Enrico Verga, classe 1976, si laurea all’università del Sacro Cuore in scienze politiche, scrive per diversi quotidiani tra cui Libero, Il Sole 24 Ore, CapoHorn. Fonda e gestisce un quotidiano di nome International Dream Jobs per chi cerca lavoro qualificato all’estero, è un consulente strategico e istituzionale, che si occupa di accrescere il business di aziende italiane ed estere.

Il 26 gennaio 2018 scrive un articolo per Il Sole 24 Ore intitolato “Reintrodurre la schiavitù è o no un’opzione per la società moderna?”. Da eccellente uomo d’affari quale è il signor Verga, in questo articolo si chiede se non sarebbe meglio introdurre una sorta di contratto di schiavitù per la popolazione occupata con contratti di partita iva e i dipendenti al nero. L’articolo non è chiaro e inequivocabile, è evidentemente una provocazione ma è scritto come se realmente si stia proponendo una normativa del genere, proviamo comunque a ipotizzare che quello che si teorizza si provi a praticare. Nella società capitalista in cui viviamo l’economia si basa sul profitto dato dalla produzione e vendita di merci. Da quello che si evince nell’articolo di Verga i lavoratori regolarmente assunti con contratto da schiavo non avrebbero diritto di remunerazione (ma diritto ad essere mantenuti dal padrone con vitto, alloggio, cure mediche ecc…), ma questo porterebbe all’impossibilità del lavoratore di acquistare le merci prodotte da lui o da altri lavoratori portando alla prima grande contraddizione: lo schiavo non sarebbe in grado di comprare merci e di far arricchire il capitalista rendendo totalmente inutile un’eventuale risparmio sulla forza lavoro.

Allora ci sarebbe da chiedersi perché l’autore, visto che di lavoro si preoccupa di accrescere i profitti delle aziende, ipotizzi una simile soluzione. Nella sua proiezione sul futuro dell’epoca romana antica, che fa da sfondo a tutto l’articolo, il Verga forse dimentica che l’epoca storica in cui viviamo è ben diversa da quella ormai passata dello schiavismo? Per questioni di evoluzione dei modi di produzione, certo, ma non solo: lo sviluppo storico ha fatto sì che la classe operaia si sia emancipata e abbia cercato di abbattere ogni forma di schiavitù. Noi da marxisti riusciamo a vedere cosa ci tiene legati e obbligati al lavoro: senza di esso non potremmo permetterci di acquistare ciò che ci serve per vivere, le nostre catene le conosciamo bene, non è certo il signor Verga a farcele vedere, i lavoratori moderni non sono come gli schiavi che avevano il ruolo di servire il padrone e vivere di ciò che gli veniva concesso.

Sarebbe impensabile accettare un discorso simile passivamente per lavoratori coscienti della propria posizione e che lottano per migliorare le proprie condizioni di lavoro e di vita, inaccettabile pensare che nell’epoca moderna possa tornare ad esistere una società di schiavi che vendono la propria esistenza ad un padrone. E’ vero che i lavoratori vendono parte del proprio tempo di vita per assicurarsi un salario in condizioni pessime, spesso drammatiche, ma ipotizzare la schiavitù è nauseante. E’ terrificante che nel 2018 dopo la lotta e la morte di migliaia di uomini e donne per la conquista di diritti e libertà, venga concessa la pubblicazione di un articolo simile. Sul finale l’articolista ci tiene a precisare che la libertà è di pochi, non per tutti, noi ci teniamo a rispondere che mai accetteremo questa idea, che lotteremo e romperemo anche quei maledetti braccialetti elettronici perché la storia va avanti, non torna mai indietro.

 

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