Cosa succede quando sei un figlio narcisista della classe dirigente che ha subito il fascino di una campagna mediatica virale? Succede che non ci pensi due volte a spendere lo stipendio annuale di un operaio ed a raggiungere un’isola deserta delle Bahamas per partecipare a quello che dovrebbe essere “l’evento più cool dell’anno”. Stiamo parlando del Fyre Festival, un festival della durata di un weekend per egocentrici e facoltosi giovani, con l’esibizione di gruppi musicali tra i più quotati, vitto e alloggio sopraffini e una location esclusiva. Come resistere dunque alla tentazione?

D’altronde è stato organizzato da un celebre rapper come Ja Rule, pubblicizzato da altrettanto celebri top model come Emily Ratajkowski, Bella Hadid e Hailey Baldwin, con la partecipazione poi di un gruppo come i Blink-182. L’isola stessa in cui dovrebbe avere luogo l’evento è stato un tempo proprietà di Pablo Escobar. Poi arrivi lì, e quello che ti trovi davanti è uno scenario degno de “Il signore delle mosche”. Ti avevano promesso ville e cibo da gourmet, ma vedi solo tende (di quelle che vengono solitamente usate in caso di disastro naturale) e cibo peggiore di quello che si può trovare nella mensa di un carcere. Di yoga, massaggi rilassanti e sport acquatici, inutile dirlo, nemmeno l’ombra.

E non è finita qui, perché tra le tende si aggirano branchi di cani randagi, il personale addetto alla security è capace di assaltare i partecipanti al festival e derubarli ed alcuni segnalano che il campo (è giusto chiamarlo così) è stato assaltato da alcuni abitanti delle Bahamas. Tentando di ritornare a casa, vieni rinchiuso nell’aeroporto insieme ad un altro centinaio di persone del tuo stesso ceto, senza acqua né cibo, e nemmeno un ricambio d’aria adeguato, tanto che alcuni cominciano a svenire.

È un assaggio di vita vera, bellezza. Una vita ingrata, squallida, che non accenna a migliorare, dove la tua esistenza stessa viene messa in discussione, che si tratti dei cani randagi o del precariato poco cambia. È quel tipo di vita a cui i tuoi genitori costringono le masse di sfruttati dei paesi sottomessi al dominio post-coloniale, attraversati da disoccupazione di massa, fame, carestia, guerra. Anche per loro l’unico modo per far terminare un incubo è quello di fuggire, l’analogia però finisce qua. Per loro si tratta di “viaggi della speranza,” di cui molti non vedono la destinazione, per gli agiatissimi figli delle classi dirigenti si tratta della prima classe di un aereo, o meglio ancora uno privato.

In molti sul web hanno irriso i soggetti protagonisti della vicenda, e questi hanno risposto asserendo alla gente che è stata male. Va però ricordato che, oltre a un week-end rovinato per i giovani rampolli, non si è consumata nessuna tragedia, nulla che ci obblighi moralmente a desistere dal fare battute a riguardo. Loro ci odiano, è odio di classe, ed è giusto che li odiamo anche noi.

Gabriele Bertoncelli

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