È ormai da qualche settimana che le università francesi sono in subbuglio. A oggi, i campus in sciopero sono tra i quindici e i venti, sparpagliati un tutto il paese da nord a sud. La riforma dell’accesso all’università è stata la scintilla, il malcontento diffuso nei confronti del governo Macron-Philippe la benzina.

Il numero di fronti di battaglia aperti dal suddetto governo sono tanti: in meno di un anno di carica, le riforme anti-poveri come la Loi Travail XXL, la soppressione di quote padronali per la previdenza sociale, ora la riforma delle università e della SNCF, le ferrovie di Stato francesi, non hanno smesso di sconquassare il modello di welfare transalpino.

Gli studenti dal canto loro sono in stato di mobilitazione da qualche mese. Il braccio di ferro contro la legge ORE è cominciato con qualche manifestazione durante l’autunno 2017, per poi crescere progressivamente tra gennaio e marzo, ed esplodere nelle ultime due settimane, dopo lo sciopero generale del 22 marzo scorso indetto dalle principali sigle sindacali francesi del servizio pubblico (CGT, SUD, FO, CFDT), alle cui manifestazioni hanno partecipato circa mezzo milione di persone.

 

Carta delle lotte studentesche e dei fenomeni di repressione nel marzo 2018 in Francia.

 

Nelle università, si lavora per far convergere tutti i fronti di lotta; le dirigenze sindacali sono come al solito molto ambigue quanto all’organizzazione di una mobilitazione interprofessionale. Il 22 marzo è stata esemplare in questo senso: gli uffici di Belleville e Montreuil [quartieri di Parigi, ndr] hanno ricevuto un mandato imperativo di concentrare i cortei in quella data da parte delle loro basi sindacali, ma non c’è stata manifestazione unitaria, salvo per un piccolo tratto nella zona della Bastiglia a Parigi. Alla facoltà di Tolbiac, una succursale della Sorbona nel 13esimo arrondissement della capitale la cui assemblea locale ha votato il blocco e l’occupazione a oltranza, i ferrovieri sono stati invitati dagli studenti in lotta e si sono riuniti insieme per preparare il corteo del 3 aprile, che lungi dall’essere enorme è stato comunque importante nella costruzione di un legame politico tra questi settori tenuti volontariamente lontani. Negli articoli dei giornali padronali come negli occhi dei dirigenti universitari, si intravede lo spettro della mobilitazione di massa, dell’umiliazione di classe, come è successo nel 1986, nel 1995 nel 2006 e soprattutto nel 1968, la cui ricorrenza cinquantenaria dei prossimi mesi ispira e rende forti gli immaginari collettivi.

Se Tolbiac è il cuore della mobilitazione parigina in questo momento, altre università della capitale stanno gradualmente passando all’azione, senza scordarsi della facoltà di provincia, alcune delle quali sono a uno stadio estremamente avanzato da ormai due mesi. A Montpellier l’università è bloccata da più di un mese e le assemblee generali contano migliaia di persone, alla facoltà Jean-Jaurès di Tolosa lo sciopero illimitato del personale ha reso il blocco inutile di fatto, i consigli amministrativi sono stati sciolti dal governo, che ha nominato un rettore provvisorio. In tutto il paese, i gruppi che portano avanti l’agitazione sono tanti: dai sindacati studenteschi più o meno social-democratici, ai partiti di sinistra come la France Insoumise di Mélenchon e il Nouveau Parti Anticapitaliste, ai gruppetti autonomi organizzati localmente. I ferrovieri sono l’avanguardia del movimento francese, sono il settore più sindacalizzato, combattivo e determinante di tutti. Anche nel loro caso, le burocrazie sindacali hanno voluto tenere il piede in due staffe per compiacere il governo padronale e le basi militanti allo stesso tempo: un vano tentativo di mediazione in un contesto di attacco frontale da parte delle riforme portate dall’esecutivo; nei momenti di frizione bisogna schierarsi da una parte o dall’altra della barricata. I sindacati hanno fatto appello a 36 giorni di sciopero, il che rispetta gli standard di un settore così determinato, ma spalmandoli nell’arco di tre mesi, cioè disperdendo l’impatto reale che potrebbe avere la diserzione di massa. Nei giornali, questa opzione è definita “innovativa” e “umana” in termini di costi per le casse sindacali; tutto ciò la dice lunga su quanto lo spettro del ‘68 e dei suoi scioperi perpetuati per quasi un mese da 8 milioni di persone, sia presente nei prudenti calcoli di un presidente come Macron, che vuole accontentare i padroni subito, colpendo dappertutto a un ritmo estenuante.

 

“Tolbiac, università aperta” – AFP / CHRISTOPHE SIMON

 

Il governo e le centrali sindacali non sono gli unici nemici del movimento; a fine marzo lo sgombero di un anfiteatro occupato dell’università di Montpellier da parte di una milizia armata di spranghe e bastoni, a cui ha partecipato entusiasta un professore di diritto interno allo stabilimento, ha riportato l’attenzione sulla questione dei fascisti. I servizi d’ordine dei cortei sindacali si sono rinforzati, a Tolbiac i vigilantes interinali e solidali all’occupazione hanno mandato via più volte gruppetti di estrema destra venuti a strumentalizzare la loro contrarietà al blocco della didattica per le elezioni studentesche. Proprio a Tolbiac, la sera del 6 aprile, 20 persone in nero hanno attaccato il campus lasciando sassi e bottiglie di vetro, sono state respinte e arrestate poco dopo dalla polizia.

Questo è un primo bilancio a caldo degli ultimi tempi, per nulla esaustivo e soggetto a mille rotture quotidiane. In momenti più tranquilli ci potremo permettere di tirare le somme di una primavera sempre più infuocata, sempre più intrisa di lotta di classe.

Un occupante del centro Tolbiac di Paris-I

 

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.