Nelle stanze del potere, da quelle grandi del parlamento a quelle più piccole dei consigli comunali, si sta portando avanti una guerra contro la libertà delle donne. Usando la violenza delle leggi e della forza autoritaria, il consiglio comunale di Verona ha approvato una mozione che la dichiara ufficialmente «città a favore della vita» riservando esplicitamente parte del bilancio comunale ad un «congruo finanziamento», recita letteralmente il testo della risoluzione, a progetti anti abortisti di diverse associazioni pro-life.

A questo sopruso decine di donne del gruppo Non Una di Meno hanno provato a rispondere contestando i lavori del consiglio, subendo però lo sgombero dall’aula consiliare e venendo trattenute nell’androne private dei documenti.

Per comprendere la gravità dell’attacco diretto in particolar modo alla legge 194 da parte della Lega, nella persona del consigliere Zelger, ma con la complicità delle altre forze di governo – da segnalare infatti che la mozione, approvata con esito di 21 voti a favore e 6 contrari, ha visto l’appoggio persino della capogruppo del PD Padovani – riporteremo qui alcuni punti del testo della mozione che ci sembrano particolarmente rilevanti.

Falsificando e distorcendo arbitrariamente la realtà la posizione sostenuta nella mozione è quella del fallimento, in questi 40 anni, della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza quando in realtà è stata proprio la sua mancata applicazione e la presenza dell’art. 9 sull’obiezione di coscienza a far sì che non si siano raggiunti gli obiettivi sperati con la sua emanazione. .

Il testo recita in uno dei suoi punti: “L’obiezione di coscienza all’aborto è molto alta in Italia, circa il 70 per cento, a prescindere dalla visione antropologica degli operatori,  a conferma dei conflitti di coscienza che pone la soppressione di una vita.  L’obiezione di coscienza è garantita dall’art. 9 della legge 194 e non ostacola in alcun modo l’accesso all’aborto; ciò nonostante è oggetto di pressione da parte di gruppi ideologizzati“.

Se non fosse tragico perché in ballo ci sono le vite di milioni di donne quanto è scritto risulterebbe davvero comico. L’obiezione di coscienza, che in alcune regioni italiane supera il 90 per cento rendendo di fatto impossibile l’aborto -soprattutto per chi non può permettersi i costi di una clinica privata -, è dovuta all’intromissione di questioni religiose nell’ambito della sanità pubblica e non ai “conflitti di coscienza” del medico che sarebbe tenuto comunque a rispettare la libera scelta della donna.
Ci sono paesi in Europa, come la Finlandia, dove l’obiezione di coscienza non è contemplata dalla normativa, o altri, come il caso della Gran Bretagna dove la percentuale di obiettori raggiunge non più del 10 per cento; dovremmo supporre seguendo la stessa logica proposta nella mozione che in questi paesi i medici sono spietati, privi di scrupoli e principi etici   ma la realtà è che in questi paesi viene rispettato ed attuato il principio della laicità dello Stato, non subiscono le conseguenze dell’ingerenza diretta della Chiesa in ambiti della vita ad essa non inerenti  e  che, tantomeno, devono fare i conti con una  notevole arretratezza nel processo di “secolarizzazione” della cultura e dell’istruzione.

Il testo continua sostenendo che la 194 “ha contribuito ad aumentare il ricorso all’aborto quale strumento contraccettivo e non ha affatto debellato l’aborto clandestino>> e che  << gli aborti legali effettuati dal 1978 ad oggi sono circa 6 milioni, senza contare le uccisioni nascoste prodotte da pillole abortive e dall’eliminazione di embrioni umani sacrificati nelle pratiche della procreazione medicalmente assistita“.

Le cose stanno esattamente al contrario di come descritte. Ricordiamo che è ormai un dato di fatto che lì dove la legge sull’aborto è più aperta si ricorre meno all’aborto clandestino. Se non si è riusciti a ridurre a  percentuali minime l’aborto e debellare quello clandestino qui in Italia è dovuto non solo all’elevata percentuale di obiettori di coscienza che, come stato già detto, vanifica l’esistenza della 194 ma anche alla demonizzazione della prevenzione, basti pensare alle posizione sull’uso del preservativo,  portata avanti dalla propaganda cattolica e dalle associazioni pro life e anti abortiste.

E’ inoltre evidente la criminalizzazione sottesa nella tremenda espressione <<morti nascoste>> nei confronti di quello che è solo un metodo per abortire più semplice che reca danni minori e riduce il rischio di complicazioni ovvero l’impego della Ru486 a cui in Italia è più difficile ricorrere rispetto a molti altri Paesi Europei. Ancora una volta, infatti, l’Italia è fanalino di coda: nel nostro Paese solo il 15 per cento delle interruzioni di gravidanza avviene in modo incruento con la Ru486 contro il 93 in Finlandia e il 57 in Francia, in quest’ultima nazione in particolare anche i medici di famiglia possono dispensare i farmaci per l’aborto farmacologico che nel 2005 l’Organizzazione mondiale della Sanità ha inserito nella lista delle medicine essenziali per la salute.

