La figura di Egon Schiele ha sempre trovato davanti a sè mille e mille ostacoli prima di poter arrivare al grande pubblico. Tra censura, tele e disegni dispersi e l’ombra più nota e maestosa del maestro Klimt, l’artista Egon Schiele sta vivendo, forse, solo ora il suo momento di massimo splendore e popolarità.
Un primo film sul pittore fu realizzato nel 1981: una pellicola dal titolo “Egon Schiele – Eccesso e punizione”, incentrata principalmente sui 24 giorni passati in carcere e sul rapporto con Wally Neuzil (interpretata da Jane Birkin). La pellicola del 1981 è ancora oggi “anonima”, forse perchè poco capace di arrivare al pubblico e di trasmettere la visione artistica di Schiele.

Detto ciò, nel 2017 esce “Egon Schiele – La morte e la fanciulla” (titolo che fa riferimento al noto quadro “La morte e la fanciulla” realizzato da Schiele nel 1915) distribuito in Italia dalla pugliese Draka Production. La pellicola è arrivata nelle nostre sale sotto forma di “evento speciale”, essendo disponibile solo in determinati giorni.

Il regista Dieter Berner ci racconta Schiele tramite la forma del biopic, un genere oggi molto in voga nel mondo del cinema. Sembra essere arrivato il momento di rendere grazie ed osannare le figure del passato, forse i registi percepiscono questo nostro periodo storico come un re-watch: un guardare indietro per riscoprire valori ed ideali incarnati da personaggi del passsato che potrebbero scuotere le menti delle nuove generazioni.
Parlando di giovani menti, ecco, davanti ai nostri occhi di spettatori sempre più voyueristi, il ragazzo Egon. Egon è un aspirante pittore ossessionato dal nudo e dalla figura umana. Lo conosciamo intento a creare disegni erotici di Gerti, sua sorella, con la quale ha un rapporto che sembra più volte sfociare nell’incesto in nome di una ricerca di un erotismo perduto o soffocato dagli schemi borghesi.

 

Cantami, o musa

Come ogni artista, Schiele necessita di una Musa, di una fonte sublime di ispirazione. Nel corso del film ne incontriamo diverse: Gerti, la ballerina Moa, Wally Neuzil e Edith Harms. Ognuna di queste figure femminili, rappresenta un esatto periodo della vita del pittore. Gerti rappresenta la giovinezza, il tentativo di un gruppo di aspiranti artisti di chiudersi in un appartamento per creare un loro personale movimento artistico (il Neukunstgruppe , boicattando gli insegnamenti dell’Accademia di belle arti. Moa è la Musa della trasgressione, la prima donna che incarna per lui le pose tipiche dei personaggi rappresentati da Schiele, tratte direttamente da fotografie di persone affette da psicosi, schizofrenia, epilessia. Schiele mostra la malattia mentale come una malattia del corpo, un corpo, paradossalmente, erotico.
Tornato nei pressi di Vienna, in piena Secessione, Egon mostra alcuni suoi dipinti al maestro Klimt, il quale, più volte, ammette che l’alunno supererà il maestro. Nello studio del Maestro, Egon incontra Wally. La Neuzil, già musa di Klimt, diventa musa e compagna di Schiele, trasferendosi nell’appartamento del giovane espressionista. Vivono insieme senza essere sposati, accolgono bambini e bambine, un via vai di donne e adolescenti governa la casa in campagna del pittore, vivono una vita decisamente lontana dagli schemi della borghesia. Schiele sempre ricerca nella figura del fanciullo un soggetto da poter rendere con il proprio stile. Inizialmente dipinge bambini figli di operai, ne mostra le sofferenze, gli stenti. Infine dipinge anche ragazze pre-adolescenti, erotizzandone le nascenti forme di donna. Dopo un falsa accusa lanciata da una 14enne ospitata dalla coppia, Schiele sarà incarcerato per stupro di minore e diffusione di materiale pornografico. Rilasciato dopo 24 giorni di carcere, dopo aver visto le autorità bruciare la maggior parte dei suoi ultimi disegni, Schiele e Wally si trasferiscono in un quartiere altolocato di Vienna.

 

Il fascino discreto della borghesia

Una volta arrivati nella capitale, lo stile di vita dell’anticonformista coppia attira l’attenzione delle sorelle Adele e Edith Harms, figlie di ricche commerciati viennesi. Entrambe le sorelle sono incredibilmente attratte da Egon, tuttavia la loro posizione da signore viennesi, impedisce loro di poter sedurre il pittore. Wally ed Egon si rendono presto conto delle morbose attenzioni delle sorelle e, inizialmente, prenderanno il tutto come un divertentissimo gioco, un’ennesima sfida alla ragione benpensante. Tuttavia, il mondo si affacciava alla prima guerra mondiale. Egon viene chiamato a “servire la patria”. Anche se contrario all’idea, l’artista decide, infine, di andare a Praga per l’addestramento di base. Sfortunatamente il diventare militare obbliga Schiele all’abbandono di determinati schemi anti-borghesi di cui la sua arte si era sempre nutrita. Wally non è la donna adatta a diventare la moglie di un soldato. I due si dividiono e Schiele decide, così, di sposare Edith Harms, una delle due ricche sorelle. Nutrito il suo lato borghese, il lato artistico inizia a risentirne. Edith si rifiuta di posare in un determinato modo per il marito, perchè non è eticamente corretto che un marito dipinga e mostri la propria moglie in pose erotiche e sessualmente esplicite. Wally muore a causa della febbre scarlatta, intenta a prestare servizio come infermiera in trincea.
La vita di Egon ed Edith verrà invece stroncata ad appena 28 anni dall’influenza spagnola.

In conclusione, il merito di questo film è quello di regalarci la vita di un artista, non “sprofondando” nel classico melò del pittore maledetto posseduto dai propri demoni. Schiele, senza ombra di dubbio, è sempre stato affascinato dai temi che l’allora nascente psicoanalisi stava portando alla ribalta. Ed è forse questo il lato che sempre ci è stato mostrato del pittore espressionista. Berner, invece, ci dà la possibilità di conoscere “l’uomo” Schiele, vittima della società, vittima della follia del padre (morto di sifilide quando Schiele era appena 15enne). Il caro social network conosciuto a noi come Facebook, recentemente ha censurato alcuni dipinti di Schiele, ritenendoli materiale inappropriato. È triste notare come molto non sia cambiato dal 1915.

 

Sabrina Monno

 

Nata a Bari nel febbraio del 1996, laureata presso la facoltà DAMS di Bologna e studentessa presso Accademia Nazionale del Cinema, corso regia-sceneggiatura. Lavora prevalentemente in teatro, curando reading di lettura e sceneggiature.