Avevamo dato notizia lo scorso dicembre della fotografia diffusa in rete che mostrava una bandiera della Marina del II Reich tedesco (quello del cancelliere Bismarck e dell’imperatore Guglielmo II che si lanciò nella Prima Guerra Mondiale), spesso utilizzata come feticcio dei gruppi neonazisti di tutta Europa. Il “problemino” era che la bandiera si trovava in bella mostra nei locali della Baldissera, la caserma di Firenze dove è alloggiato il 6° Battaglione Toscana dei Carabinieri.

Ebbene, l’appello del militare responsabile dell’affissione della bandiera è stato accolto dal comando del Quinto Reggimento Carabinieri, che ha dunque revocato i tre giorni di consegna, cioè di arresti domiciliari in caserma: il giudice militare ha riconosciuto che il vessillo in sé non costituisce un ornamento fascista e ha preso per buona la dichiarazione del carabiniere, di cui non possiamo che dubitare molto fortemente, che nulla saprebbe dello sfoggio che viene abitualmente fatto di tale bandiera da parte di gruppi di estrema destra e fascisti in Italia come in tutta Europa.

Ora, aldilà dell’evidente velo pietoso steso dalle istituzioni militari italiane sopra la diffusione a macchia d’olio di militanti e simpatizzanti fascisti tra i loro ranghi, anche molto dopo il riciclo del fascismo organizzato per i vari progetti stay behind legati alla Guerra Fredda (cioè le strutture, dentro e fuori le forze armate, incaricate segretamente dagli Stati NATO di organizzare una guerriglia di resistenza in caso di invasione delle truppe dell’URSS), è evidente che, in quella che sarebbe la Repubblica Italiana, rappresentanti delle istituzioni civili e militari possono impunemente sfoggiare nei propri locali pubblici di riferimento il simbolo di un impero tardo-feudale senza che ciò urti le loro proprie “coscienze democratiche” (scuserete se ridiamo a scriverlo) o quelle della cosiddetta opinione pubblica.
Un caso che si va a sommare a tanti altri simili e che mostra il carattere ormai del tutto artificiale, formale, posticcio, marcio della democrazia borghese e della cultura “democratica” che ogg ad essa corrisponde: un liberalismo politico che non ha nessun problema a mostrare concretamente, quando non a dirlo esplicitamente, che i politici “democratici” e quelli fascisti sono in fondo due fazioni dello stesso schieramento, quello di banchieri e industriali, della borghesia. Non è un caso che esponenti intellettuali “di sinistra” si trovino ad esaltare il Buonuomo Lenin di Malaparte: tutto fa brodo per la borghesia italiana che politicamente un po’ d’impaccio, a due mesi dalle elezioni, ancora ce l’ha: ben venga, dunque, un’ancora più larga ondata di sdoganamento delle posizioni più reazionarie, anti-operaie, filofasciste.

 

Giacomo Turci

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.