanti ai deputati del suo partito ha dichiarato infatti che nei giorni a seguire sarebbero state prese misure più decise per assediare il centro di Afrin. Il regime turco vuole passare alla fase successiva: ridurre alla fame la città di Afrin  tagliando gli approvvigionamenti alla popolazione, compresi medicinali e beni di prima necessità.

In questo contesto le forze curde hanno anzitutto preteso la difesa delle frontiere da parte del regime siriano di Assad di fronte all’attacco turco e quindi hanno negoziato con i rappresentanti del regime per allontanare la Turchia da Afrin.

A differenza della Russia che ha dato il semaforo verde all’offensiva turca, rimanendo poi dietro le quinte, il regime siriano e l’ alleato iraniano si sono opposti fin dall’inizio alle operazioni turche. Da una parte, se la Turchia avesse cacciato le forze curde, avrebbe lasciato spazio a forze militari meno disposte a trattare con Damasco come invece lo erano i curdi. Dall’altra invece, la presa di Afrin potrebbe rafforzare la posizione della Turchia in Siria e diventare un potenziale ostacolo all’influenza dell’ Iran sull’intera regione.

Afrin non è di per sé una città strategica. Nel corso delle ultime settimane è divenuta centrale per quanto concerne i rapporti di forza militari, geopolitici anche da un punto di vista simbolico e quindi per il morale dei combattenti dei diversi campi in lotta. La situazione di Afrin è il banco di prova dell’alleanza tra Russia, Turchia e Iran, alleanza forgiata nel corso degli ultimi mesi e i cui interessi contraddittori iniziano a venire alla luce in questa nuova fase della guerra siriana.

Afrin potrebbe diventare il fronte dello scontro diretto tra Turchia, Siria ed Iran. Al momento non sono state inviate nel distretto truppe dell’ esercito siriano ma solo combattenti volontari pro regime (armati dal regime di Assad e finanziati dall’ Iran), attaccati dalle forze turche mentre cercavano di entrare ad Afrin.

Potrebbe trattarsi del risultato della mediazione russa che cercava di preservare la relazione con la Turchia pur consapevole del problema dell’ arretramento del regime a favore dei gruppi “ribelli”. In questo senso la difesa di Afrin da parte del regime potrebbe essere portata avanti da queste forze locali e non direttamente dall’esercito siriano.

Ma questa offensiva di Afrin comporta anche delle importanti contraddizioni per la Turchia. Il rischio di cacciarsi in un conflitto con i curdi è serio, anche considerando che molti soldati turchi hanno perso la vita in questa operazione. A questo di deve aggiungere che anche in caso di vittoria ad Afrin, la Turchia non potrebbe spingersi molto oltre nell’avanzata entro i territori controllati dai curdi a meno di non sollevare uno scandalo diplomatico con gli USA. L’imperialismo può per il momento abbandonare i suoi alleati curdi ad Afrin, ma non può permettersi di fare la stessa cosa nei territori curdi in Siria.

In questo contesto alcuni speculano sul fatto che la Turchia stia approfittando dell’  occasione per trovare una via d’ uscita a questa offensiva, consentendo alle forze del regime di riprendersi Afrin a condizione che non sia permesso l’ ingresso ai curdi. Tuttavia questa opzione sembra poco praticabile per la Turchia a causa dei possibili rischi che comporta. In primo luogo l’ arretramento turco da Afrin potrebbe essere presentato dalla propaganda curda come una vittoria sulla Turchia. In secondo luogo nulla garantisce che una volta ripreso il controllo della città le forze del regime siriano non lascino mano libera ai curdi, anche solo parzialmente.

Infine si tratterebbe di un’ occasione persa dalla Turchia per guadagnare una posizione di credito nel contesto della riconfigurazione dei rapporti di forza nella regione a seguito dell’ arretramento parziale dell’ egemonia degli Usa e dei suoi alleati (Arabia Saudita).

Per tutti questi motivi non è possibile escludere una escalation nello scontro tra le forze in campo nella regione, scontro che potrebbe aver conseguenze catastrofiche per i lavoratori e le masse. I lavoratori non devono dare alcuna fiducia alle forze dei vari regimi reazionari della regione, né alla Russia di Putin e ancor meno alle forze imperialiste.

Nessuna alleanza con le forze reazionarie potrà portare a risultati positivi per la popolazione, sfiancata e annientata da anni di guerra. Nessuna alleanza con queste forze reazionarie potrà garantire l’autodeterminazione del popolo curdo. Solo a fianco dei lavoratori, dei giovani e delle classi popolari dei paesi della regione e dei paesi imperialisti gli sfruttati e gli oppressi della Siria potranno trovare un sostegno fondamentale per esigere, nell’immediato, la ritirata della Turchia da Afrin ma anche il ritiro delle truppe di tutte le forze imperialiste straniere, per garantire così il diritto all’ autodeterminazione del popolo curdo e degli altri popoli della regione.

[1] Afrin: città del nord della Siria, capoluogo dell’ omonimo distretto. Enclave curdo.

[2] YPG: la milizia della regione a maggioranza curda nel nord della Siria e forza armata del Partito dell’Unione Democratica.

fonte originale: www.revolutionpermanente.fr

di Philippe Alcoy
Traduzione di Ylenia Gironella

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.