A proposito del dibattito sempre attuale sulle apparenti similitudini e (necessarie) divergenze tra messaggio evangelico e comunismo marxista, per chi se lo fosse perso qualche anno fa è uscita su La Stampa un’intervista all’attuale Papa in occasione dell’uscita del suo libro Questa economia uccide. 

Qualcuno penserà che ci sono cose più cogenti di cui parlare. Tuttavia, considerando che soprattutto in Italia la Chiesa occupa ancora un posto importante in termini di influenza ideologica e culturale, sapere cosa pensa il monarca di questa istituzione millenaria può essere utile per smascherarne le retoriche, i “prestiti senza permesso” e, sopratutto in virtù del recente abbaglio papalino di certa sinistra riformista, marcare le differenze tra sentimentalismo pauperistico del cattolicesimo e marxismo rivoluzionario, al fine di denunciare i rischi del primo e soprattutto la miseria ideologica di quella sinistra riformista che vi si affida. Aggiungerei, non senza una certa coerenza, dal momento che quel sentimentalismo appare in un certo senso molto simile a quello della sinistra riformista, “pacifista” e “filocostituzionale”, basta leggere le seguenti parole per capire perché e giungere alla conclusione che, per quanto lontano dal marxismo, una certa lettura del messaggio cristiano è invece forse compatibile con un certo riformismo che però, in quanto tale, sappiamo essere fallito giù da tempo.

L’intervista integrale è disponibile al link in basso*, ma per brevità commento solo i passaggi che ritengo più significativi.

“[…] Quello del Vangelo è un messaggio rivolto a tutti, il Vangelo non condanna i ricchi ma l’idolatria della ricchezza, quell’idolatria che rende insensibili al grido del povero. Gesù ha detto che prima di offrire il nostro dono davanti all’altare dobbiamo riconciliarci con il nostro fratello per essere in pace con lui. Credo che possiamo, per analogia, estendere questa richiesta anche all’essere in pace con questi fratelli poveri […]” 

Qual è l’immagine dell’uomo virtuoso che emerge da queste righe? I ricchi e i poveri sono sì figli dello stesso Dio, ma devono rimanere due classi distinte, con l’unico correttivo che il ricco deve essere in pace con i suoi fratelli poveri e quindi, facciamo uno sforzo interpretativo, affidarsi ad associazioni caritatevoli per promuovere aiuti in Paesi in via di sviluppo oppure, di tanto in tanto, offrire una cena a un mendicante. In ogni caso evitare di maltrattarli e nascondere il disprezzo che quasi inevitabilmente nutrirà nei loro confronti. Una curiosa coincidenza il fatto che quest’immagine assomigli molto a quella promossa dall’Effective Altruism di cui avevo scritto qualche mese fa.

“Come si può vedere, questa attenzione per i poveri è nel Vangelo, ed è nella tradizione della Chiesa, non è un’invenzione del comunismo e non bisogna ideologizzarla, come alcune volte è accaduto nel corso della storia. La Chiesa quando invita a vincere quella che ho chiamato la “globalizzazione dell’indifferenza” è lontana da qualunque interesse politico e da qualunque ideologia: mossa unicamente dalle parole di Gesù vuole offrire il suo contributo alla costruzione di un mondo dove ci si custodisca l’un l’altro e ci si prenda cura l’uno dell’altro». 

E’ probabilmente vero che Gesù, o il Gesù che ci è giunto dopo le mille sistemazioni dei testi sacri, sembra essere uno dei primi (non il primo, pensiamo ai fratelli Gracchi, o a Spartaco) a mostrare una certa sensibilità verso i poveri e le ingiustizie sociali ma, come già scritto sopra, egli non ha mai parlato di rivoluzione sociale, non ha mai proposto di abolire i ricchi né tanto meno ha mai spiegato come farlo, come eliminare le ingiustizie alla radice e qual è la loro vera, materiale, storica ragione. Agostino, uno dei padri della Chiesa, è illuminante in questo senso: egli argomentava che un cristiano in Terra deve sopportare qualsiasi governo e obbedire persino alla leggi dei governi “ingiusti”, perché non è la vita terrestre quella che alla fine della storia realmente conta, ma quella celeste (l’agostinismo politico è in realtà più complessa, ma per motivi di esposizione il nocciolo può essere esemplificato come scritto). Questa contrapposizione tra anima e corpo, vita terrestre e vita celeste è impensabile e dannosa dal punto di vista del marxismo. E non è una differenza meramente teoretica, ma intimamente legata alla prassi.

L’estratto contiene inoltre un’altra tipica narrazione tossica, questa volta non specificatamente di matrice cristiana o cattolica, ma più in generale da ideologia dominante: esistono cose, pratiche, idee etc…che sono di per sé neutrali e che qualcuno o qualcosa vuole polemicamente “ideologizzare” o strumentalizzare.

A tal proposito, il tentativo della Chiesa di aiutare i poveri viene definito come lontano da qualunque interesse politico e da qualunque ideologia, ma ciò è per definizione falso. Dal momento che offre un suo modello di virtù la Chiesa si colloca. Dal momento che la Chiesa è uno Stato e una istituzione religiosa con sedi in tutto il mondo, gerarchie, norme, fedeli, testi di riferimento e una storia di riferimento non può non avere interessi.

Infine, quando il Papa afferma “l’attenzione ai poveri non è un’invenzione del comunismo” non si capisce bene di cosa stia parlando dal momento che, in termini strettamente ortodossi, dire che l’attenzione ai poveri è un principio cardine del comunismo è piuttosto errato. L’attenzione ai poveri è semmai (quando se ne ricordano) una bandiera delle elite “progressiste” della sinistra riformista che non parlano più di classi sociali, ma appunto di “attenzioni ai poveri”. Un principio cardine del comunismo invece è l’organizzazione della classe degli sfruttati contro gli sfruttatori per l’abolizione di tutte le classi, non certo la mera consolazione delle sofferenze di chi soffre.

*Intervista integrale:

http://www.lastampa.it/2015/01/11/italia/avere-cura-di-chi-povero-non-comunismo-vangelo-lasvmlIioCWdmI0mYz192J/pagina.html

Redattore della Voce delle Lotte, nato a Napoli nel 1996. Laureato in Infermieristica presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora come infermiere.