Pubblichiamo una traduzione sintetica di diversi articoli pubblicati da Elizabeth McSheffrey sul National Oserver che l’autrice ha scritto recentemente col supporto di delegati di agenzie umanitarie nell’arco di diverse settimane durante la sua inchiesta in Guatemala sulle miniere canadesi. Per agevolare la lettura, alcuni paragrafi ripetitivi sono stati omessi.

Prefazione del traduttore

Il lavoro di Elizabeth Mcsheffrey che presentiamo è un articolo di cronaca relativamente imparziale, che vuole fare luce in modo critico su una realtà complessa e distante dal “primo mondo” come quella, appunto, della miniera di Escobal. In realtà, la giornalista fa, a mio avviso, un buon lavoro nel riportare le rivendicazioni dei nativi e delle comunità locali, rimanendo nell’ambito del giornalismo borghese relativo all’assenza di giudizi valoriali, in questo caso verso le aziende o la popolazione.

Il servizio è comunque senz’altro utile, come servizio di informazione, ad alimentare il dibattito rispetto alle aree del mondo dove problemi, come il “right to consent” e il diritto al riconoscimento come “popolazione indigena” da parte di alcune comunità sparse in tutto il centro-nord America, sono sconosciuti per larga parte.

Proprio in questi contesti si registra una lontananza percepita della politica marxista dalle condizioni materiali e culturali dei nativi: gli indigeni spesso vedono il marxismo come l’ennesimo tentativo di colonizzazione culturale occidentale a danno di una cultura già troppo spesso repressa e dimenticata. Proprio per superare questo gap tra militanti rivoluzionari e minoranze oppresse, l’informazione e la conoscenza del contesto che sta dietro la repressione sono un imperativo a scala locale come internazionale. Gli esiti positivi di questo approccio si sono visti in casi come quello del movimento Idle No More, in Canada, dove diverse organizzazioni marxiste sono state in grado di dare apporti fondamentali al dibattito interno e a spingere rivendicazioni anche sul piano economico-sociale, laddove spesso si preferiva discutere di materia civile o puramente “legalitaria” (molti movimenti locali indigeni si occupano, ad esempio, di casi di rapimento e violenza isolati a danno di donne e uomini delle riserve e dei paesini isolati di loro pertinenza). Ai marxisti spetta dunque il sostegno attivo a questi movimenti, riservandosi il diritto di critica politica, così come il lavoro di informazione dal punti di vista degli sfruttati, specie quando le lotte di queste minoranza vengono “colonizzate” dalle ONG, dalla sinistra democratico-radicale piccoloborghese o addirittura dalla chiesa cattolica: erodere la fede politica degli indigeni nei rispettivi governi nazionali e (in parte) nelle ONG, che fanno da freno all’evoluzione rivoluzionaria dei movimenti contro l’oppressione delle minoranze indigene.

Devono essere gli Xinka, come tutte le altre comunità native, a darsi un’indipendenza politica rispetto alle campagne e ai movimenti generalmente “democratici”. Ai marxisti il compito di insistere incessantemente per legare in un’unica lotta politica anticapitalista le rivendicazioni economiche dei lavoratori a quelle democratico-sociali, senza ignorare o voler mutilare queste ultime in nome di una “lotta rivoluzionaria pura” tra proletariato e boghesia.


 

Il traffico rallenta fino a fermarsi sulla polverosa autostrada che porta a Casillas, una piccola città nel dipartimento guatemalteco di Santa Rosa, situata a circa tre ore a sud est della capitale.

Anche durante una giornata lavorativa, non passerà nessun veicolo fino a quando il presidio pacifico non avrà determinato che non sta trasportando risorse alla vicina miniera d’argento di Escobal, della Tahoe Resources, una multinazionale canadese.

Si tratta di un blocco artigianale, coperto di striscioni attaccati a pali dell’elettricità pendenti, sui quali recitano scritte incitanti alla giustizia per le popolazioni indigene della zona. Il progetto mette a rischio la terra, l’acqua e l’agricoltura locale, come affermato dai membri del presidio, i quali pattugliano incessantemente la strada, dandosi il cambio a rotazione.

