Domenica 21 giugno sono oltre duemila le persone scese in piazza IV Novembre a Perugia rispondendo all’appello delle Rete umbra per l’autodeterminazione: un notevole successo che è solo l’inizio della protesta per reclamare il diritto alla pillola abortiva (la Ru486) in day hospital e a domicilio, e non con un ricovero di tre giorni come ha deciso la giunta regionale dell’Umbria, guidata dalla governatrice leghista Donatella Tesei, con una delibera del 10 giugno. Un caso ormai nazionale, che interroga l’intero sistema sanitario sull’effettiva applicazione della legge 194.

Marina Toschi, ginecologa in prima linea nell’attività dei consultori, è intervenuta al microfono in questa manifestazione perugina. «Ci sono tante donne di cui ho seguito le gravidanze, che ho aiutato a scegliere rispetto alla contraccezione», spiega. Romana, Toschi si è trasferita nell’81 a Orvieto per lavorare nei consultori da specializzanda (non era possibile farlo nel Lazio). E da allora non se n’è più andata. Fa parte della Rete italiana contraccezione e aborto (Rica) Pro-choice.

Pubblichiamo un’intervista a Marina a cura di Federica Nardi.


Come ci si sente a vedere i diritti che retrocedono, dopo averli già conquistati?

Ma i diritti sono tanti anni che sono retrocessi. Le ragazze della tua età se li sono fatti levare. Sono cattiva con le ragazze, perché molto spesso hanno trovato “fatto” pensando che fosse per sempre. I diritti non sono per sempre. Io mi ci trovo bene perché ho cominciato che era vietato – bisognava andare a Londra per abortire – quindi continuo quello che ho sempre fatto. Sono contenta per certi versi che la giunta Tesei abbia scatenato questa confusione perché ha fatto vedere un problema che esisteva. Ma che non era notiziabile. Troppe volte abbiamo provato a parlarne ai giornali, ad Aifa, come rete italiana Rica Pro choice, ma non c’era verso. Non c’era interesse, non era importante. Ora è diventato un argomento politico. La Lega lo usa come politica per affermare un ritorno agli antichi valori che magari poi fossero veri…perché poi magari le stesse persone “travestite” ti vengono a chiedere l’interruzione di gravidanza. O ti vengono a chiedere la contraccezione…

Per imporre il ricovero hanno usato come “grimaldello” le linee guida del ministero. Sembra un controsenso

No, non lo è. È un controsenso che un governo “di sinistra” tenga ancora queste linee guida assolutamente arretrate da un punto di vista scientifico, fatte in epoca Berlusconi nel 2010 e che non hanno nulla a che fare con quello che dice il Royal College, il Collège National des Gynécologues et Obstétriciens Français, cioè tutto il resto del mondo va in un’altra direzione. Noi siamo fermi a dieci anni fa. Noi siamo molto più indietro dell’Irlanda. Lì lo possono fare fino a 9 settimane i medici di famiglia a casa. Noi stiamo che si deve fare per forza così e di fatto non c’è.

In Umbria?

In Umbria non ci sono ospedali che fanno la Ru. Questo è il tema. Magari le aprissero le stanze per le donne, anche belle, con la filodiffusione e l’aria condizionata. A Perugia c’è ospedale di insegnamento. Non si impara nemmeno come si mette una spirale. Perché? È una delle domande che ci siamo fatte all’inizio della manifestazione.

Perché ci guadagna qualcuno?

In Umbria era pieno di “cucchiai d’oro” (i medici che praticavano l’aborto clandestino, ndr). Grandi ginecologi che apparentemente erano contrari, di fatto nei loro studi professionali facevano tutti gli aborti però a pagamento. Allora quando è a pagamento tutti con la doppia morale. Siccome è ben pagato lo faccio e non lo dico. Quando è subentrata la legge queste stesse persone sono diventate tutti obiettori e obiettrici. Noi che li facciamo da non obiettori in genere siamo anche molto poco remunerati. E questa è una delle ragioni per cui c’è tanta obiezione. Perché noi facciamo una fatica in più degli altri. Magari non possiamo andare in ferie o abbiamo un turno il sabato mattina. E spesso non prendiamo niente in più. Abbiamo solo uno stigma sociale di essere “quella zozzona che fa gli aborti”. Quindi perché un giovane dovrebbe mettersi a fare questa cosa? Più facilmente si occupa di procreazione medicalmente assistita che rende meglio, “faccio nascere i bambini”. Non “li uccido” come dice Pillon.

Qual è la ricetta per riprendersi i diritti? La piazza?

Sì. Che le giovani capiscano quello che sta succedendo. Che capiscano che sono in Europa per modo di dire rispetto ai diritti sessuali e riproduttivi. Non c’è neanche il diritto all’educazione sessuale nelle scuole. Qui non ci fanno più entrare nelle scuole. C’è stata la propaganda “no gender” per cui è uscita la campagna che diceva ai genitori: attenti, non fate parlare quelli dei consultori con i vostri bambini perché gli insegnano la masturbazione, a diventare gay. Ma i ragazzi poi guardano youporn. È quella la sessualità che imparano. Dicono che ci devono parlare i genitori. Ma quanti sono quelli che ci parlano con i figli? Ce ne sarà uno su dieci. Ben venga, ma non farà male sentire anche un’altra campagna. Il consultorio dà informazioni.

Tornando alla manifestazione, un grande tema è quello di una donna che toglie diritti alle donne. Non basta quindi avere le donne al potere per tutelare almeno quello che c’era.

Quando le donne sono delle persone in mano a delle altre è chiaro che “sei donna” solo per simbolo ma non per realtà. Non sa nulla la Tesei, come ha dimostrato nelle sue interviste con Michela Murgia. Non sa né quanti obiettori abbiamo, né se i consultori sono aperti, né se ci sono ospedali che lo fanno. Non ne ha la minima idea. Ha firmato una delibera, quella della Fase 2, in cui diceva una cosa che poi si è rimangiata. Perché qualcuno l’ha chiamata forse e le ha detto: che cosa hai fatto? Comunque ripeto. Non è lei il tema. Il tema è il governo nazionale. Che non fa. Loro devono fare. Il ministro Speranza, l’Aifa, il Css devono cambiare questa situazione ridicola per tutta Italia. L’Umbria non è niente.

Nelle Marche la situazione è ancora diversa…

Nelle Marche avete Senigallia. Però avete anche le Aree vaste. Per cui a Senigallia te lo fanno, se sei del comune accanto non te lo fanno. Allora questo è il servizio sanitario nazionale? No. È ridicolo. Ben venga chi si è dato da fare ma non è possibile sperimentare 30 anni. Ma che vogliamo sperimentare, una cosa che c’è da sempre? Quando ero studentessa in medicina, in Svezia, negli anni ’70, stavano facendo i primi esperimenti. Quella era sperimentazione, 40 anni fa. In Italia sono passati al contrario. Perché la legge una volta ottenuta va applicata. La legge 194 non è applicata. Non ci sono i contraccettivi gratuiti, non ci sono gli ospedali che effettivamente danno il servizio. Non ci sono i consultori aperti. Questo è il tema, non la Tesei.

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