Il candidato premier M5S nella sua recente visita a Washington ha incontrato i dipartimenti di Stato, il Congresso, e persino il “ministro degli Esteri” del Vaticano Pietro Parolin anch’egli negli USA per incontrare il vicepresidente Mike Pence.
Scopo della traversata oceanica dimostrare che i grillini non sono una forza antisistema e che hanno già da tempo intrapreso un cammino “istituzionale” che infonde sicurezza e fiducia negli ambienti industriali e finanziari italiani ed europei: l’esatto opposto di quanto invece dichiarano quotidianamente alla stampa verso cui ostentano ancora un carattere ribelle, antisistema e “rivoluzionario”. Il candidato premier per convincere gli alleati americani si lascia andare in dichiarazioni programmatiche in materia fiscale, confermando quanto dicevamo da tempo sul conto del M5stelle: nella fattispecie Di Maio riferisce che per far correre l’economia è necessario “abbassare le tasse alle imprese” e “creare un po’ di deficit”.
Una ricetta economica tutt’altro che innovativa visto che Confindustria e la Marcegaglia, leader degli industriali europei, sono anni che lo sostengono a gran voce e difatti puntualmente ogni anno la manovra finanziaria comprende sempre agevolazioni e defiscalizzazioni per le imprese con tanto di detassazioni dei profitti per i padroni ingordi di capitale. Per quanto riguarda invece il colpo di genio “deficit” per far ripartire l’economia, il candidato premier anche qui ha le idee ben chiare che la voce delle lotte già aveva preannunciato: si parla di deficit per avviare gli investimenti, risorse che dunque andranno a pesare sulle tasche già vuote della classe lavoratrice, e quindi una duplice truffa: defiscalizzazione e quindi incentivo ad arricchire chi già è ricco, e aumento in previsione delle tasse e contributi per i lavoratori, pensionati, studenti.
Proprio un bel programma elettorale, degno dei cinque stelle!
Eppure dalle dichiarazioni di Di Maio non è mai uscita parola sui diritti dei lavoratori, sui danni e la beffa del debito pubblico e quindi il rifiuto di pagarlo unitamente agli interessi, né è uscita mai parola sul patto di stabilità che strangola i comuni rendendo impossibile la gestione pubblica dei servizi e favorendo la privatizzazione degli stessi. Tutto quello a cui si limita il rampollo di casa Casaleggio è chiedere all’Europa un po’ di respiro sui vincoli di bilancio, in pratica chiedere l’elemosina ai burocrati e banchieri europei: nulla di nuovo, cosa superata, visto che è quello che ha cercato di fare Renzi e ciò che vuole fare il Governo Gentiloni. Sfugge pertanto la dinamica “rivoluzionaria” di questo sedicente movimento politico il cui programma (semmai sia esistente) viene deriso persino dalla stampa borghese sostenendo che il M5stelle parla molto di imprenditori e poco di lavoratori. Ma quest’ultimi sono già più che coscienziosi rispetto alla natura reazionaria dei grillini, che alle ultime elezioni ad Ostia hanno già registrato una vittoria di Pirro con un picco di votanti (circa il 30%) che si sono portati alle urne. La realtà è che non esiste allo stato attuale un partito di massa che rappresenti la classe lavoratrice, i pensionati, gli studenti e gli immigrati, ed è in questo spaventoso vuoto di rappresentatività che stanno entrando in scena forze xenofobe e fasciste.
Il compito della politica, quella con la P maiuscola pertanto deve essere quello di colmare quel vuoto, iniziando dalla classe lavoratrice stessa, attraverso la costruzione di un fronte unico dei lavoratori partendo dal coordinamento intersindacale di classe unificando tutte le micro vertenze sparse per il territorio, per un orizzonte rivoluzionario, per un governo dei lavoratori che il movimento a 5 stelle non potrà mai garantire.


Paolo Prudente

 

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