La storia dei lavoratori delle cooperative nel maggiore centro di stoccaggio d’Italia che rifornisce le più note case editrici

Diecimila libri da spostare in un turno di lavoro, contratti ‘settimanali’ rinnovati per anni, 200 ore di straordinari mensili, violazioni sistematiche di ogni diritto e dei contratti di lavoro. Queste erano, stando ai racconti di 300 operai, le condizioni disumane dei lavoratori sono emerse dagli atti di un’indagine sul caporalato in uno dei più grandi poli logistici dedicati all’editoria in Europa, vicino a Pavia, una struttura al servizio delle principali case editrici italiane.

Dovevo spostare 10mila libri per turno, era un lavoro insostenibile. Di notte il mio compagno mi vedeva piangere sempre perché avevo dolori ovunque, in particolare forti dolori alle braccia e alle gambe. Successivamente sono stata in cura all’ospedale San Matteo per varie patologie.

È la testimonianza di una lavoratrice resa alla procura e al comando provinciale della guardia di finanza di Pavia nelle carte dell’inchiesta che ha portato il 27 luglio scorso all’arresto di 12 persone accusate di sfruttamento della manodopera. Le indagini, incentrate sull’ascolto di centinaia di operai, all’inizio molto reticenti a parlare per timore di ritorsioni, hanno riguardato le 40 cooperative presenti nell’area logistica della Ceva Logistics di Stradella, ribattezzata “Città del Libro” proprio perché è un centro di stoccaggio di libri e giornali delle più importanti case editrici. Cooperative che in realtà sarebbero state riconducibili, attraverso una serie di schermi societari, a un unico gruppo di persone.

I ritmi di lavoro sono insostenibili – è il racconto di un’altra operaia – devo correre sempre, ho perso tutti i miei chili. Corro talmente tanto che scendono giù i pantaloni, ma devo accettare le condizioni perché ho due figlie da mantenere. Ora voglio collaborare, dico tutto, ma ho paura di essere lasciata a casa, come è già successo a un collega. In Ceva si applica una forma di ricatto non detta. Formalmente nessuno ti impone di fare lo straordinario, ma se non lo fai c’è un’elevata possibilità di essere lasciati a casa. Ogni turno dura in media 12 ore.

Nello stabilimento, spiegano ancora i lavoratori, la produttività veniva valutata in base alle “righe” eseguite al giorno, dove per “righe” si intende “il prelievo di due libri al minuto”.

Dovevo eseguire almeno 130 righe al giorno – dice un’altra lavoratrice –, chi ne fa meno viene lasciato a casa. Ciascun turno prevedeva regolarmente 12 ore di lavoro e quando non sono stata più in grado di sostenere questi turni così pesanti, dovendo accudire mia madre disabile, sono stata lasciata a casa”.

“Per sette anni ho lavorato con contratti a termine della durata sempre di 3 mesi”, svela un’altra donna, mentre altri parlano addirittura di “rinnovi settimanali” presso il cosiddetto reparto picking (gestione e logistica del magazzino). Le ore notturne e quelle di straordinario, stando agli operai, venivano pagate sempre la stessa somma, da alcuni indicata in 7 euro all’ora. Prima del 2016, quando nello stabilimento si è iniziato a svolgere attività sindacale, gli straordinari non venivano neppure pagati, ma in ogni caso anche dopo, come spesso accade, molte ore di straordinario continuavano a sparire dalla busta paga.

Certi giorni – afferma un lavoratore – veniva appeso un cartello con la scritta “Tassativamente obbligatorio sabato e domenica lavorativi”. Nella bacheca dove venivano appesi i turni veniva indicato solo l’inizio del turno mentre sulla sull’orario di fine servizio veniva indicata la dicitura “F.S.” (fine servizio) senza possibilità di poter replicare, pena il licenziamento.

Dalle testimonianze sono emersi chiari, precisi e concordanti elementi relativi all’intermediazione illecita, allo sfruttamento dei lavoratori, alla corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali e alle modalità di reclutamento di manodopera destinata al lavoro presso la Ceva in condizioni di sfruttamento, che faceva leva sullo stato di bisogno di bisogno degli operai; il tutto in aperta violazione delle normative relative all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, alle ferie, in totale dispregio delle norme di igiene e del lavoro.

 

Crow

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