Uno dei tratti più distintivi delle tattiche comunicative anticapitalistiche degli ultimi 30 anni è stata una tendenza generale a ipotizzare e dar vita a sottoculture, con strategie tutte loro, con l’intento di andare ad analizzare e criticare ogni aspetto della realtà contemporanea, capaci di operare non solo su un piano politico tradizionale, ma anche di sfruttare le nuove scoperte informatiche e i nuovi contesti sociali e comunicativi sorti a metà degli anni ’90. Dalla cultura hacker, all’anti-consumismo delle mense sociali (riprese dai movimenti antagonisti degli anni ’70) e del “subvertising”, una tendenza fondata sulla parodia delle campagne pubblicitarie e la riconversione di esse, fino ad arrivare alla programmazione e allo sviluppo di videogiochi: movimenti sociali e collettivi di tutto il mondo si sono lanciati spesso in un’ardita sperimentazione di metodi creativi per andare a rompere l’immaginario “pre-impostato” della società del XXI secolo e del suo sistema economico. Uno di questi è una realtà tutta italiana. Un piccolo team di sviluppatori, provenienti da vari ambienti della sinistra di lotta, trovatisi a Milano nel 2003, e diventati famosi per aver attirato le ire della Camera nel 2007 con il celebre progetto flash “Operation: Pedopriest”. Si tratta di Molleindustria.

Molleindustria è, come già detto, un collettivo indipendente di sviluppatori, capitanati dal professor Paolo Pedercini, oggi insegnante alla Carnegie Mellon di Pittsburgh, che dal 2003 (quando pubblicò il suo Manifesto fondativo) si occupa di creare semplici giochi in flash (accessibili quindi da un semplice browser) o scaricabili gratuitamente su qualsiasi OS (cioè i Sistemi Operativi Mac OSX, Windows, Linux, etc.), con l’intento di spiegare, smascherare, deridere e distruggere (o a volte tutto ciò contemporaneamente) le dinamiche fondamentali della società capitalistica contemporanea. Irriverenti e politicamente scorretti, i giochi di Molleindustria vanno a toccare tutti gli aspetti che contraddistinguono il reale odierno come uno di sfruttamento, oppressione e discriminazione, contro il quale gli anticapitalisti ogni giorno si battono: vita ordinaria dei lavoratori, teoria queer, spionaggio e controspionaggio nella società civile, religione, copyright, industria del petrolio e alienazione capitalistica. Ce n’è davvero per tutti i gusti.

Il primo gioco prodotto da Molleindustria fu “Tamatipico”, un semplice gioco in flash, parodia del famoso gioco elettronico portatile “Tamagotchi”, esploso nei primi anni 2000 in quasi ogni casa dell’occidente. In Tamagotchi, l’obbiettivo del giocatore era quello di occuparsi degli aspetti basilari della vita di un animaletto proiettato su un semplice display a cristalli liquidi. Bisognava nutrire, far giocare e ripulire la bestiola, e il non fare questo avrebbe causato la sua morte. In Tamatipico, il protagonista è un semplice operaio metalmeccanico, con tre funzioni di base: lavorare, guardare la televisione o dormire. Le statistiche di cui il giocatore si deve occupare sono energia e felicità del lavoratore, con però sempre un reminder da parte dell’interfaccia di “mantenere alto il livello di produttività”, segnato nel menù “statistiche”. Permettere l’azzeramento della barra energia comporta la sconfitta, con la morte dell’operaio portatile per “incidente sul lavoro”, e l’azzeramento di quella della felicità comporta uno sciopero, in cui il lavoratore si rifiuterà di produrre merci e si metterà tranquillamente sul divano a riposare o a dormire per riprendere una porzione della barra, subito dopo un’animazione semplice del nostro protagonista armato di cartello e megafono alla lotta nel suo posto di lavoro. Si tratta di un gioco semplice, datato 2003, ma già da questo compatto “proof of concept”, Molleindustria si schierò chiaramente in una certa posizione di conflittualità, lontana dalle logiche riformistiche della sinistra contemporanea, e contrapposta alla logica del “lavoro come portatore di dignità e valore sociale” proposto dalle (non tanto) nuove leve dei sindacati confederali.

