Il risultato elettorale in Germania ha portato alla ribalta Alice Weidel, leader del partito di estrema destra AfD (Alternativa per la Germania).


Alice Weidel fa parte della nuova generazione di leader di destra come Marine Le Pen in Francia o Giorgia Meloni in Italia, tra gli altri, che hanno modernizzato e ampliato la portata dei loro partiti in un contesto di polarizzazione sociale e politica. Queste nuove leader non sono più così dissonanti, anche se si allontanano dai tradizionali ruoli di genere incoraggiati dai loro partiti e i loro discorsi di solito non si concentrano sul vecchio profilo conservatore di donna, madre e casalinga. Forse l’eccezione è la premier italiana che ha fatto appello al suo ruolo di madre (tra i suoi slogan di campagna c’erano “sono donna, sono madre, sono cristiana” e “a favore della famiglia naturale e contro la lobby gay”).

Cosa ci fa una lesbica qui?

Dottoressa in Economia, si definisce agnostica ma difenditrice dei valori cristiani, il dato che ha attirato nuovamente l’attenzione è che Alice Weidel è apertamente lesbica. Dal 2019 risiede in Svizzera con la sua compagna Sarah Bossard (regista dello Sri Lanka naturalizzata svizzera) e i loro due figli adottivi.

Weidel guida un partito apertamente xenofobo, che si oppone al matrimonio tra persone dello stesso sesso, difende la “famiglia tradizionale” e cerca di impedire qualsiasi estensione che consenta alle coppie omosessuali di adottare. Non si oppone a nessuna di queste politiche, anzi sostiene la definizione di famiglia come “madre, padre, figli” e ritiene che non sia importante riconoscere il diritto delle persone omosessuali a sposarsi. Crede che i migranti siano “burqa, ragazze con il velo, uomini armati di coltello che ricevono sussidi dallo Stato e altre persone che non servono a nulla”.

È stata analista di Goldman Sachs e ha dichiarato più di una volta di essere ammiratrice di Margaret Thatcher, affermando che è uno dei suoi modelli di riferimento. Pur ammettendo che non avrebbe senso smettere di usare l’euro come moneta per motivi pratici, aderisce all’“euroscetticismo” come gran parte della destra del continente. Suo nonno, Hans Weidel, fu un giudice nel regime nazista.

Il genere, l’identità e l’orientamento sessuale non definiscono le politiche che una persona difende. Tuttavia, in Weidel si presenta come un apparente contraddizione (lo è all’interno della sua stessa parte e per molti mezzi di comunicazione perché questi profili sono stati storicamente associati all’arco del “neoliberismo progressista” (anche se la maggior parte di questi partiti relegano le richieste femministe e di diversità a determinati momenti della campagna e alla funzionalità in agende economiche neoliberali).

Uno degli aspetti che caratterizza il suo profilo è l’islamofobia (denominatore comune delle destre europee). Durante la convention di Colonia, nel pieno della sua ascesa alla direzione del partito, ha fatto scalpore la frase “come donna, voglio poter prendere l’ultimo treno senza paura”. Non è stato casuale né innocente: alla fine del 2015, in quella città sono stati denunciati casi di aggressioni sessuali e stupri contro giovani tedesche, per i quali sono stati incolpati immigrati, senza una sola prova, per il loro aspetto fisico. Non è stata né l’unica né la prima, Marine Le Pen aveva già usato il fantasma dell’immigrazione come una minaccia ai diritti delle donne: “Temo che la crisi migratoria segni l’inizio della fine dei diritti delle donne (…) Su questo, come su altri temi, le conseguenze della crisi migratoria sono prevedibili”.

Questa formula è inclusa anche in ciò che la teorica queer Jasbir K. Puar ha definito omonazionalismo, “fondamentalmente una critica di come i discorsi sui diritti liberali di lesbiche e gay producono narrazioni di progresso e modernità che continuano a garantire ad alcune popolazioni l’accesso a forme culturali e legali di cittadinanza, a scapito della parziale e totale espulsione di tali diritti da altre popolazioni”.

Genere e politica

Un altro dato sorprendente delle elezioni tedesche è stato la percentuale di giovani che hanno votato per il partito Die Linke (La Sinistra). È stato il partito più votato tra i giovani tra i 18 e i 24 anni con il 25%, ed è stato il primo partito a Berlino. Il divario è ancora maggiore tra le giovani donne, dove Die Linke ha raccolto il 34% dei voti. Questo divario si è già verificato in altre elezioni e ha messo in evidenza molteplici forme in cui si combinano discriminazioni e mandati (l’impatto specifico della precarietà per gli uomini chiamati a “fornire” o le doppie esigenze per le donne nel mondo del lavoro e in famiglia, le tensioni tra lavoro e cura, tra molti altri problemi). Non esiste una spiegazione unica per questo fenomeno, tuttavia conferma che le scelte politiche hanno molto più a che fare con l’esperienza nelle società capitaliste e con il modo in cui la maggior parte delle donne e delle persone LGBT+ vivono, che con la genetica, l’orientamento sessuale o l’identità.

Nel capitalismo, le radici dei problemi che colpiscono la maggior parte delle donne e delle persone LGBT+ sono nella disuguaglianza sociale. Ecco perché le forze per difendere i nostri diritti, per stringere alleanze e rivitalizzare la nostra lotta contro l’oppressione non hanno a che fare con la biologia, sono sociali e politiche.

 

Celeste Murillo

Traduzione da La Izquierda Diario

 

Nata a Buenos Aires nel 1977. È traduttrice e studiosa di storia. È militante del Partito Socialista dei Lavoratori (PTS) e del gruppo Pan y Rosas. Come  giornalista si occupa di cultura e genere nel programma radiofonico El Círculo Rojo. È stata responsabile dell’edizione in castellano de La mujer, el Estado y la Revoluciónde Wendy Z. Goldman e ha contribuito a Luchadoras. Historias de mujeres que hicieron historia (2006, reedición 2018).