Il Venezuela vive una crisi senza precedenti: milioni di persone stanno fuggendo dal paese per via della mancanza di cibo e medicine. Una prova del fallimento del socialismo? Per capire meglio la situazione in Venezuela, riportiamo un’intervista a cura di Left Voice a Milton D’León, un lavoratore marxista di Caracas e redattore de La Izquierda Diario Venezuela.


Per prima cosa, ci potresti dare la tua prospettiva sulla crisi che il Venezuela sta vivendo?

L’attuale crisi socioeconomica in atto in Venezuela è devastante. Gli operai e le masse impoverite stanno vivendo in una situazione catastrofica dove l’inflazione ha polverizzato i loro salari. Una bottiglia di olio da cucina costa l’equivalente di due mesi di salario minimo. I servizi pubblici come la sanità, i trasporti, l’energia e l’acqua stanno cadendo a pezzi, e milioni di persone hanno abbandonato il paese.

La situazione che le masse stanno affrontando è intollerabile ormai da un bel po’. Gli operai hanno richiesto un salario minimo alto abbastanza da poter mantenere le proprie famiglie, e questo fatto è un segno importante di rabbia sociale. Il governo ha risposto ignorando le richieste, così come è stato quando gli infermieri hanno scioperato a oltranza, o al massimo con la repressione o l’intimidazione.

Di recente, il presidente Nicolàs Maduro ha annunciato una serie di “contromisure economiche”, con il fine di “dare una svolta all’economia”. In realtà, l’obbiettivo finale è quello di garantire la sopravvivenza dei vertici della burocrazia del chavismo e dei profitti della borghesia locale e internazionale (la quale ha grandi interessi nell’economia paese, ndt). In altre parole, queste riforme andranno a colpire la classe operaia e i poveri.

 

Il governo Maduro continua ad affermare che questa crisi sia orchestrata dall’imperialismo statunitense.

L’imperialismo degli U.S.A. sta sfruttando il Venezuela da più di 100 anni – è indifferente che nella Casa Bianca ci sia Bush, Obama, o Trump. L’esempio più chiaro e violento che torna alla mente è stato il tentato golpe contro Chàvez nel 2002, finanziato dagli Stati Uniti.

Fin dall’inizio, il governo Chàvez ha avuto forti attriti con l’imperialismo americano perché egli voleva avere più spazio di manovra in ambito economico. Ma Chàvez non ha mai veramente rotto con l’imperialismo. Le grandi aziende petrolifere sono sempre state attive in Venezuela, e hanno rimpatriato i propri profitti come fanno in ogni altro paese nel quale sono operative. Anche la finanza internazionale è molto attiva qui.

Al momento della crisi l’imperialismo sta applicando varie misure contro il governo del successore di Chàvez, Maduro, come la dichiarazione di Obama secondo la quale il Venezuela è una “minaccia alla sicurezza nazionale”.

Ci sono state anche altre misure, come ad esempio quella per la quale il governo non può rifinanziare né ristrutturare il debito estero. E allora continua a ripagarlo!

Vorrei fosse chiaro che il governo venezuelano è stato certosino nel pagare il suo debito estero, specialmente durante questi anni della catastrofe economica. Esso ha deciso di rispondere in modo positivo ai creditori internazionali e al capitale finanziario imperialista, mentre il popolo venezuelano pagava con sudore e lacrime.

Sia ben chiaro, noi avversiamo ogni interferenza imperialista e ogni aggressione esterna. L’opposizione a Maduro è un compito della classe operaia del Venezuela, non di governi imperialisti stranieri. Respingiamo anche i metodi terroristici delle destre.

 

La crisi del Venezuela è forse una prova del fallimento del modello economico socialista, come affermano molti esponenti della destra?

In Venezuela, non è fallito il “socialismo”. In Venezuela è fallita una politica economica di dipendenza dai profitti del petrolio, una politica che salvaguardava i profitti di banchieri e businessmen mentre il popolo moriva di fame. Il governo affida la propria tutela alle forze armate, in un permanente stato di emergenza che diviene sempre più repressivo. La proprietà privata è sempre stata salvaguardata in Venezuela. E durante il boom del petrolio i capitalisti sono quelli che hanno più goduto di tutele e profitti. Tutto questo accompagnato da una scarsa redistribuzione della ricchezza mediante programmi sociali, comunque dipendenti sull’andamento del petrolio sul mercato internazionale.

Col crollo del prezzo del greggio, però, il governo non aveva niente da offrire per arginare la crisi di proporzioni colossali che stiamo affrontando. Stiamo vivendo in condizioni disperate da tre anni. Il governo distribuisce scatole di cibo (essenzialmente carboidrati) che sono importate a prezzi sussidiati. Queste vengono date soltanto a certi settori della popolazione e ovviamente non servono ad alleviare la fame a livello generale.

 

L’esecutivo Maduro e il PSUV si presentano come il “socialismo del ventunesimo secolo.”. Quindi, non pensi che il Venezuela sia un paese socialista?

No. Assolutamente no. Il “socialismo del ventunesimo secolo” è una menzogna. Una menzogna fatta di “socialismo” a parole e difesa del capitalismo nei fatti (e non semplicemente del capitalismo, ma di un’economia di dipendenza totale dal petrolio). In Venezuela, di ogni $100 che entrano dall’estero, $97 sono per il petrolio, e il resto per minerali vari. Il “socialismo” chavista non ha portato allo sviluppo di industrie nazionali. Il Venezuela non ha mai smesso di essere un’economia capitalista.

