Riceviamo e pubblichiamo un articolo di riflessione di un lavoratore sui corsi organizzati dalle aziende al fine di “formare” la propria forza lavoro.

Il corso formativo, se cosi lo vogliamo chiamare, a cui l’azienda per cui lavoro ci costringe a partecipare si svolge solitamente per la durata di 40 ore, ovvero per una settimana.
Vorrei concentrarmi su vari aspetti che ho riscontrato da parte dei lavoratori in rapporto al corso, ma soprattutto mi preme testimoniare quello che il docente del corso premeva di insegnarci o meglio, a mio avviso, convincerci. Sembra inopportuna la parola convincerci in rapporto a quello che dirò, perché i lavoratori sono consapevoli di essere sfruttati, e l’obiettivo del “maestro” era sostanzialmente quello di infondere motivazioni. Insomma per la durata del corso la maggior parte del tempo è sembrato, anzi lo è stato, un susseguirsi di sproloqui, dove il docente di turno cercava di inculcare che, con voglia, passione e sacrificio si può migliorare la propria vita. Che dovremmo raggiungere i sogni a cui aspiriamo. Ogni suo accenno però veniva interrotto dai lavoratori, coscienti del fatto che senza una possibilità economica non si va da nessuna parte e che i nostri sogni sono determinati da una motivazione oggettiva che è quella monetaria. Queste sono state le due risposte date continuamente, il “maestro” ha voluto insistere facendo anche degli esempi: il presidente della multinazionale Zara, I campioni nell’ambito sportivo ecc.. Insisteva nel dire che, dal niente si può diventare ricchi, famosi e, aggiungerei, borghesi.

Il punto compagni, è che vogliono trasmetterci ogni giorno,anche fuori da questi corsi forzati uno stile di vita idealista. Siamo ingannati da dei signori/e, persone con lauree, quindi formati ad hoc per inculcarci nella testa che se vogliamo possiamo fare tutto.
Ma tutti noi sappiamo che non è così, sappiamo quanto duro dobbiamo lavorare per ottenere qualcosa di dignitoso. Non ci sono scusanti nel sistema capitalistico di produzione, se produci, lavori se non produci, stai fuori.

Sono stati tre i docenti a seguire il corso. Il docente motivazionale di cui ho già parlato abbastanza, a seguire un docente di “sicurezza sul lavoro” applicabile quasi sempre solo in teoria quasi mai nella pratica. La sicurezza per la salute fisica del lavoratore deve essere il primo codice morale che ognuno di noi dovrebbe tenere in considerazione. Il punto sta proprio qua, fin quando conosciamo i modi per sollevare o spostare un carico possiamo dire di veder tutelata la nostra salute ma, nella pratica, ci mancano i mezzi per farlo.

Le nostre testimonianze hanno svelato la non praticabilità delle regole in un contesto di sfruttamento come quello in cui viviamo. Se prestiamo attenzione ad ogni singolo movimento diventiamo dei robot, senza una fluidità nei movimenti, il punto infatti sta nella ripetitività del lavoro. La mente cerca una via di uscita a quella situazione così pressante e frenetica (Marx la chiamava alienazione) e quindi l’inosservanza delle regole dipende dalla inapplicabilità delle stesse nella pratica. Inoltre, se il padrone non fornisce mezzi per migliorare lo spostamento delle merci anche per la pendenza di alcune aree e non assume altro personale, la soglia di sfruttamento si alza aumentando i rischi per la salute a prescindere.
L’altra docente, l’ultima, era una consulente aziendale, amica d’affari del padrone, avendo anch’essa delle lavoranti per il proprio studio. Trattava il corso di 4 ore pomeridiane intitolato Diritto sul lavoro.

La consulente, ha spiegato le modifiche alle leggi sul lavoro, ai decreti firmati da imprenditori e sindacati confederali (cigl,cisl uil). Ha elencato i vari contratti lavorativi e fatto solo piccoli accenni sull’abolizione dell’articolo 18. Subdola e classista è stata per tutta la durata del corso, con questo manager che non può e non dovrebbe parlarci in prima persona dei diritti sul lavoro. Ha cercato di farci passare come una cosa buona e giusta che se dal contratto di apprendistato, il padrone volesse farci un altro contratto a termine e non indeterminato, potrebbe, perché la legge lo permette.
Lei stessa lo consiglia ai propri clienti (padroni). Per lei conta il risparmio delle aziende sue clienti, ed il maggior profitto. Però alla classe lavoratrice, questo non va bene. Noi vogliamo una stabilità economica dignitosa rapportata a i costi della vita. Desideriamo una casa con tutti i confort, essenzialmente con le cose basilari. Questi bisogni concretizzano la vita di ogni lavoratore su questa terra. Il Capitalismo, la competitività nel mercato, le guerre per accaparrarsi le risorse creano sempre nuove sofferenze, morti e sfruttamento. Non dobbiamo più voltare lo sguardo dall’altra parte quando vediamo una violenza. Dobbiamo credere in noi stessi per cambiare questo mondo, unirsi ai lavoratori di altri paesi per abbattere il capitalismo, lo sfruttamento e il razzismo.

Uniti fino alla vittoria.
Lotta dura senza paura.

Un lavoratore