Pubblichiamo, riprendendolo dal Collettivo femminile Nadezhda, una testimonianza da Ludovica, donna napoletana, che racconta la sua esperienza personale con il centro antiviolenza a lei più vicino.
Nella periferia di Napoli,che ha uno dei più alti tassi di violenza domestica e femminicidi, l’assenza di servizi essenziali come i centri antiviolenza mostra quanto lo Stato sia veramente “alleato” delle donne, in particolare quelle dei ceti più bassi. È palese come l’assenza di personale qualificato e giustamente retribuito, frutto dei continui tagli al servizio pubblico (delegato molto spesso ad associazioni di volontariato) sia, per una donna vittima di violenza e di abusi, l’ennesimo ostacolo da superare per allontanarsi da situazioni che troppo spesso finiscono per alimentare il numero di femminicidi nel nostro pese.


Ci sono cose nella vita che si pensa non accadranno mai. Non a me, si dice, mi dispiace per gli altri ma a me non succederà mai. Io sono forte, io sono determinata, io sono capace e a me queste cose non capiteranno mai. Eppure non importa quanto tu sia forte, determinata o capace, non importa quanto sia indipendente e sicura, basta un giorno qualsiasi, in un posto qualsiasi, incontrare una persona qualsiasi; basta una frase, basta un gesto, basta perdonare una persona una volta per poi rendersi conto che non era una tantum, non era solo capitato, non era solo un periodo. La violenza sulle donne è un tema, purtroppo, molto ricorrente negli ultimi anni di cronaca. Poi, a volte, al danno si aggiunge anche la beffa.
Io vivo da sempre nella “ridente” cittadina di Pollena Trocchia, nella provincia di Napoli. Non mi sono mai dovuta chiedere se ci fosse un centro anti-violenza nelle vicinanze, finché un giorno – mio malgrado – ho avuto bisogno anch’io di aiuto, di assistenza, perché nonostante io fossi una di quelle che “no, a me non succederà mai” mi sbagliavo. Dopo due anni di abusi ho trovato la forza e il modo di uscire da una relazione pericolosa e disfunzionale, che ovviamente non ha tardato a lasciare dei segni del suo passaggio. La mia psiche era totalmente sopraffatta da quest’esperienza e ho pensato che la cosa giusta da fare fosse chiedere aiuto. Non mi soffermerò a sottolineare la gioia che ho provato quando, dopo un po’ di ricerche, ho scoperto che c’era effettivamente un centro anti-violenza a Pollena Trocchia, soprattutto perché è stata soppiantata dalla delusione di scoprire che il centro al momento non era attivo. Parlando con un operatore dalla grande disponibilità, sono stata reindirizzata al centro Artemisia, che coprirebbe le zone di Sant’Anastasia e Pomigliano D’Arco. Si è presentato un piccolo momento di sgomento quando mi è stato detto che il centro è attivo solamente il martedì e il giovedì, in orari diversi, ma necessitando a tutti i costi di assistenza ho deciso di trascurare i miei pensieri logici – che imponevano che un centro del genere debba essere aperto sempre, non solo due volte a settimana per qualche ora – e ho deciso un giovedì mattina di recarmi personalmente nella sede di Sant’Anastasia. È stato estremamente gratificante arrivare ai cancelli del centro e scoprire che, di fatto, non c’era un centro anti-violenza, che anzi c’era una sorta di centro di riabilitazione per bambini e anziani e, per giunta, era in piena ristrutturazione. Decisa ad andare a fondo nella questione, ho chiamato il numero verde e chiesto informazioni sulla struttura, per sentirmi dire che “purtroppo la sede di Sant’Anastasia al momento non è attiva, però se vuole ne abbiamo un’altra a Pomigliano D’Arco”. Ho lasciato il mio numero di telefono per essere ricontattata, dopo qualche giorno, da una delle psicologhe del centro e prendere appuntamento per la settimana dopo.
Nonostante l’iter un po’ burrascoso che ho dovuto affrontare per avere un appuntamento, ero tutto sommato contenta di essere riuscita ad ottenere qualcosa, al telefono mi dicevano che avrei potuto avere sia assistenza psicologica che legale, sembrava la luce alla fine del tunnel, finché ho ricevuto una chiamata la sera prima del mio appuntamento. La dottoressa, con cui avevo parlato una settimana prima, mi stava dicendo che era tremendamente mortificata, ma il mio appuntamento era stato annullato. La motivazione era che, proprio un giorno prima, avevano ricevuto una comunicazione dal Comune in cui c’era scritto che il centro poteva ricevere solo donne residenti a Pomigliano D’Arco. Dopo un inutile “ma perché non si rivolge al centro di Pollena Trocchia?” e le mie spiegazioni in merito, come ciliegina sulla torta la dottoressa mi diceva che, se volevo, lei poteva indirizzarmi verso dei suoi colleghi privati che sarebbero stati ben lieti di ascoltarmi e supportarmi, a pagamento.
Delusa per l’ennesima volta, spengo il telefono e mi rifugio nella contemplazione. Il completo disinteresse di queste strutture nei confronti della violenza che sta subendo o ha subito una donna, non è anche quella violenza? Venire a conoscenza di una donna in pericolo o che ha bisogno di sostegno e, semplicemente, non fare niente per aiutarla. Come può una donna essere salvata se sono proprio le strutture competenti a mancare totalmente dell’empatia necessaria per aiutare una persona? Come può una donna, che sta subendo abusi, trovare un modo per lasciare il proprio numero di telefono, essere ricontattata e prendere un appuntamento per una settimana dopo? E soprattutto, che succede se quella donna non è nella cerchia delle fortunate persone residenti in un comune in cui esiste un centro attivo?
Suppongo che le risposte alle mie domande siano rispettivamente non può, non può e muore. Perché di donne ne muoiono tutti i giorni, a pioggia, e ci piace dare la colpa alla vittima, perché magari se l’è cercata, perché chi gliel’ha fatto fare di rimanere accanto a quell’uomo, perché poteva andarsene, perché poteva denunciarlo, poteva fare tanto. La verità è che non poteva fare niente, solo aspettare alla finestra un supereroe che la venisse a salvare, che la portasse via da un uomo violento e una città che non le permetteva di ribellarsi. Sappiamo tutti poi come è andata a finire.
Ma state tranquille, donne, perché se siete residenti a Pomigliano D’Arco avete ancora la possibilità di essere salvate. Il martedì e il giovedì, in orari diversi.

Ludovica Mariano

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.