Dopo 84 giorni dal voto la crisi politico-istituzionale continua. Giuseppe Conte ha rimesso il mandato.


Dopo aver incontrato al Quirinale il Presidente Mattarella. il premier incaricato ha comunicato di aver rinunciato a formare un governo.
Il motivo è la mancata approvazione da parte di Mattarella di Savona come Ministro dell’Economia, personaggio notoriamente su posizioni euroscettiche.

Mattarella ha dichiarato che “L’Incertezza della nostra posizione nell’Euro ha posto in allarme investitori italiani e stranieri che hanno investito in titoli e aziende. L’aumento dello spread aumenta debito e riduce la possibilità di spese in campo sociale. Questo brucia risorse e risparmi delle aziende e prefigura rischi per le famiglie e cittadini italiani”.
Parola che rimarcano la preoccupazione della grande borghesia italiana nel rischio di un governo a trazione populista euroscettico.

Salvini intanto si dice “arrabbiato” e alza la voce “Bisogna tornare al voto. L’Italia non è una colonia. Siamo un paese a sovranità limitata. Con me al Governo Savona sarà ministro dell’economia”.
Per Di Maio “se critichi l’Europa non puoi permetterti di fare neanche il ministro dell’economia. Si torni al voto”.
La leader di Fratelli d’Italia – Giorgia Meloni – con una roboante dichiarazione annuncia “chiederemo al parlamento la messa in stato d’Accusa del Presidente per alto tradimento”, perchè – a suo dire – “Mattarella è troppo influenzato dagli interessi delle nazioni straniere”.

Tutti e tre i partiti rimarcano, quindi, che l’Italia avrebbe così “ceduto” all’Unione Europea la sua sovranità.
In realtà, il nome di Savona – prim’ancora che negli ambienti dell’Unione Europea – è inviso alla stessa Confindustria italiana. Nei giorni scorsi, infatti, Boccia – Presidente dell’associazione degli industriali – aveva rimarcato che un eventuale Governo Lega-M5S “deve far sentire la sua voce a Bruxelles” e “difendere gli interessi nazionali”, ma ribadendo che l’Italia “deve sentirsi a pieno titolo parte del gruppo di testa di questa Europa, che va cambiata, sì, ma dal di dentro”.

La crisi istituzionale rischia, dunque, di trasformarsi in una crisi politica profonda. Nessuna delle vecchie forme di rappresentanza può governare con un consenso elettorale che garantisca una maggioranza parlamentare.
Se si tornasse a nuove elezioni, Lega e M5S rischierebbero di incrementare ulteriormente i propri voti producendo un’accelerazione ulteriore della trasformazione autoritaria delle forme di governo del Paese.

Mattarella ha annunciato che si riserva di decidere sul ritorno al voto e che annuncerà iniziative nelle prossime ore (pare che possa dare un nuovo incarico a Cottarelli, ex commissario alla spending review del governo Renzi).

La forzatura del Presidente della Repubblica, sommata ai risultati elettorali e alla possibile formazione di un governo tecnopopulista, rappresenta la tendenza bonapartismo in atto in Italia.

Se la classe operaia non tornerà protagonista dello scontro politico mettendo al centro la propria agenda di rivendicazioni, la prossima fase rischia di consegnare alla Storia un cambiamento reazionario di enorme portata.
La democrazia borghese esaurisce ogni sua parvenza di rappresentatività formale e si palesa ogni giorno di più come un involucro del tutto lontano dalle masse.


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Douglas Mortimer

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