Amanda Knox” è stato il documentario Netflix più atteso del 2016. A quasi 10 anni di distanza, il delitto di Meredith Kercher è ancora oggetto di forti discussioni e polemiche. Questo film non cerca di scagionare o condannare i protagonisti di questa vicenda, cerca solamente di fare ordine; cerca di ricostruire storicamente i fatti, dando un ruolo ad ogni persona coinvolta. Parlo di “ruolo” perché, come visto in un documentario analizzato in precedenza (Amy – The girl behind the name) anche Netflix crea decisamente un’atmosfera da film: da film lynchiano. Parliamo di stile lynchiano per vari elementi:

– La protagonista (Amanda Knox) presentata subito come “ragazza strana” e, soprattutto, come stereotipo della sana borghesia americana. Bionda, occhi azzurri, pelle chiara. Famiglia unita e buona studentessa. Improvvisamente appare il lato oscuro: Amanda si rivela una femme fatale, anaffettiva, mangiatrice di uomini. Una Laura Palmer carnefice. Quindi una “specie protetta” per l’americano medio, che non vede in Amanda lo stereotipo tipo della serial killer.

– L’amante\ complice (Raffaele Sollecito) presentato come il piccolo nerd che scopre improvvisamente il sesso femminile e che, quindi, risulta essere il complice perfetto, perché facilmente raggirabile.

– L’elemento esterno (Nick Pisa) il giornalista senza scrupoli che, grazie alla sua sfrontata sincerità, rivela il peso e l’influenza dei media in questo processo. Giornalisti il cui unico obiettivo era lo scoop e la prima pagina, e il cui unico interessa era Amanda.

La struttura narrativa mette subito in chiaro l’elemento più sconcertante di tutta questa vicenda, vale a dire l’ossessione per la presunta assassina (Amanda) che supera l’empatia e la preoccupazione per la vittima (Meredith). La Kercher sembra essere un personaggio di contorno, una comparsa, non una ragazza brutalmente uccisa per la quale si pretende giustizia. La stessa figura del pubblico ministero ( Giuliano Mignini ) pare essere talmente catturato dalla Knox ( e quindi da volerla condannare ad ogni costo ) da condurre le indagini superficialmente, proprio perché, in fin dei conti, ci si dimentica della ragazza morta in una stanza. Foxy Knoxy è l’assoluta protagonista. Durante le intervista frontale mostrata nel documentario, la Knox rivela la morbosa attenzione nei suoi confronti. Amanda ci guarda negli occhi, chiedendoci: “Cosa cerca la gente nei miei occhi? Cosa interessa davvero a tutti? Alla gente piacciono i mostri. “Abbiamo cercato il mostro in Amanda proprio per il suo essere Laura Palmer, perché Amanda non è Rudy Guede ( un uomo di colore con precedenti per furto, ed unico condannato per l’omicidio Kercher ) perché Amanda è come tutti noi. Sono simili anche le due nazioni coinvolte nel processo (Italia e USA ) pronte a giudicarsi per le azioni svolte dai rispettivi cittadini.
Un caso irrisolto dove i “colpevoli” sono molti di più del reo condannato.

 

Sabrina Monno

 

 

Nata a Bari nel febbraio del 1996, laureata presso la facoltà DAMS di Bologna e studentessa presso Accademia Nazionale del Cinema, corso regia-sceneggiatura. Lavora prevalentemente in teatro, curando reading di lettura e sceneggiature.