Lo scorso 25 luglio, senza troppo entusiasmo, i tunisini si sono espressi per una nuova costituzione iper-presidenzialista che ha preso il posto di quella emersa dalla cosiddetta ‘transizione democratica’, cominciata nel 2011. Tale passaggio ha rappresentato l’esito di un processo di irrigidimento autoritario segnalato l’estate scorsa dal colpo di mano del presidente Kais Saied, il quale ha sciolto il parlamento per centralizzare il potere nella sua figura con la scusa di ‘salvare il paese’ dal “totalitarismo islamista”. Forza di maggioranza relativa lungo tutto l’ultimo decennio e autori di politiche neo-liberali in combutta con l’imperialismo e la borghesia compradora locale, gli islamisti di Ennadha sono in effetti tra i principali responsabili  della crisi economica che affligge la Tunisia. Il fondo politico della svolta ‘bonapartista’ è però quello di usare il pretesto della minaccia islamista per mettere una parola fine alle lotte operaie e sociali, che hanno ostacolato le politiche di austerità e pro-capitaliste durante l’ultimo decennio; questo, in un contesto come l’attuale in cui l’enorme debito estero del paese preme per un nuovo accordo con l’FMI, volto a congelare i salari dei dipendenti pubblici. Anche se la forza dei movimenti ha per ora impedito una generalizzazione su vasta scala della repressione, quest’ultima non sta infatti risparmiando gli esponenti democratici e le lotte sociali e operaie: solo questa settimana 5 lavoratori della Selecta (una grande impresa di Tunisi) sono stati messi sotto processo per via della loro attività sindacale. Negli stessi giorni,  un grave episodio di repressione coinvolgeva Amel Aloui, riconosciuta esponente della società civile progressista in Tunisia; episodio significativo per comprendere la posta in gioco nel paese, in quanto la repressione vede uniti gli apparati di stato e gli islamisti, a vantaggio dei capitalisti. Riceviamo e volentieri pubblichiamo la seguente segnalazione da parte di un compagno tunisino.


La sindaca della città di Tabarka, una città costiera della Tunisia al confine con l’Algeria, è stata arrestata all’inizio di questa settimana e si trova tutt’ora privata della sua libertà, dopo il rinnovo della carcerazione preventiva approvato giovedì.

Amel Aloui, è un’attivista politica di sinistra fin dall’epoca della dittatura di Ben Ali, quando era un’esponente di punta del movimento studentesco progressista, l’ Union Generale des Etudiantes Tunisiennes (unione generale degli studenti tunisini).

5 mesi fa, Amel è stata eletta sindaco grazie a una campagna che ha visto protagonisti i sindacati e le reti della sinistra radicale, riuscendo a spuntarla sugli islamisti di Ennadha. Fin da subito, la ‘prima cittadina’ è stata oggetto di campagne volte ad ottenere le sue dimissioni dalla carica di sindaco. Il partito Ennahdha, tutti i ‘contrabbandieri’ della città e i loro associati, i sindacati dei giudici e della polizia hanno minacciato più volte Amel e le hanno chiesto di dimettersi.

Questo non sorprende: ciò che ha caratterizzato il suo mandato  è stato il contrasto alla corruzione che affligge la gestione delle proprietà pubbliche. In questo solco, la sindaca ha emesso più di 200 ordini di demolizione contro costruzioni illegali costruite su terreni comunali e sul demanio marittimo, dove prima spadroneggiavano progetti di speculazione edilizia legata al turismo. Le sue azioni hanno riguardato anche gli astronomici debiti fiscali nei confronti dell’amministrazione di decine di commercianti e imprenditori (prima coperti e sostenuti da Ennahdha) ai quali è riuscita a imporre il pagamento delle tasse e in particolare quelle per occupazione del suolo pubblico, riuscendo a ridurre considerevolmente il deficit del comune senza contribuire all’impoverimento delle masse marginalizzate.

È dunque ridicolo il pretesto con cui la sindaca è stata arrestata: il via libera a un gruppo di disoccupati per affittare qualche ombrellone sulla spiaggia, in eccesso – secondo la polizia – rispetto al numero di permessi consentiti.

L’accusa è stata prontamente rigettata dall’UGTT(Unione Generale des Travailleurs [il principale sindacato tunisino n.d.t.]) di Tabarka e dalla Ligue Tunisienne des Droits de l’Homme (storica associazione democratica tunisina), insieme alle reti della società civile progressista e della sinistra radicale.

(video del sit-in che ha avuto luogo ieri a Tunisi)

Queste ultime, in particolare, si stanno battendo per la liberazione di Amel, organizzando ieri 13 agosto un sit-in a Tunisi, in vista di una grande manifestazione lunedì 15 agosto nella città di Tabarka. Chiediamo a tutti i nostri amici democratici e progressisti in tutto il mondo di mostrare la loro solidarietà ad Amel Aloui e alle lotte sociali e alla sinistra radicale in Tunisia.


Salem Ben Yahia

 

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