Da quasi un mese 60 lavoratori e – soprattutto – lavoratrici dell’Hotel Hyatt-Vendome di Parigi sono in sciopero ad oltranza (“Jusq’à Noël!” [fino a Natale] hanno dichiarato). La mobilitazione vede in prima linea le addette alla pulizia delle camere le quali lamentano orari di lavoro massacranti e paghe di gran lunga inferiori a quelle medie della categoria. Le operaie, inoltre, sono assunte tramite contratti di subappalto che le costringono a una situazione di ricatto costante e non le permettono di beneficiare degli scatti di anzianità, nonostante molte di loro lavorino da più di dieci anni per uno degli alberghi più lussuosi della capitale francese (situazione ben nota a centinaia di migliaia di altri lavoratori, in particolare immigrati, anche nel nostro paese).

Repressione e solidarietà. Uno sciopero internazionale.

La mobilitazione ha ricevuto il supporto della CGT (Confederation Genérale du Travail), che nei giorni scorsi ha organizzato presidi di solidarietà dove hanno partecipato delegazioni di altre strutture alberghiere e settori del movimento operaio, come i ferrovieri, alla testa della lotta contro il piano Macron e delle proteste degli ultimi mesi. Questo giovedì, in particolare, hanno sfilato di fronte all’albergo centinaia di lavoratori, dipendenti delle strutture ricettive vicine, ma anche cittadini comuni – per risponere ai vergognosi eventi del 12 Ottobre quando la polizia aveva attaccato il presidio con una violenza inaudita.

La brutalità della repressione segnala però come non debba trarre in inganno il fatto che lo sciopero coinvolga un numero relativamente ridotto di salariati, appartenenti per giunta a un settore ritenuto difficilmente organizzabile e privo di tradizioni sindacali. La “grève” dell’Hyatt infatti si inserisce, oltre che nel più generale processo di radicalizzazione del movimento operaio francese, in un ciclo di lotte dei lavoratori degli alberghi negli Stati Uniti, in particolare a Boston e a Chicago, dove a fine settembre oltre 7000 inservienti, camerieri etc. sono scesi in piazza per chiedere condizioni di lavoro dignitose e l’assunzione come dipendenti diretti.

Alcune strutture coinvolte dalle proteste negli USA erano di proprietà della stessa multinazionale che possiede l’Hyatt di Parigi e, come si evince da un comunicato della CGT, le conquiste oltre-oceano hanno rappresentato uno stimolo importante per l’attivazione conflittuale in Francia. Nello stesso testo, inoltre, la branca dei lavoratori degli alberghi di lusso della “Confederation” dichiara di aver preso contatti con le controparti sindacali statunitensi. Intanto, lavoratori delle pulizie sostenuti da alcune associazioni di accademici e studenti, organizzavano un presidio di solidarietà davanti all’Hyatt di Londra, facendo tesoro delle recenti lotte nei campus universitari britannici dove – anche lì – la rivendicazione centrale era l’internalizzazione dei dipendenti in subappalto. Sempre a Londra, inoltre, comparivano cartelloni di solidarietà alle scioperanti francesi durante lo “strike” dei guidatori di Uber del 9 Ottobre!

Solidarietà è arrivata venerdì anche dalle lavoratrici della Onet, impresa che gestisce l’appalto per la pulizia delle stazioni parigine, costretta qualche mese fa a cedere alle rivendicazioni delle operaie – molto simili a quelle delle inservienti dell’Hyatt (no contratti precari e aumenti) – dopo 45 giorni consecutivi di sciopero. E’ stato inoltre fondato un comitato di sostegno, mentre da inizio ottobre è attiva una cassa di resistenza alla quale invitiamo anche dall’Italia a partecipare; segnaliamo peraltro alle forze politiche e sindacali che un albergo Hyatt è presente anche a Milano.

La classe operaia non ha nazione.

Negli ultimi tempi la sinistra riformista è sempre più incline a manifestare la sua impotenza illudendo i lavoratori che l’unica alternativa allo sfruttamento e al progetto anti-operaio incarnato dall’UE capitalista sia fare appello allo alla Patria, alla Costituzione e allo Stato… Come se tutti questi concetti rimandassero a istituzioni meno classiste dell’Unione Europea e come se gli interessi dei lavoratori non fossero internazionali, ma legati a quelli della borghesia al potere nel dato territorio nazionale; un’idea sempre più ridicola in un mondo in cui la produzione è dominata da grandi gruppi multinazionali ed è frammentata nelle catene globali del valore, le quali difficilmente potranno essere messe in discussione dalle tendenze protezioniste in atto.

A fare chiarezza politica – particolarmente necessaria in un contesto in cui cresce la destra reazionaria e razzista impugnando idee “sovraniste” – ci stanno però pensando i lavoratori stessi. Negli ultimi tempi, infatti, sono stati numerosi gli scioperi con connessioni oltre confine o addirittura coordinati a livello internazionale, si pensi ad esempio a quelli di RyanAir e Amazon. Sostenere lo sciopero delle lavoratrici dell’Hyatt, non si riduce pertanto a solidarizzare con le istanze di uno dei settori più sfruttati dei salariati, bensì equivale a partecipare – ognuno con i propri mezzi – allo sviluppo di un nuovo movimento operaio internazionale, per il quale le premesse oggettive non sono mai state così mature e che a sua volta rappresenta uno dei presupposti fondamentali per farla finita, una volta per tutte, con il capitalismo.

 

Django Renato

 

SOSTIENI LA CASSA DI RESISTENZA DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI DELL’HOTEL HYATT

Nato a Brescia nel 1991, ha studiato Relazioni Internazionali a Milano e Bologna. Studioso di filosofia, economia politica e processi sociali in Africa e Medio Oriente.