Spero con questo articolo di sollevare una questione che a sinistra credo debba spingere verso un dibattito, date le recenti acclamazioni alle posizioni papali da parte di tanti (perlopiù riformisti oppure rossobruni-fusariani).

Il cristianesimo, che in Italia siamo spesso abituati a conoscere nella sua variante di cattolicesimo, prima di essere una religione “rivelata” era una filosofia ascetica tardo antica e come molte filosofie ascetiche, al di là delle sfumature e delle possibili declinazioni e interpretazioni che si vogliono e si possono dare, conserverà sempre due tendenze fondamentali: mortificare il corpo tendendo a prediligere ad esso l’anima e promettere un aldilà che però non è da costruire a partire da questo mondo, essendo totalmente incompatibile con esso.

Questi due tratti di fondo caratterizzano il cristianesimo a prescindere dalle numerose controversie dottrnali che esso ha attraversato, ad esempio, nel corso de Medioevo, periodo sicuramente piu vivace di quello che spesso ci viene presentato. Insomma, sia che si creda che la verginità di Maria sia solo metaforica oppure che Gesu avesse solo natura divina o natura divina e umana, il finale non cambia. Il “cancro” rimane quello delle filosofie ascetiche.

E certo non è questa la sede per elencare le numerose conseguenze morali e politiche di simili presupposti, nel corso della storia passata e presente, variamente distribuite e variegatamente mascherate (maschilismo, sessuofobia ma anche vittimismo e fatalismo, tanto cari alla provincia italiana).

E’ però questa la giusta sede per affermare che il papa, nonostante piaccia a tanta sinistra riformista non è affatto l’alternativa. Un monarca a capo di una istituzione millenaria, sorta per circostanze storiche fortuite e ideologicamente retta da una filosofia ascetica, al di là di parole virtualmente condivisibili che pronuncia, non sarà mai l´alternativa così come non lo è l’atteggiamento “francescano” (aggettivo ultimamente di moda, a cui Grillo guarda caso ha vittimisticamente strizzato un occhio) [Grillo “Francescano” in marcia ad Assisi]. Il sentimento francescano e la carità cristiana suggeriscono, infatti, di soccorrere il migrante per pietà, lo assistono, gli salvano la vita ma non mettono in discussione -e spesso nemmeno denunciano- chi e cosa ha costretto il migrante ad essere tale, chi e per quali interessi domina questa società.

Sembra auspicare piuttosto ad un vago riformismo sociale, che è un riformismo del tutto illusorio del tipo “volemose bene” (siamo tutti umani e figli di Dio), lo stesso del Papa e di chi, anche e soprattutto a sinistra, lo segue. Abbiamo scritto già tanto sul perché questo riformismo, o meglio il Riformismo, è una pura illusione: non funziona. Non è col “volemose bene” cristiano infatti che si miglioreranno le condizioni di vita delle classi dominate, per un motivo banale: perché mai (o forse solo in pochissimi casi isolati) le classi dominanti fanno concessioni ai dominati, e questo lo dimostra l’intera Storia umana, il cui motore, se la si osserva realisticamente, sono le classi in lotta, una lotta quasi sempre e, in diversi gradi, violenta. E questo non implica certo il ridurre tutto al fattore meramente economico, significa solo che è quel fattore a determinare tutto.

Il problema del cristianesimo dunque non sono (solo) i preti pedofili o le istituzioni corrotte: è il cristianesimo stesso. Sento fare spesso appello ad un “cristianesimo originario”. Esso però non esiste, nel senso che se esistesse non potremmo conoscerlo data la distanza temporale e le numerose mani attraverso le quali sono passati i testi sacri. L’unico cristianesimo che possiamo conoscere è quello filtrato dalle fonti, a loro volta interpretate dalle diverse gerarchie ecclesiastiche (cattoliche e non). L’uguaglianza spirituale predicata dal cristianesimo è stata probabilmente rivoluzionaria nel contesto della società tardo antica in declino, una società fortemente diseguale non solo sul piano materiale ma anche su quello giuridico e “spirituale”. Oggi però, e già da diversi secoli, quel messaggio è stato ampiamente “superato” prima dalla società schiavistica-feudale e poi dalla società borghese, che oggi con la sua agonia impone un’uguaglianza di diverso tipo da quella cristiana, un’uguaglianza socialisteggiante.

Anche su questo si potrebbe discutere a lungo. Mi rendo conto di aver sollevato numerosi punti, ma su quest’ultimo tipo di uguaglianza mi limiterò a dire ciò: con uguaglianza socialista ovviamente non intendiamo conformismo dell’identità degli individui. Sento spesso dire “gli uomini non sono tutti uguali”. La mia risposta è gli uomini sono uguali alla nascita, ma poi smettono di essere uguali perché la divisione in classi e i diversi contesti in cui crescono li diversificano, ma li diversificano in maniera ingiusta. E’questo il punto. L’uguaglianza socialista è “diversificarsi” in una maniera più armonica, che metta cioè a frutto la reale pienezza degli umani, godendo e avendo accesso agli stessi beni dopo essersi disalienati dal lavoro e dal tipo di società che impone la classe dominante. Al contrario l’uguaglianza cristiana, così come la carità cristiana, è assolutamente fuori tempo, perché ignora le reali condizioni, che sono in primis materiali e non spirituali, della sofferenza umana, e anche quando confusamente le identifica non si pone mai il problema di risolverle con una rottura, finanche violenta, ma cerca sempre una conciliazione equa, ma quando (sempre piu spesso nell’agonia sistemica odierna) questa conciliazione non è possibile, essa è sempre a beneficio dei padroni.

Matteo Iammarrone

Redattore della Voce delle Lotte, nato a Napoli nel 1996. Laureato in Infermieristica presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora come infermiere.