Lo scorso sabato si è tenuto l’”Atto V” delle manifestazioni dei Gilet Gialli in Francia. Per la quinta settimana, i manifestanti sono scesi in strada a migliaia mentre la polizia ha bloccato intere parti di Parigi. Ciononostante, c’è stato un riflusso evidente rispetto alla settimana precedente. Può essere l’inizio della fine per il movimento? Proponiamo una lettura di Wladek Flakin, giornalista, storico e redattore di Klasse gegen Klasse, presente a Parigi negli ultimi giorni.


Sabato, l’eterno grigio dell’inverno di Parigi è stato nuovamente squarciato dal giallo neon dei gilet catarifrangenti. A pochi giorni dal Natale, molti negozi di lusso non mostravano le loro tradizionali graziose esposizioni – erano ricoperti da pannelli di compensato “decorati” da graffitti. La polizia antisommossa ha bloccato vaste zone della città, specialmente attorno agli Champs Elysee, dove gli scontri più duri hanno avuto luogo. Nonostante la repressione, i manifestanti, coi loro gilet gialli, sembravano in grado di apparire un po’ ovunque, bloccando il traffico. Il coro “ Gilets Jaunes partout” (“gilet gialli ovunque”) sembrava diventare realtà.

La giornata di sabato ha visto nuovamente duri scontri sugli Champs, che secondo la classe dominante francese sono il viale più bello del mondo. La polizia ha usato proiettili di gomma e lacrimogeni, così come agenti a cavallo, blindati e cannoni ad acqua per disperdere i gruppi di manifestanti. Hanno cercato pure di circondare qualsiasi gruppo che superasse le cento o duecento persone, arrestandoli a colpi di manganello e spray urticante.

Come la settimana precedente, diverse migliaia di persone si sono concentrate alle dieci di mattina alla stazione dei treni di St. Lazare, rispondendo all’appello dei realtà operaie, dell’estrema sinistra e dei movimenti antirazzista e LGBT. Ma questa manifestazione è stata immediatamente circondata e i partecipanti si sono dovuto dividere in piccoli gruppi per raggiungere altre parti della città. Un altro concentramento era nella piazza dell’Opera: qui, diverse migliaia di gilet gialli sono stati circondati da camionette della polizia e da blindati per ore.

Questo è stato l’Acte V, il quinto sabato di proteste, che ha visto un evidente declino rispetto alle due settimane precedenti. Il primo dicembre e l’8 dicembre, lo Stato francese ha di fatto perso il controllo di aree centrali di Parigi. Come la scorsa settimana, sono stati dislocati 89.000 agenti di polizia in tutto il paese, di cui 8.000 nella capitale. La borghesia francese ha mobilizzato il suo intere apparato repressivo di Stato per queste giornate.

 

Declino

In città come Tolosa e Bodeaux, le mobilitazioni sono state più grandi e determinate di prima. I media borghesi si sono concentrati sul declino del movimento a Parigi; un fatto innegabile rispetto al quale si possono individuare sei fattori:

1. Repressione

Mille persone sono state arrestate in Francia lo scorso sabato. Questa dura repressione ha reso più determinati alcuni, ma ha spaventato altri. Inoltre, centinaia di persone sono state fermate ai blocchi di polizia presso i caselli autostradali, bloccandoli prima che potessero arrivare alla capitale.

2. Terrorismo

Il governo ha usato gli attacchi terroristici al mercato di Natale a Strasbugo per fare pressione sui gilet gialli affinché cancellassero la loro manifestazione. L’ala più moderata del movimento ha acconsentito. Ma gli altri referenti dei gilet gialli questo cinico disegno: il concentramento in piazza dell’Opera è iniziato con un minuto di silenzio per i morti di Strasburgo così come per i gilet gialli uccisi durante le proteste.

3. Esaurimento

Dopo cinque settimane di manifestazioni semi-insurrezionali, blocchi del traffico in contemporanea negli incroci di tutto il paese, molti manifestanti sono fisicamente esauriti. Molti si sono presi le ferie, peggiorando la propria già precaria situazione economica.

4. Concessioni

Lo scorso lunedì, il presidente Emmanuel Macron ha tenuto un discorso offrendo concessioni secondarie, come un sussidio di Stato per una fascia di lavoratori che ha un guadagno mensile al di sotto del minimo salariale. Queste misure hanno prodotto uno sdegno quasi universale, ma la cancellazione della tassa sul carburante, che aveva dato il via al movimento, è stata sufficiente per alcuni manifestanti per giustificare il proprio ritorno a casa.

5. Tradimento

I gilet gialli hanno tentato di paralizzare alcuni settori dell’economia. Il passo successivo sarebbe stato quello di usare i metodi del movimento operaio e di lottare per uno sciopero generale. Ma le burocrazie a capo dei sindacati hanno evitato questa possibile evoluzione e, invece di convocare uno sciopero generale per connettersi coi gilet gialli, hanno chiamato un’innocua “giornata d’azione” che ha lasciato tutti insoddisfatti.

