Pubblichiamo la prima parte di un articolo che approfondisce la storia e il ruolo del primo grande giornale politico dei marxisti russi, l’Iskra, fondata da Lenin e altri membri del partito socialdemocratico russo nel 1900. Qui la seconda parte.


All’alba dei trent’anni Lenin riuscì finalmente a concretizzare uno dei progetti più importanti della sua vita politica: fondare un giornale rivoluzionario che fosse in grado di gettare le basi per un’organizzazione centralizzata del marxismo russo, il quale fino a quel momento era disgregato in piccoli gruppi sparsi nel paese o costituiti da esiliati politici in Europa. Il primo numero dell’Iskra – la “Scintilla” – venne pubblicato alla fine del dicembre 1903 (precisamente il giorno 24). Il motto della testata era “Una scintilla può incendiare la prateria”, tratto da un vecchio scritto di Vladimir Odoyevsky nel quale si difendevano gli intellettuali anti-zaristi (i “poeti decabristi”) condannati all’esilio dallo Zar Nicola I. Nell’ottica di Lenin – un uomo pratico – il motto non era affatto una frase fatta, ma l’“espressione poetica” di un progetto politico che avrebbe influenzato enormemente l’organizzazione di una nuova generazione di quadri operai e intellettuali che sarebbero intervenuti come avanguardia dirigente del partito bolscevico negli anni seguenti. Quello che ci interessa in questo articolo è ripercorrere l’esperienza del giornale in questione a partire dalla sua origine fino al 1903 – anno in cui Lenin abbandona il “Comitato di Redazione” – e riflettere attorno al ruolo che la stampa d sinistra può giocare come organizzatore collettivo nella formazione di un partito operaio rivoluzionario.

Il “Comitato di Redazione” dell’Iskra era composto da sei membri: Plekanov, Axelrod e Vera Zasulic (i “Vecchi”), Lenin, Martov e Potresov (i “Giovani”). Tutti quanti venivano dal “Gruppo per l’emancipazione del lavoro”. Il voto di Plechanov – il quale dirigeva anche la rivista Zarià (“Aurora”) –  valeva doppio, ma era Lenin – che all’epoca si firmava ancora come Uljanov [1]  – che di fatto tirava le fila del giornale [2]. I vecchi erano considerati i più grandi teorici marxisti dell’epoca e questo valeva soprattutto per Plechanov, protagonista della battaglia contro il populismo russo per l’affermazione dell’egemonia ideologica e politica del punto di vista del proletariato. Nonostante Plechanov fosse di fatto il fondatore del marxismo russo e il maestro di Lenin, le differenze politiche tra i due diventeranno inconciliabili quando il primo si avvicinerà ai menscevichi, fino ad adottare posizioni social-patriottiche nel contesto della Prima Guerra Mondiale.

Il primo numero dell’Iskra fu stampato a Lipsia nella tipografia del socialdemocratico Hermann Rauch. Gli stretti controlli della censura zarista obbligarono a posticipare l’uscita del secondo numero fino a metà febbraio, spostando il luogo di produzione prima a Monaco, poi a Londra e infine a Ginevra[3]. Con il tempo, tuttavia, si riuscì a rendere l’Iskra un mensile dalla tiratura media di ottomila copie.

Quando Trotsky – conosciuto con lo pseudonimo “Penna” [in virtù delle sue capacità come scrittore, ndt] – riuscì a fuggire dalla Siberia, venne accolto su proposta di Lenin come settimo membro del comitato di redazione, diventando un suo alleato nello scontro con il resto del Comitato (Plechanov aveva votato contrario all’ingresso di Trotsky in redazione). I “Vecchi” erano all’epoca reduci da oltre vent’anni di esilio e avevano teso sempre più a considerare l’Iskra e la Zarià come imprese prettamente letterarie. Dal punto di vista di Lenin, al contrario, si trattava – per quanto riguarda l’Iskra – di uno strumento funzionale all’attività rivoluzionaria. Nello stesso solco, fu Lenin a spronare Rosa Luxemburg e Kautsky a inviare articoli al giornale per ravvivare il dibattito e lo spirito critico, elementi centrali nella sua concezione di  giornalismo politico (e questo in barba a tutte le litanie degli accademici borghesi che ci descrivono il grande rivoluzionario come un leader totalitario).

Una delle qualità più distintive di Lenin era la capacità di trarre sempre le dovute conseguenze in termini di indicazioni pratiche da una lettura attenta della situazione politica ed economica russa[4]: “senza teoria rivoluzionaria non c’è prassi rivoluzionaria”, amava ripetere.

In un’opera centrale del marxismo classico come il Che Fare? pubblicato nel 1902, Lenin non solo sintetizzò le lezioni apprese dall’esperienza dei primi due anni dell’Iskra, ma a partire da un’analisi dei conflitti e degli scioperi operai che si svilupparono nelle città russe dal 1890 in poi, chiarì la necessità di combatterne il carattere spontaneo che li caratterizzava. Dopo il 1895 in particolare esplose una delle ondate di lotte operaie più imponenti dell’epoca, in grado di coinvolgere attorno al mezzo milione di scioperanti (un milione e mezzo di lavoratori componevano allora la classe operaia russa, concentrati a inizio ‘900 nei principali centri industriali). Un importante numero di operai si stavano avvicinando alle idee del marxismo, però come rilevava Lenin, nonostante la fondazione nel 1898 del Partito Operaio Social-Democratico Russo (POSDR), le difficoltà della clandestinità, gli arresti di massa, le deportazioni e la repressione più generale dell’autocrazia zarista disarticolavano velocemente le cellule e le direzioni regionali che si formavano i seguito ai conflitti, indebolendo qualsiasi direzione centralizzata di un movimento rivoluzionario. Per questo motivo la produzione e l’edizione del giornale doveva avvenire in Europa, prima di poter essere diffuso in tutta la Russia.

 

Note

[1] È nel dicembre del 1901 che viene pubblicato sulla rivista Zarià il saggio La Questione Agrarie e i Critici di Marx dove per la prima volta Vladimir Ulyanov si firma come Lenin. Cfr. C. Coca García, Lenin y la Prensa, Editorial de la Universidad del País Vasco, 1988.

[2] Cfr. C. Coca García, op cit.

[3] Cfr. V. Lenin, Lenin y la vieja Iskra, LT. CEIP.  p. 241.

[4] La sua compagna Nadehzda Krupskaia lo ricorderà sempre impegnato a cercare le statistiche e i dati più importanti che avrebbe utilizzato nei suoi articoli per spiegare le condizioni di vita del popolo russo.

 

Claudia Ferri

Traduzione a cura di Django Renato da La Izquierda Diario

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