Riprendiamo, con questa stesura di appunti, la riflessione sul libro “Materialismo ed empiriocriticismo”, di cui abbiamo già pubblicato la prima, la seconda, la terza, la quarta, la quinta , la sesta, la settima, lottava, la nona, la decima, l’undicesima, la dodicesima, la tredicesima. la quattordicesima, la quindicesima, la sedicesima parte, la diciasettesima e la diciottesima parte.

In questa opera Lenin smaschera progressivamente il carattere idealista dell’empiriocriticismo, cioè del machismo (dal fondatore di questa dottrina, Ernst Mach).


La “teoria dei simboli” o dei geroglifici e la critica di Helmholtz

Per completare quanto detto sugli idealisti, quali commilitoni dell’empiriocriticismo, sarà opportuno rilevare il carattere della critica machista di alcune tesi filosofiche trattate nella nostra letteratura. Per esempio i machisti si sono gettati sui “geroglifici” di Plechanov, cioè secondo la teoria per la quale le sensazioni e le rappresentazioni dell’uomo non sono né copie delle cose e dei processi naturali, ne la loro immagine riflessa, bensì “segni convenzionali, simboli, geroglifici”.

Ma Engels non parla né di simboli né di geroglifici, ma di copie di fotografie, di immagini di riflessi delle cose.

Helmholtz, grandissima autorità nelle scienze naturali, fu come la stragrande maggioranza degli scienziati incoerente in filosofia. Nel suo trattato “Ottica Fisiologica” scrive: “Io ho designato le sensazioni come simboli dei rapporti del mondo esterno e negato qualsiasi loro analogia con le cose che designano”. Questa affermazione è agnoticismo puro. Più avanti nella stessa pagina afferma però che “…le nostre rappresentazioni sono azioni che gli oggetti che noi vediamo e ci rappresentiamo esercitano sul nostro sistema nervoso…”. Questo invece è materialismo, ma non avendo un’idea chiara la differenza tra verità assoluta e verità relativa, afferma più avanti che “Le rappresentazioni che ci formiamo delle cose non possono essere altro che simboli…quando noi abbiamo imparato a decifrare in modo corretto questi simboli siamo in grado di orientare le nostre azioni…”. Qui Helmholtz scivola nel soggettivismo, nella negazione della realtà obiettiva e della verità obiettiva. Continua poi affermando che “un’idea e l’oggetto da essa rappresentato sono due cose che appartengono evidentemente a due mondi del tutto diversi…”. Soltanto i kantiani separano in questo modo l’idea dalla realtà, la coscienza dalla natura. Helmholtz così si dimostra d’essere un kantiano incoerente. Secondo la teoria dei simboli di Helmholtz le sensazioni non sono immagini delle cose, ma solo simboli o segni che non hanno nessuna somiglianza con esse, quindi ogni postulato materialista è compromesso, perchè Helmholtz stende l’ombra del dubbio sull’esistenza della cosa in sé.

Albrecht Rau, seguace di Feuerbach, critica questa teoria di Helmholtz come un abbandono incoerente del realismo. Infatti questa implica la sfiducia nella sensibilità nelle indicazioni dei nostri organi dei sensi. Non si discute che l’immagine sia interamente uguale al modello, ma una cosa è l’immagine e altra cosa è il simbolo o segno convenzionale. L’immagine presupposne necessariamente la realtà obiettiva di ciò che essa riflette. Il geroglifico (o segno convenzionale) sono nozioni che comportano un elemento di agnosticismo.

Infine Kleinpeter, allievo di Mach, confuta le idee “invecchiate” di Helmholtz affermando che i corpi sono simboli per complessi di sensazioni, che non possiamo in alcun modo conoscere qualcosa di reale fuori di noi e che è impossibile raggiungere la verità obiettiva, cioè esistente indipendentemente da ogni soggetto. In generale Kleinpeter afferma che “non potremo mai avere un’idea di ciò che esiste in modo assolutamente indipendente da noi”. In definitiva respinge la filosofia di Helmholtz da un punto di vista idealistico! Si è confusa la questione contrapponendo alla teoria dei simboli o “materialismo dei geroglifici” l’assurdo idealistico, secondo il quale la rappresentazione dei sensi è la realtà esistente fuori di noi.

Giuseppe Anatrelli

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.