Negli anni, i giochi diventeranno più complessi, sia in termini di struttura che in termini di contenuti: “Kosmosis”, definito come un “arcade game da un universo alternativo socialista”, “Run Jesus Run”, uno scroller 2d (à la “Super Mario Bros.) incentrato sulla vita di Cristo, fino al controverso “Operation Pedopriest”, dove il giocatore deve coprire e assecondare atti di violenza sessuale pedofila commessi dal suo personaggio (un prete, appunto). Questo gioco portò la Cameradei Deputati a sanzionare Molleindustria, insieme ad altre sigle parodistiche, nel 2007, con l’ordinanza “Contromisure alle offese di tipo religioso”, promossa in primo luogo dal capogruppo dell’UDC Luca Volontè. Il sito venne chiuso ma, dopo una lunga campagna mediatica e l’intervento del Tribunale di Pisa, venne riaperto nel 2011.

Una presentazione video dei giochi Molleindustria.

 

È però con un gioco del 2013 di nome “Ergon Logos” che, a mio parere, si tocca il vertice di creatività e sperimentazione videoludica più interessante raggiunto da Molleindustria.

Ergon Logos si presenta con una schermata in bianco e nero, una musica fatta di percussioni angoscianti e rassimilanti il suono di ingranaggi industriali e una costante linea di testo in evoluzione, in scorrimento verso la sinistra dello schermo. Il giocatore ha a sua disposizione soltanto la barra spaziatrice per immettere input, e premerla fa spostare, quando si arriva a una biforcazione del discorso/avventura, un vortice che collega la nuova frase eletta dall’utente con il testo precedentemente scelto. Un concetto bizzarro ma estremamente dettagliato, incentrato sulla storia di un normale videogiocatore, trovatosi a dover fare i conti con la natura ripetitiva, alienante ed estremamente simile alle dinamiche di controllo capitalistiche tipiche del videogioco comunemente inteso: “salta su una piattaforma”, “trova un tesoro” “il tesoro mi rende migliore. Brilla, è una bella sensazione” “posso usare quello che ho trovato per combattere l’alieno/immigrato/straniero/criminale che mi si contrappone senza alcuna possibilità di elaborazione critica”, eccetera. Ad un certo punto il gioco comincia ad assumere tinte ancora più scure, con un crollo emotivo del protagonista nei suoi momenti di realizzazione di ciò che sta effettivamente accadendo. Non starò a spiegare ulteriormente le dinamiche di questo progetto, perché sarebbe meglio giocarlo in prima persona per comprendere davvero la portata e il dettaglio applicati; ma con Ergon Logos Molleindustria dimostra di non voler semplicemente creare prodotti di critica e affronto a realtà “esterne” come l’industria metalmeccanica, la questione del petrolio o altri mercati e monopoli: Ergon Logos è una riflessione approfondita sulla semantica dell’industria videoludica, la realtà stessa nella quale Molleindustria opera e vive. Con questo gioco si può realmente parlare di un distacco dal mondo degli sviluppatori indipendenti “tradizionali”, che oggi stanno diventando monopolizzati dalle grandi firm come Valve, Microsoft, Nintendo e Sony, e che non si fanno scrupoli a “vendere” temi importanti come la lotta per i diritti delle donne, degli omosessuali e dei neri, l’antifascismo o si fanno portatori di critiche sterili ad un generico “consumismo di massa”, non meglio identificato. Molleindustria resta indipendente, non solo dalle dinamiche dei “grandi mercati”: bensì proprio dalle dinamiche stesse del mercato, continuando a produrre giochi gratuiti e dai contenuti non semplicemente liberal progressisti, facilmente mercificabili e rivendibili al pubblico dei nuovi millenials “mentalmente aperti”, ma esplicitamente sovversivi e anticapitalisti.

