“Il capitale umano” è l’undicesimo film del regista livornese Paolo Virzì, tratto dal romanzo dell’americano Stephen Amidon. Accolto alla sua uscita nel 2014 con entusiasmo da critica e pubblico, fu oggetto a lungo di speculazioni su una possibile partecipazione di questa pellicola agli Oscar, come rappresentante della cinematografia italiana nella categoria “Miglior film straniero”. Ovviamente, ciò non avvenne e la statuetta fu vinta da “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino.

Il film è diviso in 4 differenti capitoli, legati tra loro tramite le relazioni instaurate dai tre protagonisti dei vari capitoli.

 

Capitolo 1 – Dino
Incentrato sul personaggio di Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio) un agente immobiliare risposato con Roberta (Valeria Golino), una psicologa incinta di due gemelli. Ha una figlia adolescente, Serena, avuta dal primo matrimonio di cui non si sa molto. Serena è fidanzata con Massimiliano Bernaschi, un rampollo dell’alta borghesia brianzola. Approfittando di un appuntamento tra i due, Dino cerca di entrare nelle grazie del padre del giovane: Giovanni Bernaschi (Fabrizio Gifuni), versando un contributo del 40% per accedere al fondo Bernaschi. Dino pensa, tramite questo stratagemma, di potersi arricchire.

 

Capitolo 2 – Carla

Carla Bernaschi (Valeria Bruni Tedeschi) è la ricca ed infelice moglie di Giovanni Bernaschi. Carla trascorre le proprie giornate facendo acquisti inutili, senza mai comunicare con qualcuno che non sia il proprio autista. Colpita dalla chiusura di uno storico teatro al centro della città, decide di convincere Giovanni ad investire nel restauro della struttura, impegnandosi ella stessa a diventarne dirigente. L’imprenditore accontenta la moglie, che pare soddisfare solo con l’uso del denaro. Tuttavia, per sanare la mancanza di liquidi della propria società, Giovanni deciderà di mettere in vendita il teatro per farci un centro commerciale, perchè, come dice una nevrotica giornalista teatrale durante il film, “Il teatro è morto e credo che sia chiaro a tutti”. Devastata da questa notizia, Carla tradisce Giovanni con il direttore artistico e professore teatrale Donato Russomano (Luigi Lo Cascio).

 

Capitolo 3 – Serena

Serena Ossola (Matilde Gioli)  è la figlia di Dino. Frequenta una prestigiosa scuola privata non corrispondente alla propria classe sociale. Nel  primo capitolo, pare evidente e scontata la relazione d’amore tra la giovane e Massimiliano Bernaschi (Guglielmo Pinelli). Invece in questo terzo capitolo, scopriamo la verità: Serena e Massimiliano si sono lasciati  per volontà della ragazza, ma, dato lo stretto rapporto (quasi materno) tra Serena e Carla, i due fingono ancora di frequentarsi regolarmente. Un pomeriggio, mentre attende Roberta nella sala d’attesa per dell’ambulatorio, Serena conosce Luca Ambrosini (Giovanni Anzaldo) un ragazzo in terapia dalla psicologa, allevato dallo zio spacciatore e appartenente al ceto popolare. Tra i due nasce un’adolescenziale storia d’amore.

 

Capitolo 4 – Il capitale umano

L’intera vicenda inizia con un incidente stradale: un SUV travolge un ciclista, facendolo cascare in un burrone. Il ciclista sarà il perno centrale del film, che congiungerà tutti i personaggi della pellicola, come in una gigantesca ragnatela capitalista. Il SUV colpevole pare essere quello di Massimiliano. La polizia, di conseguenza, interroga sia il giovane Bernaschi che Serena Ossola, poichè i due erano stati visti insieme. La sera dell’incidente, presso il liceo privato dei due ragazzi, era in corso una cerimonia per la consegna di un premio come “alunno meritevole dell’istituto”. Massimiliano era tra i candidati. Sfortunatamente il premio andrà ad una ragazza (di colore, come più volte sottolineato dai Bernaschi). Massimiliano, devastato per la perdita e per il menefreghismo del padre, si ubriaca. Troppo sopraffatto per poter guidare, chiama Serena per essere accompagnato a casa. Serena si presenta con Luca, il quale, con l’intento di aiutare la ragazza, le suggerisce di caricare Massimiliano sulla propria auto, mentre lui riporterà il SUV. Sarà quindi Luca ad investire il ciclista, che si scopre essere uno dei camerieri presenti durante la cerimonia scolastica, più volta ignorato dai ricchi partecipanti (di fatti, nessuno lo riconoscerà).  I soccorsi arrivano troppo tardi. Dopo giorni in terapia intensiva, il ciclista\cameriere muore. Nessuno sospetta di Luca, poichè Serena non aveva detto a nessuno di aver iniziato una relazione con lui. Sfortunatamente Dino scopre una chat tra i due giovani, vendendo poi le informazioni a Carla Bernaschi, il tutto in cambio di denaro e di un bacio. La scoperta del colpevole, porta Luca ad un tentato suicidio, mentre lo zio scappa tranquillamente lasciandolo solo.