“Siamo disposti a dare la vita per la Madre Terra e i bambini del futuro,” ha affermato Bernabe Rivas Ceballos ai giornalisti presenti, assieme a sostenitori esterni, il 26 ottobre dell’anno scorso.

“Vogliamo che l’azienda si assuma la responsabilità del conflitto che ha portato alla nostra comunità di Santa Rosa. Non possiamo accettare questa invasione… siamo disposti a vincere o a morire.”

Sette degli otto municipi vicino alla miniera di Escobal hanno formalmente rigettato la sua presenza in sondaggi locali, e dal 2015, almeno cinque dei sindaci hanno rifiutato pagamenti da Miniera San Rafael, una sussidiaria di Tahoe, incaricata di occuparsi delle operazioni della miniera.

Il progetto è fermo dall’estate scorsa per la resistenza delle comunità indigene e, il mese scorso, la Corte Costituzionale del Guatemala ha prolungato la sospensione per mancanza di corretta informazione e prove di danneggiamento al territorio. Una decisione che ha fatto scendere in strada più di 2000 esponenti della comunità Xinka, sotto la rivendicazione della chiusura permanente della miniera.

La miniera di Escobal è la terza miniera d’argento per dimensione al mondo- insfruttata, al momento, nelle verdi colline del sudest Guatemalteco. Giace in mezzo ad ampi raccolti di caffè, fagioli e granoturco, mentre è oscurata da nord dalla catena montuosa di Soledad Grande, ricoperta da una ricca vegetazone di pini, abeti e cipressi.

Al cuore della disputa legale sui diritti di proprietà c’è la popolazione Xinka, una popolazione non discendente dei Maya la quale vede il proprio confine territoriale vicino al confine con El Salvador.

A luglio del 2017, la Corte ha sospeso la licenza sulla Miniera per Minera San Rafael, dopo che una ONG locale ha affermato che lo stato non avesse consultato in modo appropriato gli Xinka prima della concessione, avvenuta nell’aprile del 2013.

 

 

Il mese scorso, la Corte ha esteso lo stallo della produzione, con la richiesta di documentazione da parte di terzi sull’impatto ambientale e di un processo di consultazione con gli indigeni (in realtà già cominciato dal governo nazionale prima dell’aprile 2013). Sono stati richiesti, inoltre, ulteriori studi antropologici sulle comunità attorno alla miniera di Escobal.

“Siamo delusi dai rimandi continui e dalla quantità di tempo che la Corte Costituzionale ha impiegato nella richiesta di queste informazioni, ma abbiamo speranza che ciò significhi che la Corte stia effettuando un’indagine seria dei problemi del caso…”, ha affermato Ron Clayton, presidente della Tahoe, in un comunicato stampa datato 8 Marzo, in risposta alla risoluzione della Corte.

La Tahoe Resources ha rifiutato di rivelare al National Observer se avesse, essa o la sua sussidiaria, effettuato un’investigazione appropriata sulla comunità Xinka quando ha acquistato la miniera nel 2010 dal gruppo Goldcorp. Ma l’azienda ha posto l’accento sullo sviluppo di una cosiddetta “Indigenous People’s Policy” [“Politica sui popoli indigeni”], da varare entro l’anno, col fine di migliorare i rapporti con le comunità dei paesi in cui opera.

Se la sospensione delle attività produttive è un dato positivo, al tempo stesso la risoluzione della corte offende la comunità, stando a quanto afferma Kelvin Jiménez, magistrato del parlamento Xinka. “Nessuna corte ha il diritto di mettere in dubbio l’identità di un popolo”, ha affermato nel proprio comunicato in risposta alla decisione.

“Non è di competenza della Corte Costituzionale decidere se noi, la gente Xinka, esistiamo o no. Non è un fatto discutibile… Esistiamo e abbiamo diritto a previo, libero e informato consenso”, ha scritto Jiménez.