A tutto questo si aggiunge la scarsissima se non inesistente campagna di educazione sessuale reale ed ampiamente fruibile, che possa raggiungere cioè anche donne con scarsa istruzione e capacità economica.

Gravissimo è il seguente punto della mozione che ribaltando la realtà dei fatti sostiene che in Italia “viene ostacolata l’opera dei volontari che vogliono informare le donne su possibili alternative : aiuti economici, assistenza psicologica, ricerca di un lavoro“.

La gravità di una tale affermazione sta nel fatto che viene implicitamente espresso e messo in atto, dalla giunta comunale, il tentativo di sostituire attraverso l’attività di volontari provenienti proprio da quelle associazione pro-life che, ricordiamo, con l’approvazione di questa mozione verranno direttamente finanziate dal comune, lo strumento preposto al supporto delle donne che vogliono abortire o hanno bisogno di aiuto anche in caso di violenza ovvero i consultori.

Assistiamo infatti ormai da anni alla progressiva diminuzione del numero di consultori a causa della riduzione di fondi ad essi destinati; sopravvivono a stento dopo essere finiti nel mirino dei tagli della sanità pubblica e schiacciati dalla drastica riduzione del personale. Gli operatori, infatti, sono spesso costretti a ruotare su più strutture e, se mancano, può capitare che il consultorio intero chiuda.

Il risultato? Sempre meno servizi per gli utenti. Liste di attesa sempre più lunghe. Così le donne non utilizzano più i consultori e sono costrette a rivolgersi al privato.

Pensare che secondo la legge n. 34/96 dovrebbe esserci un consultorio familiare ogni 20.000 abitanti. Ma la realtà è molto lontana da questo obiettivo.

In più le alternative qui millantate sono miraggi se non vere e proprie bugie. La percentuale delle donne che hanno accesso al mondo del lavoro è una delle più basse d’Europa, i loro stipendi sono inferiori a quelli degli uomini e spesso la maternità è causa di licenziamento  e fino ad ora il governo di Lega/M5s  non sembra voler fare niente per risolvere queste problematiche al contrario il senatore Pillon ha chiaramente espresso la volontà di impedire qualsiasi possibilità alla donna di potersi autodeterminare: la donna deve essere madre, non ha altre possibilità di scelta.

A fronte di tutto ciò oltre a rivendicare l’eliminazione degli obiettori di coscienza dalla sanità pubblica, la semplificazione dell’accesso all’aborto farmacologico rendendolo possibile anche fuori dagli ospedali, nei consultori e in ambito ambulatoriale, nonché la gratuità dei mezzi di contraccezione;  oltre a rivendicare l’aborto garantito, sicuro e gratuito per tutte, maggiori finanziamenti ai consultori e la garanzia di un loro pieno funzionamento, rivendichiamo anche l’impossibilità di una piena emancipazione della donna nello Stato borghese e quindi il suo superamento.

Lo Stato borghese infatti si basa su una divisione del lavoro per cui la donna è quella che deve restare a casa e occuparsi della famiglia. Secondo prospettiva la donna, così facendo, ubbidirebbe solo ad una propensione naturale, come quella di fare figli,  ma in realtà il ruolo impostole è non solo la riproposizione all’interno del nucleo familiare del rapporto tra oppressore e oppresso che caratterizza  l’intera società  borghese ma è per questa stessa società una necessità;  Lo Stato borghese e con esso il capitalismo infatti può in questo modo non pagare i costi per  la riproduzione della forza lavoro che vengono forniti gratuitamente dalla donna, “angelo del focolare”, attraverso il lavoro domestico e di cura gratuito in modo da massimizzare i profitti per il capitale stesso. Sottrarre la donna all’imposizione di questo ruolo attraverso la socializzazione del lavoro di cura sarà quindi un grande passo verso la piena emancipazione della donna.

Michele Sisto

Fonti
www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl
www.greenme.it/approfondire/speciali-consultori-crisi
espresso.repubblica.it/attualita/aborto-la-pillola-negata-l-italia-come-sempre-e-fanalino-di-coda
www.adnkronos.com/salute/sanita/obiezione-coscienza-com-regolata-italia
www.liberoquotidiano.it//Abortisce-da-sola-nei-bagni
www.ilsole24ore.com//occupazione-record-le-donne-ma-l-italia-resta-penultimo-posto-europa

 

Redattore della Voce delle Lotte, nato a Napoli nel 1996. Laureato in Infermieristica presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora come infermiere.