Dopo alcuni mesi, Virzì mostra ciò che è stato dei vari personaggi. I Bernaschi sono pronti ad accogliere vari ospiti nella loro gigantesca villa, per festeggiare il successo di Giovanni, la cui impresa sopravvive grazie alle varie speculazioni sulla rovina economica del paese. “Avete scommesso sulla rovina di questo paese … e avete vinto” dice una cerea Carla al marito.
Durante i titoli di coda, si scopre anche come si conclude la vicenda giudiziaria legata all’omicidio del ciclista: l’assicurazione del SUV ha pattuito un importo pari a 218.976 euro come risarcimento.
Il ciclista viene ridotto a, come lo definiscono i periti assicurativi, capitale umano. Importi come questi vengono calcolati in base a: aspettativa di vita di una persona, possibilità di guadagno, qualità e quantità dei suoi legami affettivi.

Ciò che colpisce della pellicola di Virzì è il voluto distacco della narrazione. Il regista non si compiace esplicitamente di nessun personaggio, così come nessuna classe sociale è “innocente”, anzi. Tutti i protagonisti, dai Bernaschi a Luca, sono ingranaggi in una vasta catena di montaggio che affonda le proprie radici nell’uso sfrenato del capitalismo. Dino cerca di arricchirsi versando denaro che sa bene di non avere, Serena preferisce tenere segreta la relazione con Luca per evitare brutte figure con i ricchi compagni di scuola, Carla rinuncia all’amore passionale, e alla passione per la recitazione, per una vita agiata accanto ad un marito che non ama e Luca sfoga la frustazione di vivere in un mondo che non capisce, ma di cui fa parte, nell’autolesionismo. Tutti sono in preda ad una soffocante nevrosi che li conduce a sacrificare i rapporti umani sull’altare del Dio denaro. Un denaro, tuttavia, che non si è capaci di gestire, sia quando si cerca di ottenerlo (come Dino) sia quando lo si possiede (come Giovanni e Carla).
È giusto, ora, porre l’attenzione su una polemica nata da alcuni offesi cittadini della Brianza, i quali si sentirono “mal rappresentati”. La Brianza, è giusto ammetterlo, ha un ruolo fondamentale nel film, soprattutto per il suo valore paesaggistico: basti notare come la villa dei Bernaschi venga posta al di sopra di un colle,  la casa degli Ossola in un rione medio borghese e, infine, la casa di Luca in un rione popolare. L’uso del paesaggio è strumentale e metaforico, non mira ad offendere il territorio lombardo, soprattutto se si considera che il film è tratto da un libro americano, la cui ambientazione è il Connecticut. Detto ciò, credo che gli amici lombardi dovrebbero sentirsi più offesi e mal rappresentati dalle perfomance di Massimo Boldi. Il teatro della modernità ha invertito da tempo il ruolo spettatore\attore. Non è più lo spettatore che entra nel mondo dell’attore, ma è l’interprete a rappresentare la realtà dello spettatore; basti pensare ad autori come John Osborne, Checov o Brecht i quali non hanno mai celato una violenta critica verso il proprio popolo, che si tratti di inglesi, russi o tedeschi.  Forse il teatro, come l’arte in generale, è davvero morto, poichè il concetto di autocritica è stato assorbito dall’obbligo di apparire “vincenti” creato da questa società che ci ha resi un capitale umano.

 

La mancata evasione di Carla

Durante un’intervista al Tribeca Film Festival, Virzì rilasciò un’intervista in cui ammette di aver girato un finale alternativo, nel quale il personaggio di Carla scappa dalla propria monotonia borghese, correndo libera e scalza per i campi. Questa scena, non utilizzata, si è rivelata molto utile per la creazione del personaggio di Beatrice (interpretato dalla stessa Valeria Bruni Tedeschi ) nel seguente film del regista: La pazza gioia.

 

Sabrina Monno

Nata a Bari nel febbraio del 1996, laureata presso la facoltà DAMS di Bologna e studentessa presso Accademia Nazionale del Cinema, corso regia-sceneggiatura. Lavora prevalentemente in teatro, curando reading di lettura e sceneggiature.