Il nuovo governo giallo-verde sembra essere alla ricerca di escamotage “originali” per poter dire di aver mantenuto le promesse elettorali. Uno dei cavalli di battaglia giocati in funzione anti-PD, oltre alla enorme questione migranti, infatti, era stata l’abolizione della legge Fornero, la disoccupazione giovanile (e non) e, as last but not least, la questione dei giovani e del diritto allo studio. 

Prendendo come riferimento il paragrafo “Università e ricerca” del famoso contratto di governo notiamo, a dire il vero, alcune prevedibili contraddizioni. Tanto per citarne alcune:

Da un lato “i centri del sapere […] dovranno contribuire a rendere il sistema produttivo italiano maggiormente competitivo e propenso alla valorizzazione delle attività ad alto valore tecnologico.”, dall’altro (per accontentare gli elettori proletari): “Amplieremo la platea di studenti beneficiari dell’esenzione totale dal pagamento delle tasse di iscrizione all’università, la cd. “No-Tax area”. [Amplieremo altresì] gli strumenti e le risorse per il diritto allo studio, incrementando così la percentuale di laureati nel nostro Paese, oggi tra le più basse d’Europa”. A questo punto le promesse assumono un tono più franco e “real-politik” perché il modo per aumentare la percentuale di laureati non è la garanzia di diritti universali, ma l’istituzione di nuovi criteri “meritocratici”: “la revisione del sistema di accesso ai corsi a numero programmato, attraverso l’adozione di un modello che assicuri procedure idonee a verificare le  effettive attitudini degli studenti e la possibilità di una corretta valutazione”.

Alla luce di questi punti contraddittori ma in realtà sostanzialmente pendenti verso destra, qual è la prima proposta concreta che il nuovo governo giallo-verde ha avanzato per realizzarli? Un prestito bancario, come conferma il Miur dopo le indiscrezioni dei giorni scorsi. Il “prestito d’onore” lo chiamano, un nome pomposo, nonostante non abbia nulla di onorevole. Esso infatti è un prestito bancario a tutti gli effetti che lo studente dovrà restituire (sul modello americano, per intenderci). Il problema non è soltanto ciò che persino l’Unione degli Universitari (un sindacato vicino a SI) ha denunciato, e cioè l’indebitamento personale e la dipendenza dello studente dall’istituto bancario in astratto, ma la contrazione di questo debito (con la pressione e il “ricatto” che ne derivano) all’interno di un contesto di insicurezza, precarietà e sfruttamento in cui, in altre parole, lo studente non ha la certezza di potersi affrancare o comunque troverà a fatica i mezzi per farlo. In un Paese come la Svezia ad esempio, il prestito d’onore (lån) ha il “solo” difetto di conferire potere alle banche private, perché a) è affiancato dal “bidrag”, che è un’altra somma totalmente gratuita e statale (lo studente può scegliere di ricevere solo la bidrag e non il lån). b) anche qualora lo studente decidesse di chiedere anche un lån (prestito d’onore), il mercato in cui vende le propria forza lavoro, per via delle residuali conquiste e delle concessioni passate, fornisce nel complesso maggiori garanzie e il giovane “indebitato” ha pertanto una vita più facile (sebbene sempre di un debito e di un debito verso una banca si tratti). L’esempio della Svezia non era un esempio in difesa del “prestito d’onore” che stiamo criticando, ma solo un modo per mettere in luce quanto nel contesto italiano il prestito d’onore risulti ancora più nocivo per le classi subalterne.

Provate, infatti, ad immaginare, realisticamente, cosa significherebbe per uno studente italiano oggi essere costretto a entrare nell’attuale “mondo del lavoro” per pagare quel debito. Senza l’introduzione di quel debito, è vero, le condizioni di sfruttamento non cambiano. Perciò nel migliore dei casi quel debito non sposta di una virgola i rapporti di forza. Nel peggiore, però, introduce un ulteriore elemento di insicurezza e ricatto (dovuto all’ansia delle tempistiche di restituzione), che godrebbe, inoltre di una “copertura ideologica”: quella di ottenere un “favore”,  un “favore onorevole” da parte di una banca in collaborazione col Ministero dell’Istruzione. Ancora una volta, però, il vero nodo resta quello della struttura economica, del conflitto capitale lavoro e della crisi dello Stato borghese che in un caso come questo prova a mettere un cerotto alle proprie ferite inguaribili chiedendo l’aiuto dei privati o delle banche.

Non c’è nulla di “progressivo” nel prestito d’onore in generale, ma la situazione specifica del capitalismo italiano lo renderebbe ancora meno sensato e potenzialmente nocivo (per le ragioni sopra elencate).

Ai prestiti d’onore, pertanto, va opposta la rivendicazione di una università gratuita e di qualità per tutti e tutte, libera dai privati e all’interno di una società senza classi.  

Fonte: 

http://www.repubblica.it/scuola/2018/07/20/news/prestito_d_onore_per_gli_universitari_la_protesta_degli_studenti_piu_borse_di_studio_cosi_ci_fate_indebitare_-202233847/

 

 

Redattore della Voce delle Lotte, nato a Napoli nel 1996. Laureato in Infermieristica presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora come infermiere.