Pubblichiamo la seconda parte (qui la prima) dell’interessante editoriale dei compagni di Marxpedia, che qui si concentra sulla situazione politica italiana e in particolare dei due partiti di governo: Movimento 5 Stelle e Lega.


1. Arrivato al Governo, il Movimento 5 Stelle non poteva che vivere di annunci e dirette sui social. E’ un armamentario propagandistico ben collaudato teso a suscitare “impressione”, ad alimentare la narrazione “interclassista” del Governo al servizio del “popolo”. Ma il popolo è diviso in classi sociali ostili. E in cima alla piramide, il grande capitale domina. Domina lo Stato, i media, il Governo. Il debito pubblico è solo uno dei tanti meccanismi attraverso cui si esercita tale dominio.

2. Per questo la politica di Di Maio può solo vivere di espedienti. Non può consolidarsi in una tendenza duratura. Non sopravvivrà a questo Governo. Resteranno al contrario la xenofobia e il securitarismo di Salvini. In un contesto di crisi strutturale del sistema, esse sono l’arma di distrazione di massa per eccellenza. E tanto più caleranno le illusioni nell’“azione sociale” di Di Maio, tanto più dovrà dispiegarsi la politica reazionaria di Salvini.

 

(Grafico 1)

 

3. Per questo l’azione di Di Maio è a copertura e sdoganamento della politica di Salvini. Non viceversa. In questo senso la recente crescita nei sondaggi della Lega non è un fatto che appartiene alla sfera meramente elettorale (grafico 1). E’ nella logica dei processi di classe. Per altro, come dimostrano le recenti elezioni in Brasile, tale crescita è parte di un processo di natura internazionale.

4. I 5 Stelle non hanno alcun piano per il dopo Governo, Salvini sì. Il Governo esaurisce la strategia dei 5 Stelle. Ne mina la “verginità”, ne sporca definitivamente la narrazione. Al contrario per Salvini è solo una deviazione temporanea. E’ l’anticamera al ricompattamento della destra sotto la propria ala. E’ il viatico per la creazione di una sorta di “Front National” alla francese. Forza Italia e l’estrema destra non appoggiano l’esecutivo. Ma nemmeno confliggono. Salvini è già il loro “ministro” senza che debbano rivendicare la paternità del Governo.

5. L’aumento elettorale della Lega potrebbe ad un certo punto determinare frizioni tra i due alleati. I 5 Stelle potrebbero tentare in maniera disperata di enfatizzare le differenze sui singoli punti. Ma per quante frizioni possano determinarsi, non è possibile distinguere tra le due anime del Governo. L’una non potrebbe stare in piedi senza l’altra. La debole azione sociale del Governo non sarebbe sufficiente senza la narrazione razzista e securitaria. La politica razzista sarebbe nuda senza il volto “sociale” dato da di Di Maio.

 

(Grafico 2)

 

6. Nel suo nucleo centrale, la politica economica di questo Governo è la continuazione di quanto fatto da Berlusconi con una spruzzata di reddito di cittadinanza e una uscita pensionistica in più. Sul terreno dell’immigrazione e del securitarismo, invece, è la continuazione e l’approfondimento di quanto fatto dal Pd e da Minniti con una verniciata di retorica sovranista e antieuropea.

Torneremo con approfondimenti specifici sulle diverse misure del Governo, Qua ci limitiamo a riassumerne i tratti essenziali di quelle “economiche” e “sociali” (specchietto riassuntivo 2):

a) Il Decreto Dignità introduce alcune limitazioni alla precarietà, senza in verità toccarne il meccanismo fondamentale. Non viene impedito il turn-over: le aziende possono tenere meno tempo un lavoratore precario. Niente impedisce loro però di sostituirlo con uno nuovo. Le “causali” sono reintrodotte per i contratti precari superiori ai 12 mesi. I contratti inferiori ai 12 mesi è da tempo però in aumento. Il numero dei contratti sotto i sei mesi è passato da essere meno di un milione nel 2013 a più di 1,4 milioni nel 2017 (grafico 3).

 

(Grafico 3)

 

Non viene toccato il “contratto a tutele crescenti”. Non viene reintrodotto l’articolo 18. Vengono semplicemente aumentanti gli indennizzi in caso di licenziamento. Il lavoratore assunto a tempo indeterminato rimane licenziabile in qualsiasi momento. Perfino la Corte Costituzionale ha partorito una posizione più radicale, dichiarando anticostituzionale il contratto a tutele crescenti (nato con il Jobs Act, ma recepito di fatto nello stesso Decreto Dignità). In compenso vengono reintrodotti i voucher in agricoltura e turismo.

