Pubblichiamo una recensione del libro di Lara Douds “Inside Lenin’s Government”, Bloomsbury Academic, 2018. Attraverso la recensione, l’autore descrive il processo di estinzione della democrazia durante la guerra civile russa, e mostra come la burocrazia, nonostante gli sforzi di Lenin, abbia assunto il controllo, permettendo il predominio di Stalin. Le conclusioni di Lara Douds abbattono allo stesso tempo le tesi ideologiche del “totalitarismo” della rivoluzione bolscevica, ma anche la revisione stalinista dei primi passi dell’Unione Sovietica.

Qui la seconda parte.


Tra i libri di storia dell’Unione Sovietica pubblicati negli ultimi trent’anni, sono molto pochi quelli che hanno trattato il tema del titolo dal punto di vista dei primi governi sovietici. Anche quando effettivamente l’argomento viene trattato, le interpretazioni proposte sono nella maggior parte dei casi confinate alla ricerca di una presunta essenza “totalitaria” nelle idee e nella prassi bolscevica. Il nuovo libro di Lara Douds rappresenta un significativo passo in avanti verso la comprensione del governo bolscevico e dei processi di estinzione della democrazia nell’Unione Sovietica. Allo stesso tempo, vengono confutate le appassionate tesi sul “totalitarismo” e si tenta di dare una risposta seria alla questione della formazione di un sistema che ha permesso il predominio di Stalin. A differenza della maggior parte delle opere pubblicate dopo il 1989, non si occupa della già ben documentata autocrazia di Stalin, ma si chiede cosa esattamente Lenin e i bolscevichi abbiano trascurato e che abbia permesso la nascita dello Stato-partito e l’ascesa di una guida indiscussa. Seguendo la storia politica del giovane Stato sovietico, Douds osserva che il Soviet dei Commissari del Popolo (Sovnarkom), il primo governo dello Stato rivoluzionario, come organo esecutivo indipendente dal controllo del partito, abbia spontaneamente lasciato il posto al Politburo (Ufficio politico, ndt) del Partito Comunista, il quale è così diventato il centro del potere esecutivo sino al crollo dell’Unione Sovietica. Douds indica sia gli errori della leadership sovietica che le condizioni storiche avverse che hanno permesso il predominio della burocrazia stalinista.

La nascita del Soviet dei Commissari del Popolo

Nei primi capitoli del suo libro, Douds dimostra in modo convincente come l’estinzione della democrazia nello Stato rivoluzionario non fosse la conclusione logica degli scritti prerivoluzionari di Lenin, ma che il Sovnarkom, come corpo esecutivo principale del paese, è stato concepito come espressione di una forma nuova e migliore di democrazia. Il Sovnarkom non avrebbe dovuto essere un organo esecutivo in mano a un solo partito, ma si sarebbe dovuto distinguere anche da un normale governo borghese. L’opposizione contro forme liberali di governo, pur derivando le sue radici dal marxismo, nel periodo in cui nacque il Sovnarkom non era esclusiva delle sole organizzazioni marxiste. Questo perché gli elementi liberali della classe dominante non si sono fatti scrupoli nel gettare i popoli d’Europa nella prima guerra mondiale con lo stesso furore dei conservatori e degli autocrati, cosa che ha screditato le idee della democrazia parlamentare, smascherate anche agli occhi di molti non-marxisti come strumento della classe dominante e non già mezzo per la conquista di una reale uguaglianza.

Partendo da questi principi, il Sovnarkom è stato nel primo mezzo anno della sua esistenza sotto il controllo di una coalizione di bolscevichi e socialisti rivoluzionari (SR) di sinistra, cioè i due partiti che avevano appoggiato il potere dei soviet. Sulla base di fonti d’archivio, Douds dimostra che le relazioni tra i due partiti sono stati ottimi e che per i bolscevichi non era affatto un problema dividere il potere. Gli SR di sinistra alla fine sono usciti dal governo non per presunte “tendenze autoritarie” dei bolscevichi, ma perché contro il trattato di pace con la Germania stipulato a Brest-Litovsk (che ha diviso lo stesso partito bolscevico). Douds mostra poi come la marginalizzazione politica degli SR non sia una conseguenza dell’aspirazione dei bolscevichi di prendere tutto il potere nelle proprie mani, ma come conseguenza dei loro atti terroristi volti a riprendere la guerra con la Germania, nonché della loro tentata insurrezione contro i bolscevichi nell’estate del 1918. Oltretutto, i membri di questa organizzazione non sono mai stati perseguitati se non durante l’era di Stalin, quanti erano contro gli atti terroristici e anti-bolscevichi rimasero perfino nel Sovnarkom.