Questa loro posizione li ha portati, nel 2009, a creare il gioco “Phone Story”, un gioco di ruolo per Apple e Android sulla storia produttiva di un normale smartphone. Dopo un iniziale periodo in cui il gioco costava 99 centesimi, gli sviluppatori lo hanno reso gratuito come il resto del loro “catalogo” e hanno donato tutti i proventi ad organizzazioni legate alla lotta contro lo sfruttamento dei minatori di cobalto, coltan e altri minerali in Africa Centrale. Phone Story attacca esplicitamente lo sfruttamento perpetrato dalle grandi aziende come Samsung e Apple nella produzione dei loro telefoni; questa cosa ha portato il gioco ad essere bandito dall’App Store appena un mese dopo la release ufficiale.

Oggi, Molleindustria continua a spingere i limiti della controcomunicazione e delle logiche di opposizione culturale attraverso lo strumento dei videogiochi. Con tutte le possibili critiche che si possono fare, sul piano di quale sia la strategia migliore per portare avanti la lotta contro il capitalismo nel ventunesimo secolo, ritengo assolutamente positivo l’apporto portato dal team nell’esposizione dei caratteri distintivi del capitalismo. L’ultimo gioco, infatti, di cui parlerò in questo articolo è “To Build a Better Mousetrap”, in cui il giocatore, un gatto, deve mettere in piedi un’autentica catena di montaggio per costruire un qualcosa di non bene identificato. Un gestionale “semi-astratto”, come descritto dal sito, diviso su tre corsie: una dove gli impiegati si occupano di progettazione, una dove si occupano di montaggio e l’ultima dove si occupano di distribuzione. Il compito del giocatore è quello di saper gestire la catena di montaggio e soprattutto migliorarla senza far fallire la sua azienda, assumendo e collocando nuovi impiegati. L’unico particolare: gli impiegati sono tutti i topi. Non è il prodotto a essere la “trappola per topi” del titolo, ma la fabbrica stessa è la trappola per topi. Non è il prodotto il problema: è tutto l’impianto di produzione. E questa è la rappresentazione migliore mai effettuata nel mondo dei videogiochi di una critica marxiana al capitalismo, in tutta la sua semplicità e in tutta la brutalità del suo messaggio e della sua implementazione.

LaMolleIndustria è un esperimento riuscito. Nella comunità dei videogiochi è una realtà abbastanza conosciuta, a livello di underground, ed è una realtà fondamentale nell’uso di nuove forme di creazione artistica, di critica e di comunicazione anticapitalistica. Come marxisti non possiamo permetterci di autoescluderci e rimanere fuori dal mondo quando si tratta di saper esporre le nostre idee al pubblico. Molleindustria riesce a coniugare la semplicità della trasmissione videoludica con una profondità concettuale non indifferente, e a elaborare in modo efficace seppur breve, attraverso brillanti strumenti informatici, concetti che ad alcuni autori hanno richiesto la stesura di libri lunghissimi. Non sarà certo profondo come un testo di Marx, Lenin, Benjamin, Kropotkin, Focault o tanti altri filosofi politici, ma ogni gioco prodotto dal collettivo porta con se una serie di messaggi e spiegazioni che riescono ad esporre efficacemente macro e micro concetti che ad oggi costituiscono il corpus della nostra critica al mondo. Per questo è così importante sostenere il loro lavoro e quello di altri team in giro per il globo che usano i loro strumenti, magari comunemente usati per avanzare logiche di profitto e simboli della dominazione imperialistica e capitalistica, per diffondere il messaggio di un reale diverso, uno dove l’economia, le relazioni umane, la cultura, la musica e anche il gioco non sono dettate dal profitto, ma dall’apprezzamento, dal divertimento e dalla volontà democratici, liberi e condivisi di ogni uomo e donna.

E poi, che male c’è a divertirsi, ogni tanto?

Luca Gieri

 

Nato a Toronto nel 1998, studente di scienze politiche all'Università di Bologna presso il campus di Forlì, militante della FIR e redattore della Voce delle Lotte. Cresciuto a Bologna, ha partecipato ai movimenti degli studenti e di lotta per la casa della città.