 

(Grafico 4)

 

b) mentre scriviamo, non sono ancora definiti i criteri della cosiddetta quota 100 in materia pensionistica. Appare chiaro tuttavia che la Fornero rimane fondamentalmente intatta e addirittura lodata nel Def (Documento di Economia e Finanza) del Governo. Quota 100 si prefigura come una misura una tantum. Il limite di età di 62 anni per accedervi penalizza i cosiddetti lavoratori “precoci”, banalmente quelli entrati nel mondo del lavoro subito dopo l’istruzione tecnica o dopo la terza media. L’assegno pensionistico viene comunque decurtato da un minimo del 2% ad un massimo del 20% (grafico 4), trattandosi di una “uscita anticipata” e non dell’abbattimento della Fornero.

c) Il reddito di cittadinanza si sta prefigurando come una carta prepagata non dissimile dalla social card di Tremonti, parametrata da una serie di condizioni, come nucleo familiare e casa di proprietà. Se poi andasse ad impattare sulla Naspi (indennità di disoccupazione) o sul Rei (Reddito di Inclusione sociale) saremmo di fronte a una semplice partita di giro della povertà. I contestuali progetti di Flat Tax e l’ennesimo condono ne farebbero ricadere il peso fiscale sul lavoro dipendente. Più che redistribuire la ricchezza, sarebbe una misura di redistribuzione della miseria. Il reddito di cittadinanza viene perso se si rifiuta un lavoro con un reddito che sia almeno l’80% di quello percepito in precedenza. Di lavoretto in lavoretto, da un 80% all’altro, questo meccanismo genererebbe una spirale salariale al ribasso.

d) Si aggiunga il resto: un vero e proprio condono fiscale, il mancato stop a Tap, Tav e terzo valico, l’immunità penale concessa ai nuovi proprietari dell’Ilva a Taranto, il condono sugli abusi edilizi a Ischia, l’autorizzazione allo sversamento dei fanghi nel decreto Genova, l’abbandono di qualsiasi velleità di nazionalizzazione di autostrade.

7. Nonostante tutto questo, la grande borghesia non si fida. Oltre alla bocciatura della manovra finanziaria da parte della Commissione Europea, ci sono diverse “spie” economiche che lo dimostrano. Da maggio ad agosto ci sono stati 1000 posti di lavoro bruciati quotidianamente (grafico 5). Nello stesso periodo gli investitori esteri hanno “scaricato” Btp italiani per 58 miliardi di euro. Una “fuga” che svaluta i titoli di Stato, con la conseguenza di erodere il patrimonio delle Banche italiane che ne possiedono buona parte.

 

 

(Grafico 5)

 

8. Ma cosa significa tale “sfiducia” del grande capitale? Niente a che vedere con la narrazione pentastellata del “Governo” inviso ai poteri forti. Né con la narrazione sovranista del Governo “del popolo” che si scontra con la tecnocrazia europea. Né siamo di fronte allo scontro tra il Governo “della piccola borghesia” e le istituzioni finanziarie del grande capitale. La borghesia comprende la natura instabile e transitoria del Governo. Ed è questo a preoccuparla. Sa di controllare l’esecutivo attraverso mille fili diretti e indiretti, ma è pervasa dal timore che i pruriti elettorali delle due compagini governative possano prevalere nel breve termine sugli interessi più generali del capitale.

9. Ci sono circa 200 aziende in Italia che superano il miliardo di euro di fatturato. Questi 200 “giganti” dominano sopra un mare di 6 milioni di imprese, di cui addirittura solo 1 milione deposita un bilancio. Si tratta di grandi gruppi legati all’export, profondamente dipendenti dal credito bancario. Sono i padroni della stampa, dei principali media e della cosiddetta “opinione pubblica”. Questo settore di capitale ha difficoltà a trasformare il proprio peso economico e il proprio monopolio dell’ “opinione pubblica” in legami politici organici. Non è un fatto della stretta attualità. Nel caso della borghesia italiana, si tratta addirittura di un problema storico. Semplicemente oggi si presenta in forma particolarmente acuta.

10.  Parte di questi gruppi aveva investito su un rapporto organico con il Partito Democratico. Il Pd però è avvitato in una crisi di cui non si vede la fine. La sua opposizione “liberista” al Governo, verniciata da un antirazzismo ipocrita e di pura facciata, non ha nessuna capacità di generare consenso. Anche qua non si tratta di un processo solo italiano. In Francia, Spagna, Grecia e Italia le cosiddette socialdemocrazie hanno perso 17 milioni di voti di 7 anni. Si tratta del portato inevitabile dell’appoggio alle politiche di austerità e dell’essere percepiti come campioni del cosiddetto “europeismo”.

11. La crisi del Pd, quella potenziale dei 5 Stelle, l’ascesa provocatoria di Salvini, l’imminente peggioramento dello scenario economico: tutto suggerirebbe la potenzialità oggettiva della nascita di una forza classista e radicale. Una potenzialità che può trasformarsi in atto, però, non sulla base della pura volontà soggettiva. Sono necessari ulteriori cambi nella coscienza della classe. Cambi che di solito sono determinati dallo scoppio di movimenti sociali e di classe di natura generale. Tuttavia non esistono solo fattori oggettivi a “ritardare” tale scenario. Esistono pesanti fattori soggettivi a giocare il ruolo di “freni inibitori”.

12. L’elettoralismo continua a dominare i gruppi dirigenti della cosiddetta sinistra radicale. Composizioni, ricomposizioni e divisioni sono determinate dall’incombere delle prossime elezioni europee. Il lavoro di radicamento sociale è citato in documenti e convegni. Forse praticato da qualche circolo periferico. L’orizzonte complessivo, però, dei partiti del cosiddetto “Quarto Polo” rimane l’elezione, la festa, l’appello, la firma, il referendum. L’organizzazione di correnti sindacali classiste nelle strutture sindacali esistenti, siano esse di base o confederali, non solo non è praticato. Non è nemmeno concepito. Il tutto in un momento in cui la burocrazia sindacale sbanda tra i giuramenti di fedeltà eterna al Pd e la luna di miele con Di Maio. Temi su cui torneremo con approfondimenti specifici.

 

Marxpedia

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.