Più di 2000 Xinka sono scesi in piazza a Guatemala City, rivendicando la chiusura immediata e permanente della miniera di Escobal, rigettando la richiesta di approfondimento della Corte sull’effettiva allocazione di persone a San Rafael las Flores – la municipalità dove si trova la miniera.

Il Guatemala ha ratificato la convenzione sulle Popolazioni Indigene e Tribali dell’ILO (International Labour Organization), e ha sostenuto la Dichiarazione dei Diritti dei Popoli Indigeni dell’ONU, che difende i diritti culturali, di terra e di consultazione delle comunità indigene.

Un sondaggio indipendente effettuato dalla Chiesa Cattolica del luogo ha determinato che ci sono almento 6000 abitanti Xinka a San Rafael las Flores — l’unico municipio a sostenere la miniera sulla carta. Migliaia di altri Xinka vivono nei sette altri municipi che circondano Escobal, afferma Jiménez.

Stando, però a quanto dichiarato dagli impiegati della miniera — intervistati nell’Ottobre 2017 dal National Observer — la presenza di Xinka vicino alla miniera è un mito. Parlando a patto di restare anonimi, per paura di rappresaglie nella comunità, affermano che gli Xinka esistano solo in altre zone del sudest Guatemalteco.

“Penso che la gente sia facile da manipolare,” ha detto un operaio mediante un traduttore, che vive a San Rafael las Flores. “Come operai della miniera, noi conosciamo i fatti. Questa non è terra Xinka, è territorio normàl. I Xinka esistono, ma non qui.”

“Non ci sono Xinka a Casillas,” ha aggiunto un altro, parlando dagli uffici di Minera San Rafael, fuori dalla miniera. “Il prete si è inventato tutto. A Jumaytepeque, ce ne stanno alcuni.”

Il National Observer ha parlato con più di una dozzina di minatori della sussidiaria guatemaleca, che hanno descritto esperienze di discriminazione per il loro legame alla miniera. Hanno accusato la “resistenza” – inclusi coloro che fanno guardia alla barricata di Casillas – di bussare alle porte del vicinato per reclutare nuovi aderenti al movimento, di offrirgli soldi e cibo per partecipare alla causa, e di inventarsi episodi di violenza in modo tale da ottenere il sostegno della popolazione.

I ritardi hanno avuto riscolti pesanti per l’economia interna della Tahoe, che ha subito una perdita di 18 millioni di dollari nel quarto quadrimestre del 2017, perdita associata dall’azienda agli stalli nella miniera di Escobal. Questo ha portato al licenziamento di un quarto dei dipendenti di Minera San Rafael, e la Tahoe ha già confermato che ci saranno ulteriori licenziamenti nel mezzo del processo legale della Corte Costituzionale.

La controversia della miniera di Escobal è una delle tante che riguardano una moltitudine di aziende energetiche canadesi multinazionali. Nell’arco degli ultimi dieci anni, queste hanno dato vita a una ondata di pressione per mano di attivisti e movimenti locali, con conseguente intervento del governo federale.

A gennaio, il Ministro del Commercio Internazionale Francois-Philippe Champagne ha rivelato alcuni dettagli di un piano in via di sviluppo per la creazione un organismo di controllo, con mandato di investigazione diretta, su abusi in attività estere di aziende canadesi. La Tahoe è probabilmente sulla lista delle aziende che verranno scrutinate.

Lo staff, quindi, afferma di non aver assistito ad alcuna violazione di diritti umani presso la miniera di Escobal, e ha assicurato che si sarebbe rifiutato di lavorare in caso vi fosse stata.

Tuttavia, quando si parla della miniera, non è difficile incappare in narrative contrastanti.

 

Elizabeth McSheffrey, National Observer

Traduzione di Luca Gieri

La Voce delle Lotte ospita i contributi politici, le cronache, le corrispondenze di centinaia compagni e compagne dall'Italia e dall'estero, così come una selezione di materiali della Rete Internazionale di giornali online La Izquierda Diario, di cui facciamo parte.