Successi e problemi della democrazia sovietica

Secondo Lenin, la caratteristica più importante del Sovnarkom era la sua supervisione dal basso. Venne introdotto un sistema “collegiale” nel quale dirigenti di più basso rango potevano sempre controllare i propri superiori. Douds indica che questo sistema, anche se pensato come una forma più alta di democrazia, è presto stato messo in discussione dalle condizioni della guerra civile. L’instabilità cronica di un governo confrontato con una forte opposizione interna che esterna non poteva porre le condizioni per la sopravvivenza di tale sistema nei momenti in cui era necessario prendere decisioni autorevoli e rapide. Nonostante ciò, i bolscevichi non hanno di certo approfittato della prima occasione presentatasi per disfarsi di questo sistema –  anche se la collegialità è presto scomparsa nei commissariati direttamente coinvolti nella guerra, Douds mostra come il sistema abbia funzionato senza problemi sino alla prima metà degli anni ’20 nei commissariati dell’istruzione, del lavoro, del benessere socialista e delle nazionalità. In un interessante caso di studio, Douds mostra come il Aleksandr Gavrilovič Šljapnikov, commissario del lavoro in seguito membro di spicco dell’opposizione interna, sia stato più volte sconfitto dai suoi subordinati, che si opponevano a quella che consideravano come una pratica nepotista nel suo lavoro. Durante tale periodo, Il Comitato Centrale del Partito Comunista (bolscevico) e il Politburo si sono occupati esclusivamente degli affari del partito, non dello Stato. Solo nel 1919 le cose hanno cominciato a cambiare.

Nonostante i grandi successi, sin dai primi giorni il governo sovietico si è trovato ad affrontare da importanti questioni: come mantenere la democrazia nelle condizioni della guerra civile e come assicurarsi che misure non-democratiche transitorie non diventino permanente, cioè, come fare per stabilizzare la situazione dopo la guerra? La collegialità, come già detto, è presto scomparsa nei commissariati direttamente coinvolti nella guerra, come quello dell’esercito e dei trasporti. Tuttavia, il secondo Congresso panrusso dei soviet aveva istituzionalizzato la collegialità come meccanismo fondamentale della democrazia sovietica. Simili meccanismi sono stati introdotti in ogni livello del governo: Douds riporta l’aneddoto di un giornalista americano che aveva aspettato per un’ora e mezza per essere ricevuto da Lenin, solo per poi vedere uscire dal suo ufficio il più semplice dei contadini di Tambovo, il quale era venuto a discutere di questioni economiche e dell’elettrificazione con il presidente del Sovnarkom.

Douds riconosce in questo episodio un’eredità della pratica zarista di rivolgersi direttamente allo zar, investito da Dio come intermediario tra il popolo e lo Stato, e in ciò vede una base per il futuro “totalitarismo”. Si tratta di un punto debole del libro, dove l’autrice cade nella narrativa di una qualche continuità autoritaria in Russia, cosa che implica una certa inferiorità culturale. Nonostante ciò, l’autrice accetta la critica bolscevica della burocrazia e degli organi non-rappresentativi liberaldemocratici, anche se non offre un’alternativa in grado di risolvere i problemi sia della democrazia liberale sia di quella socialista.

Un problema ben più grande dell’informalità è la progressiva partitizzazione e burocratizzazione, ben presto osservata da Lenin e in seguito da Trotsky. Douds mostra come la partitizzazione sia spesso provenuta dal basso, perché i dipendenti dell’apparato statale volevano dimostrare la propria fedeltà oppure il proprio sincero appoggio al governo rivoluzionario. Nel frattempo, la piccola classe operaia della Russia e i quadri di partito prerivoluzionari morivano in massa nella lotta per la salvaguardia della rivoluzione, combattendo contro l’Armata Bianca e delle forze d’intervento straniere. Così è stata erosa la classe alla base della società sovietica, lasciando spazio al dominio della burocrazia di partito. È interessante come questa tesi di Douds, come molte altre contenute nel libro, siano solo la dimostrazione empirica di osservazioni e critiche avanzate negli anni ’20 da Trotsky e dagli altri membri dell’opposizione interna al partito bolscevico.

Stefan Gužvica

Traduzione di Gabriele Bertoncelli da Marks21

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.