Sabato pomeriggio si è svolta un’ampia manifestazione antirazzista a Milano dietro la sigla “People: prima le persone”: 200-250mila partecipanti secondo gli organizzatori, più realisticamente attorno ai 100mila.
Oltre un migliaio fra enti e associazioni, diverse centinaia di Comuni aderenti, le sigle confederali CGIL CISL e UIL, l’ANPI, le varie anime del vecchio centro-sinistra dal PD a LeU, questa la composizione della marcia contro il razzismo.
Stiamo parlando di una sfilata ricca di canti e balli ma povera di contenuti, dove emerge palese l’egemonia di un partito, il PD, assai scaltro nella gestione dei rapporti con le varie parti sociali. Queste finiscono con l’adeguarsi alle priorità del PD, tanto da esprimere un antirazzismo a corrente alternata: è evidente come per il decreto Minniti-Orlando (conversione dei CIE in Centri Permanenti per il Rimpatrio – CPR e loro ampiamento da 4 a 20, eliminazione secondo grado di giudizio per ottenere lo Status di rifugiato, lavoro non retribuito) le reazioni sono state molto più contenute, per usare un eufemismo, rispetto ai provvedimenti presi dall’attuale governo.


Gli appelli alla pace ed alla fratellanza, volutamente vaghi, non sono dissimili da quelli di un Angelus del Papa e, per quegli oppressi che vivono in prima persona il trauma del razzismo e della guerra, lasciano il tempo che trovano, a maggior ragione essendo stati risucchiati nello scatto finale della corsa dei tre candidati alle primarie del PD, vinte poi dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti, che ha annunciato subito di voler visitare i cantieri TAV come primo atto politico da segretario del partito: senza dubbio, un “lodevole” chiarimento del suo essere schierato con la classe dominante, contro le popolazioni locali che da decenni stanno lottando contro progetti infrastrutturali tanto faraonici quanto inquinanti e utili, se va bene, a pochi capitalisti. Peraltro, proprio il sì al TAV è un importante anello di congiunzione con l’altro attore sociale importante presente alla manifestazione, cioè la burocrazia dei sindacati confederali, schieratasi già compattamente per il TAV nella sua mobilitazione a Roma lo scorso 9 febbraio. Una convergenza che è tutt’altro che superficiale: sempre più esplicitamente la casta della burocrazia sindacale formula la sua necessità di salvarsi impegnandosi in un patto con lo Stato, i capitalisti e i loro partiti per spingere l’Italia verso un modello industriale più “sostenibile”: non tanto perché più “verde” o poco inquinante, quanto per una sua maggiore concentrazione di capitale e di investimenti, dunque con più ricerca, aziende più grandi, solide, competitive e finanziarizzate; il tutto, contro il modello grillo-leghista della salvaguardia delle piccole-medie imprese in un’ottica mercantilista del vivere di rendita sulle “eccellenze” dell’esportazione italiana.

Di fronte a questa santa alleanza tra burocrazia sindacale, PD, banchieri e confindustriali, si pone come problema fondamentale e urgente quello di sottrarre l’opposizione sociale, la lotta e la rabbia di sfruttati e oppressi dall’influenza diretta e dal controllo di questi soggetti, che hanno un disperato bisogno di allargare la propria base sociale per ricostruire una propria egemonia ideologica di massa e convincere in primis i lavoratori ad accettare nuovi sacrifici per costruire un nuovo “sistema-paese” vincente e conveniente… per i padroni.

Cosa c’entra la lotta contro il razzismo strutturale della società, contro il razzismo di Stato, con questi soggetti? Proprio nulla, e infatti, non a caso, Zingaretti nella sua corsa alla segreteria ha potuto incassare l’appoggio di Marco Minniti, l’ex ministro dell’interno PD organizzatore della nuova grande politica di contenimento degli sbarchi di immigrati dal Nordafrica d’intesa coi trafficanti e i carcerieri libici.

Al di là di tutti i discorsi “ideali” che possono fare questi personaggi, l’unica possibilità per portare avanti una reale lotta antirazzista è quella di basarla sull’indipendenza politica da questi soggetti che stanno tentando di porsi alla testa dell’opposizione “ufficiale” al governo. L’opposizione politica utile e necessaria per sfruttati e oppressi, per i lavoratori e le lavoratrici, per gli immigrati, per gli studenti è un’opposizione contro tutti i loro sfruttatori e oppressori, e non contro un solo settore di essi: il maggiore vantaggio per il nostro nemico è marciare alla nostra testa. Purtroppo, sabato a piazza Duomo, tanti di quei nemici erano sul palco.

 

Giacomo Turci

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.