Salvini, nuovo capo politico delle forze dell’ordine, ieri a Vicenza ha affermato che le Ong – che salvano vite in mare – sono alla stregua di trafficanti di esseri umani. Li ha chiamati “vicetrafficanti”.
Stamattina nel mar Egeo 9 migranti sono morti annegati e altri 6 sono rimasti feriti.

Con le sue parole, Salvini induce la Guardia costiera e le forze dell’ordine a crimini contro civili, da un lato con l’omissione di soccorso violando la legge sacra del mare (si salva chi sta in pericolo in acqua) e dall’altro con l’uso della forza verso chi, come le ONG, offre questo tipo di aiuto.

Salvini è un personaggio molto pericoloso, perché dà “carta bianca” agli istinti violenti delle forze dell’ordine. Un qualcosa di cui nei corpi armati sono bramosi, cioè: smetterla coi contorni di una violenza esercitata secondo criteri di legge (pur sempre ingiusti, in realtà) e risolvere i problemi andando oltre questi stessi limiti. In sostanza Salvini lascia la possibilità alle forze dell’ordine di commettere atti che formalmente vanno contro le stesse leggi del Codice Penale.

Non che non lo abbiano sempre fatto anche i governi di centro sinistra, sia chiaro. Ma è differente quando per esercitare certa violenza devi passare per una serie di formalità che possono portarti a processi, sospensione di stipendio, casi mediatici, etc, rispetto a quando il Governo ti autorizza esplicitamente ad agire arbitrariamente.
In questa sottile linea tra legale e illegale nell’uso della forza militare si formano i soprusi e gli atti di crimine contro l’umanità.

I vertici delle forze dell’ordine rispondono allo Stato. Difficilmente si lasciano prendere da questa o quella corrente politica. Tuttavia hanno una loro idea di come risolvere i problemi politici. Il loro ambito di vita é la forza, sono le armi. Le vedono tutti i giorni, si rendono conto, esercitandola, che grazie ad essa esiste tutto l’ordine costituito. Sanno che senza di loro questo potere non resterebbe in piedi un solo giorno. Quindi, anche loro sono tenuti dentro i meccanismi della politica, vengono accontentati, sono una casta privilegiata e coccolata, proprio perché lo Stato ha paura che un giorno possano decidere di passare col miglior offerente.

In questo ruolo di mezzo tra lo Stato e la Strada, le forze dell’ordine sentono come proprie le pulsioni securitarie, manettare e violente di Salvini. In genere queste forze non comprendono i meccanismi della democrazia borghese. Li considerano eccessivamente burocratici, ci sono troppi fronzoli, troppe chiacchiere, proprio perché per loro tutto si può sintetizzare nella forza e nel suo uso.

Per cui, uccidere Stefano Cucchi diventa un diritto o, nel migliore dei casi, un incidente di percorso di chi la mattina si alza e “difende lo Stato”. Il poliziotto, o il carabiniere, si sente addirittura non tutelato per questo. “Ma come – pensa – io rischio la vita, manganello la gente in piazza, sto sempre a contatto coi malavitosi, obbedisco agli ordini, poi voglio dare un calcio in bocca a un tossico di merda e lo Stato mi processa pure?” Semplice.

Nel film “Acab”, una scena descrive magistralmente questo sentimento. Un poliziotto sotto il parlamento sfoga le sue frustrazioni di uomo con problemi familiari accusando lo Stato di non tutelarlo. E chi arriva a “tutelare” questi “poveri” poliziotti che parano il culo ai politici? Matteo Salvini.

Salvini negli ultimi anni ha cercato forti legami con tutti i maggiori sindacati di polizia. Ha appoggiato i poliziotti che uccisero Aldrovandi, ha difeso i carabinieri che uccisero Stefano Cucchi. La sua è una strategia eversiva precisa: accreditarsi negli ambienti delle forze armate come un possibile riferimento.

Non vi è in questo momento un pericolo fascista nel paese. Vi è un rigurgito di questo tipo, ma non vi può essere un tentativo di golpe o di sovvertimento delle istituzioni democratico-borghesi. Semplicemente perché il fascismo non combatte le forme di governo della borghesia, anche se le considera un ostacolo, come nel caso delle democrazie rappresentative. Il fascismo combatte le istanze delle classi popolari: sindacati, partiti, associazioni. Tutte le forme che implicitamente sono espressione di una società socialista gravida in quella capitalista. In ultima istanza il fascismo combatte non la democrazia dei padroni – di cui si propone di fare da guardia – ma quella operaia.

Per questo, i Salvini costruiscono per tutto un periodo il loro campo egemonico. Provano a costruirsi volumi di forza reazionari per poi poter dire ai padroni “ve lo avevamo detto che contro questi operai e questi comunisti bisognava usare le maniere forti. Ora fateci provare.”

Il legame che ha costruito con le forze dell’ordine, diventando addirittura il Ministro degli Interni, rappresenta questa sua opera di conquista verso questi settori. In questo vi è la pericolosità.

Da un lato la possibilità delle forze dell’ordine di essere ancora più impunite rispetto ai crimini che commettono (per crimini non intendo la semplice violazione di una norma del codice penale, ma di atti ingiusti e di sopruso commessi contro soggetti non armati o meno forti) e dall’altro una eventuale opzione da proporre alle stesse forze dell’ordine nel caso di una crisi politica a cui poter rispondere con un colpo di Stato.

Carta bianca, dunque. La polizia l’ha sempre in linea di massima, ma l’ultima volta che un Ministro degli Interni, Scajola, ha esplicitamente detto ciò ai vertici delle forze dell’ordine è stato durante il G8 a Genova nel 2001. Per questo alcuni carabinieri disobbediscono agli ordini della centrale operativa, si dirigono verso via Tolemaide, fermano il defender, estraggono una pistola e sparano in pieno volto un ragazzo, Carlo Giuliani, che muore a 21 anni perché nelle stanze di palazzo avevano deciso che doveva “scapparci il morto”.

Salvini sta facendo esattamente la stessa cosa con toni ancora più espliciti. Le conseguenze potrebbero essere infauste.

Una prospettiva a cui le forze operaie e di classe del Paese devono provare a porre un argine attraverso una grande mobilitazione unitaria contro questo governo, che è il più reazionario che la Storia della Repubblica italiana ricordi.

 

Douglas Mortimer

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.