All’inizio il governo aveva tentato di effettuare alcune riforme sociali, ma questo senza mai intaccare i privilegi del grande capitale e dei suoi rappresentanti. Anche la Costituzione tutela e rispetta la proprietà privata. Si parlava per un periodo dell’ipotesi di istituire delle “comuni”, ma il governo ha sempre fatto affidamento sullo Stato borghese e sulle forze armate.

 

Qual è la situazione attuale del movimento operaio in Venezuela?

Mentre questa catastrofe prosegue, gli operai stanno alzando la testa. C’è stata un’ondata di rivendicazioni importanti per quanto riguarda i salari, in tutto il paese. Gli operai vogliono un salario tale da permettergli di sfamare le loro famiglie – questa richiesta appare in ogni manifestazione. Ci sono alcune tendenze per quanto riguarda il coordinare queste proteste.

La crisi sta portando la gente nelle strade a lottare per le proprie rivendicazioni e i propri bisogni. È ormai un dato di fatto che le lotte operaie stanno diventando visibili a livello nazionale, con settori sempre più larghi delle classi popolari che si uniscono nei propri luoghi di lavoro. Pochi mesi fa il movimento operaio, a livello nazionale, sembrava impotente. Tuttavia, oggi, la situazione sta cambiando, con nuove lotte che appaiono sullo scenario nazionale ogni giorno, come nel caso dello sciopero del sindacato nazionale dei trasporti e quello degli infermieri.

 

Diversi raggruppamenti marxisti si sono uniti al PSUV in un tentativo di entrare in contatto reale con le masse e spingere il partito a sinistra. Come stanno andando questi tentativi?

Le decisioni dei gruppi che si sono uniti al PSUV sono state fallimentari, non solo per i gruppi stessi ma anche perché hanno trascinato molti operai nel progetto della borghesia nazionale. Invece di spingere a sinistra il PSUV, hanno aiutato il partito a mantenere l’illusione che il chavismo potesse offrire un cambiamento reale per le masse. Sono stati trascinati via dal canto della sirena di Chàvez.

Sono entrati nel partito di governo da gruppi minoritari e sono diventati militanti entusiasti del progetto. Ora che il chavismo ha fallito, continuano a dichiarare che l’abbandono delle politiche di Chavez di Maduro sia la causa principale della crisi. Gruppi come “Marea Socialista” hanno lasciato il PSUV, ma lo hanno lasciato con meno militanti di quanti ne avevano prima di entrare e parlano ancora di “difendere l’eredità chavista”. Altri raggruppamenti, come l’IMT di Alan Woods, sono ancora nel PSUV, con una teoria “critica” ma sempre come parte attiva nel piano di governo.

Non hanno fatto un bilancio serio di queste politiche fallimentari. In nome dell’entrismo sono entrati in un movimento nazionale borghese, una decisione che ha contribuito ad apportare grande confusione al movimento operaio nazionale. Il risultato è che molti operai, ad oggi, non vedono una soluzione politica alla situazione attuale.

 

Se non è socialista, come possiamo comprendere in termini marxisti la situazione del governo venezuelano?

All’inizio il chavismo aveva le caratteristiche di un bonapartismo “sui generis” con tendenze di sinistra, per usare una terminologia usata da Trotsky nello spiegare le caratteristiche del governo messicano di Lazaro Cardenas. Questo elemento si è perso nel mezzo del declino economico e del degradarsi del chavismo. Oggi possiamo definire questo un governo di stampo reazionario bonapartista.

Dopo che il governo ha perso la maggioranza nella legislatura cominciata nel 2015, il governo Maduro ha cominciato ad abusare di meccanismi burocratici intricatissimi, stringendo la propria morsa sugli altri poteri dello stato, soprattutto su quello giudiziario e sulle forze armate. Questo ha significato un avanzamento nella direzione della fase extra-parlamentare del bonapartismo.

Per mantenere le apparenze, il governo Maduro ha dovuto creare, da un giorno all’altro, una “Assemblea Nazionale Costituente” del tutto fraudolenta e composta solamente di chavisti, plenipotenziaria e sovracostituzionale. Questa è solo una copertura per l’alta burocrazia, militare e civile, del chavismo e del partito di governo. È uno strumento delle cricche bonapartiste. Questa è una breve descrizione marxista dell’attuale forma di governo e dell’organizzazione dello stato.

 

Che aspetto avrebbe una politica socialista in Venezuela?

I rivoluzionari in Venezuela continuano a lottare per un partito rivoluzionario dei lavoratori. Vogliamo che si duplichi il fronte delle lotte operaie, sia contro il bonapartismo di Maduro e della sua cricca, sia contro i piani della destra filo-imperialista. Gli operai sono l’unica forza sociale in grado di offrire una soluzione progressista a questa crisi di dimensioni monumentali. Per fare questo, il proletariato deve serrare i ranghi e lottare per la propria indipendenza dal governo, dallo Stato e dai partiti padronali, così come dall’intervento imperialista. Dobbiamo avere la prospettiva di lottare per un governo degli operai e dei poveri.

 

Intervista di Wladek Flakin a Milton D’Leon

Traduzione di Luca Gieri da Left Voice

 

 

 

 

 

Nathaniel è un giornalista e storico freelance che vive a Berlino. Fa parte della redazione del giornale online Left Voice. Nathaniel, noto anche con il soprannome Wladek, ha scritto una biografia di Martin Monath, un trotskista combattente nella resistenza in Francia durante la seconda guerra mondiale, pubblicata in tedesco e in inglese. È nello spettro autistico.