Per la gioia di tutti i cinefili riuniti nel capoluogo emiliano, il pluripremiato regista Martin Scorsese, è salito lo scorso 21 giugno sul palco adibito in Piazza Maggiore, per presentare il suo capolavoro del 1980, “Toro scatenato”; film biografico sul pugile italo-americano, Jake LaMotta.
“Non sono per niente un tipo sportivo. Da bambino soffrivo d’asma, quindi non praticavo nessun tipo di sport”. Queste le dichiarazioni di Scorsese a testimonianza del suo punto di vista “dall’esterno” sulla vita di LaMotta. 

Accolto da mille e mille applausi, il regista italo-americano ha da subito sottolineato l’importanza di Robert De Niro nella realizzazione della pellicola, non solo in quanto interprete, ma anche, se non soprattutto, come colui che ha ritenuto la vita di LaMotta un soggetto cinematografico degno di esser mostrato al grande pubblico. Improvvisamente, il pubblico assiste ad una vera lezione di cinema, nella quale Scorsese sottolinea le difficoltà di far cinema al tempo del formato analogico.
“Toro scatenato è stato un atto di totale fiducia tra tutti noi collaboratori” ha affermato Scorsese per ribadire la sua concezione della produzione di un film sempre e solo come un lavoro di gruppo, senza rivendicazioni per sé di meriti esclusivamente individuali: parole di commozione e rispetto sono andate a tutti suoi collaboratori, mai a sé stesso.
“Le scene di combattimento, nel film, durano circa 9 minuti. In fase di ripresa, ci abbiamo impiegato dalle 11 alle 12 settimane. Non potevamo nemmeno vedere il girato, non essendoci il digitale, quindi era tutto nelle mani di operatori e del direttore della fotografia. La durata delle riprese è stata anche dilatata dai cambiamenti fisici che LaMotta ( e quindi De Niro ) subisce nel corso della propria vita. Inizialmente fu proposto a Bob di usare una protesi per ‘ingrassarlo’, ma lui rifiutò. Decise di ingrassare 30 Kg per essere il personaggio. Quindi le riprese furono sospese per almeno 6 settimane”.
Infine, in completo stato di commozione, Scorsese rende un ultimo omaggio a Jimmy Nickerson, lo stuntman di De Niro, deceduto appena un mese e mezzo prima della proiezione bolognese.

 

La storia: il toro del Bronx

Jake LaMotta è un pugile peso medio, di origine italiane cresciuto nel Bronx, quartiere popolare e malfamato di New York. Noto per la furia e per i potenti colpi durante i combattimenti, ben presto il giovane pugile scoprirà che, per raggiungere il titolo mondiale, l’unica cosa che conta è avere “gli agganci giusti”. Il suo manager, il fratello Joey (Joe Pesc), ha il ruolo di mediatore e spalla del fratello. La violenza, che sembra caratterizzare la danzante regia di Scorsese, è il leitmotiv del film. Jake è figlio di immigrati italiani, vittime della povertà. Gli ambienti delle prime comunità italo-americane erano caratterizzare da un violento crescendo di violenze, dalle lotte di quartiere alla supremazia delle famiglie mafiose.
Il film mostra due aspetti della vita di La Motta: la vita del campione sul ring e la vita dell’uomo nel privato. Sul ring la violenza è richiesta ed incitata. La Boxe è uno sport basato proprio su di essa, sulla lotta fisica. Il matrimonio e i rapporti di Jake, se pur iniziati con i migliori sentimenti, finiscono sempre con il picchiare la propria moglie Vicky (Cathy Moriarty) e sbattere al suolo il proprio fratello. Il privato non richiederebbe tanta efferatezza, tuttavia LaMotta è vittima e carnefice del suo stesso ambiente e della sua stessa epoca storica, quell’America che esce vittoriosa ma socialmente malridotta dalla Grande Depressione e dalla guerra mondiale.

 

Il cinema ritrovato, il restauro e la memoria storica cinematografica

Martin Scorsese non è solo uno dei massimi esponenti della “Nuova Hollywood”, corrente che nacque una volta terminate le sperimentazioni sessantottine, ma è anche, se non principalmente, un cinefilo. La sua relazione con la città di Bologna è storica, dalla laurea ad honorem ricevuta dall’Università di Bologna fino all’ingente contribuito da lui offerto per la salvaguardia e il restauro delle pellicole ad opera della Cineteca.
Scorsese è impegnato in prima persona in questa causa, tanto da aver fondato la “World Cinema Foundation”. Qui le sue dichiarazioni, rilasciate durante il festival di Cannes nel 2007:

La World Cinema Foundation è una naturale estensione del mio amore per il Cinema. Diciassette anni fa, insieme ai miei colleghi registi abbiamo creato la Film Foundation per contribuire alla salvaguardia del cinema americano. Da allora abbiamo raggiunto importanti traguardi e molto resta ancora da fare, ma la Film Foundation ha gettato delle basi sulle quali si può continuare a costruire. Credo infatti che oggi esista finalmente una coscienza del restauro cinematografico.

La World Cinema Foundation è stata creata per aiutare i Paesi in via di sviluppo a salvaguardare il proprio patrimonio cinematografico. Con il nostro contributo vorremmo rafforzare e sostenere il lavoro svolto dagli archivi di tutto il mondo, in particolare quelli che non dispongono delle strutture o delle competenze tecniche necessarie per operare in maniera indipendente.

È per me un grande onore essere accompagnato in questa missione da cineasti come Fatih Akin, Soulemane Cissé, Guillermo Del Toro, Stephen Frears, Alejandro Gonzales Iñarritu, Abbas Kiarostami, Ermanno Olmi, Cristi Puiu, Walter Salles, Abderrahmane Sissako, Elia Suleiman, Bertrand Tavernier, Wim Wenders, Wong Kar-Wai, Tian Zhuangzhuang e tutti gli altri che condividono con noi questo stesso obiettivo”.

La storia del cinema, e non il solo “fare cinema”, diventa così fondamentale nel discorso di Scorsese. Per anni svariati registi hanno citato lavori precedenti nei propri film, a volte, come nel caso di Scorsese, fino ad assorbirne l’intero senso estetico. In questo senso, la grande influenza di Scorsese per il cinema italiano del secondo Dopoguerra è innegabile. Toro scatenato è, forse, il film che maggiormente mostra questo legame di Scorsese con il Neorealismo. Il chiaro\scuro totalmente cupo, il linguaggio del corpo violento e a tratti disperato, la povertà degli ambienti e il costante senso di disperazione che vivono i personaggi.
In conclusione, la lezione di cinema di Martin Scorsese (ri)propone il cinema come arte e cultura, con una storia e uno sviluppo, con la necessità della cura del suo patrimonio passato, della necessità di studiarlo per imparare da esso, anche per chi sogna di fare un nuovo cinema.

Sabrina Monno

 

Nata a Bari nel febbraio del 1996, laureata presso la facoltà DAMS di Bologna e studentessa presso Accademia Nazionale del Cinema, corso regia-sceneggiatura. Lavora prevalentemente in teatro, curando reading di lettura e sceneggiature.