6. Meteo

Anche se sono maturate situazioni rivoluzionari in condizioni meteo ben peggiori, il fatto che questo sabato la temperatura fosse quasi di dieci gradi più bassa rispetto alla settimana scorsa, attorno allo zero, con una pioggia leggera per tutto il pomeriggio e la sera, ha sicuramente fatto da deterrente.

 

Referendum

Dobbiamo dunque concludere che il movimento è in declino? Macron potrà riprendere l’iniziativa? Il “presidente dei padroni” suscita un’avversione diffusissima. Il sistema presidenziale della Quinta Repubblica francese offre poche possibilità di ripiego: Macron ha davanti a sé quasi quattro anni di mandato, apparentemente senza alternative. Ma quale sarà la forza sociale che concretamente potrà farlo cadere?

Nonostante la loro determinazione, i gilet gialli non possono vince senza estendere il loro movimento. Per noi marxisti rivoluzionari, ciò significa combinare le istanze sociali con un programma democratico-radicale per mettere in questione da cima a fondo la Quinta Repubblica della borghesia francese. L’unico strumento per poter realizzare ciò è l’organizzazione di Comitati d’Azione che lottino per uno sciopero generale.

Nonostante le debolezze di Macron, che rimangono, il movimento dei gilet gialli potrebbe cadere vittima della propria stessa confusione. Uno slogan visibile ovunque sabato – scritto sui gilet e sui cartelli, e spiegato nelle interviste – è stato “RIC” o “Referendum su Iniziativa dei Cittadini”. Questa è una proposta elaborata da un attivista con legami con l’estrema destra per introdurre i referendum nazionali nella costituzione francese.

I referendum sono un metodo che sta a cuore agli autocrati e ai fascisti. Perché? Perché creano un’illusione di democrazia, trasformando la classe lavoratrice da gruppo sociale con una sua coesione a massa di “cittadini” atomizzati. Stando soli dentro un’urna o di fronte a un computer, si rimane alla mercé dei demagoghi di destra. Un numero importante di gilet gialli crede che i referendm, esprimendo la volontà della maggioranza del popolo, possano mettere fine al regime screditato, corrotto. Ma anche se fosse organizzato un referendum contro gli interessi dei capitalisti, chi ne applicherebbe l’esito? Macron forse?

Un programma democratico-radicale dovrebbe esigere un’unica assemblea legislativa, eletta da tutti i residenti nel paese dai 16 anni in su senza distinzioni di nazionalità. Quest’assemblea discuterebbe e deciderebbe su tutte le questioni fondamentali, senza riguardo per le precedenti costituzioni, indipendente dai giudici non eletti e dai funzionari di stato. Questo tipo di democrazia radicale renderebbe tutte le cariche di funzionario elettive (e richiamabili), eliminando tutti i privilegi e assegnando agli eletti il salario di un normale lavoratore. Questo tipo di democrazia radicale – e non un referendum aggiunto alla costituzione vigente – è ciò di cui i gilet gialli hanno bisogno per soddisfare le loro esigenze.

 

Rivoluzione nell’aria

Guardando la Francia da fuori. È facile pensare che questo sia l’ultimo movimento sociale di una lunga serie che scuote il paese due o tre volte l’anno. Si dice: ai francesi piace scioperare! Al momento, il numero dei manifestanti nelle strade non è paticolarmente alto, e il movimento operaio non ha fatto valere la sua forza.

Non è solo questione di gilet gialli: anche gli opinion leader della borghesia parlano costantemente del pericolo di una rivoluzione. La repubblica francese può rimanere salda solo tramite la repressione, ma l’esercizio di questa repressione sta perdendo qualsiasi legittimità agli occhi di larghi settori della popolazione. Sin dagli anni Settanti non ci sono state esperienze rivoluzionari nei paesi imperialisti centrali. Ora, la rivoluzione sta tornando nell’immaginario della classe lavoratrice.

In particolare, gli studenti francesi sono scesi nelle strade nelle ultime due settimane – 50.000 hanno “scioperato” in tutto il paese martedì scorso. Il loro movimento è partito con rivendicazioni contro il nuovo sistema di selezione in università, ma ora è infiammato dalla brutale repressione che ha dovuto sopportare. Una nuova generazione sta giungendo all’età adulta con poche illusioni sulla repubblica borghese. Ciò significa che, anche se Macron può sopravvivere a questa crisi e il movimento dei gilet gialli rifluisce, si stagliano all’orizzonte conflitti ancora più grandiosi. Ora è tempo di costruire una sinistra rivoluzionaria socialista che unisca i lavoratori e la gioventù – in Francia e in tutto il mondo.

 

Wladek Flakin

Traduzione da Klasse gegen Klasse

Nathaniel è un giornalista e storico freelance che vive a Berlino. Fa parte della redazione del giornale online Left Voice. Nathaniel, noto anche con il soprannome Wladek, ha scritto una biografia di Martin Monath, un trotskista combattente nella resistenza in Francia durante la seconda guerra mondiale, pubblicata in tedesco e in inglese. È nello spettro autistico.