Da stasera, 6 luglio, a domani sera, macchinisti e manutentori mettono in campo un altro sciopero, questa volta però – significativamente – si mobilitano nello stesso giorno. Quali sono le ragioni della vertenza? Perché è importante sostenerla contro i tentativi di media e governo di isolare i ferrovieri? Domande la cui risposta interessa i tutti i lavoratori, ma anche i giovani e gli studenti impegnati nel movimento pro-Palestina.
Questo weekend, dalle ore 21 di sabato 6 luglio alle 21 di domenica 7, macchinisti e personale di bordo FS (Ferrovie dello Stato) scioperano insieme ai manutentori RFI (Rete Ferroviaria Italiana). Si tratta di un’iniziativa importante, una data di mobilitazione unitaria – dopo quelle del 12 febbraio e del 17 maggio – delle categorie di ferrovieri, le cui rivendicazioni sono affini.
I macchinisti e il personale di bordo hanno costruito a partire da oltre 3000 questionari distribuiti tra i 16.000 lavoratori dei treni una piattaforma molto avanzata, i cui punti principali sono la riduzione dell’orario di lavoro a 36 ore, l’incremento dei riposi notturni e settimanali, e aumenti di stipendio. Mentre negli ultimi 20 anni i ritmi sono aumentati in maniera forsennata, i salari sono rimasti al palo, fino a decrescere sensibilmente a causa dell’inflazione nel periodo post-COVID. Una situazione non dissimile è quella che vivono i lavoratori della manutenzione, a cui lo scorso 3 giugno l’azienda ha imposto domeniche obbligatorie e turnazioni 7 giorni su 7, nonostante l’opposizione della stragrande maggioranza dei lavoratori.
Un percorso di lotta in campo da mesi, tra assemblee, leggi anti-sciopero e repressione governativa
Sia i macchinisti e il personale di bordo che i manutentori sono protagonisti da questo inverno di numerose giornate di sciopero. In questo solco, sostenuti dai sindacati di base USB, COBAS, SGB e CUB, hanno dato vita a coordinamenti assembleari (vedi qui e qui) come mezzo per superare la passività, se non la vera e propria complicità filo-aziendale delle burocrazie di CGIL,CISL,UIL, UGL e ORSA.
Nel caso dei macchinisti e del personale di bordo, infatti, i dirigenti confederali non hanno fornito nessuna prospettiva di fronte al deterioramento delle condizioni di lavoro. Peggio, nel caso dei manutentori, lo scorso 10 gennaio, essi hanno firmato gli accordi peggiorativi applicati a giugno. In aggiunta, le rappresentanze sindacali nel settore ferroviario sono scadute da 5 anni, così come il contratto di settore, ma ne CIGL, CISL, UIL ecc. hanno mai fatto dimettere i loro delegati per indire nuove elezioni (come prevede la legge), ne hanno mai posto il problema del rinnovo del CCNL.
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Tramite i coordinamenti assembleari, in grado di coinvolgere ferrovieri a prescindere dalla tessera sindacale, gli attivisti delle organizzazioni più combattive sono riusciti ad ottenere un’influenza maggiore di quella normalmente a disposizione dei sindacati di base. In questo modo, sebbene le strutture sindacali più grandi non abbiano mai sostenuto gli scioperi – ma anzi siano parte del problema! – i tassi di adesione sono sempre stati oltre il 70%.
In questi mesi, le principali spine del fianco dei ferrovieri, oltre a un’azienda interessata a spremere sempre di più i lavoratori in nome del profitto (a scapito della sicurezza, anche degli utenti), sono state la “commissione di garanzia scioperi” e il governo. In base alla legge 146 del 1990, infatti, I lavoratori del comparto pubblico, e in particolare quelli di settori strategici come le ferrovie, sono soggetti a una dura limitazione del diritto di sciopero. Solo con un preavviso di 20 giorni, mantenendo le astensioni dal lavoro limitate nel tempo e a una certa distanza temporale da altre mobilitazioni è possibile scampare alla disciplina della commissione di garanzia scioperi. Inoltre, il ministero degli interni può intervenire in prima persona con l’arma della precettazione, fatto che lo scorso 17 maggio ha permesso a Salvini di impedire un importante sciopero dei macchinisti.
Se è vero che anche un solo giorno di sciopero dei treni è in grado di creare danni ingenti, è chiaro come il quadro giuridico qui descritto rappresenti un forte ostacolo alla lotta, obbligando a scioperi brevi e dilazionati. Questo è un problema soprattutto per i manutentori. Essi sono centrali per portare a termine i grandi lavori di ristrutturazione dell’infrastruttura ferroviaria previsti dal PNRR. I cantieri non vengono però interrotti in maniera significativa da giornate isolate di mobilitazione, ragione per cui è molto importante che i macchinisti e il personale di bordo lottino a fianco dei lavoratori della manutenzione.
Tutte le categorie del lavoro ferroviario, peraltro, hanno subito la stessa riorganizzazione peggiorative di orari e turni, in un quadro di deterioramento salariale. La riduzione dell’orario di lavoro a 36 ore e l’aumento dello stipendio a recuperare l’inflazione sono allora rivendicazioni che possono fare da base per un percorso di rinnovo del contratto che unisca tutti i lavoratori del trasporto su rotaia, dalla manutenzione, ai treni, fino alla progettazione e alla circolazione.
Sostenere i ferrovieri per lavorare meno, lavorare tutti e guadagnare di più; contro i principi dell’economia di guerra.
Spesso gli scioperi dei ferrovieri sono vittime di un vero e proprio silenzio stampa, da parte dei media controllati da chi ha il potere economico e dai loro partiti, rispetto alle rivendicazioni che li animano. Questo è volto ad alimentare l’ostilità degli altri settori di lavoratori, e degli studenti, a cui possono venire creati problemi negli spostamenti quotidiani. Le richieste della lotta dei ferrovieri devono però avere il massimo sostegno.
La colpa di un trasporto su rotaie scadente e sempre più esclusivo per chi non può permettersi ‘i Freccia’ è infatti la stessa subordinazione del servizio pubblico al profitto che spinge verso il peggioramento delle condizioni di lavoro dei ferrovieri. Una vittoria di questi ultimi sulla riduzione dell’orario di lavoro e l’aumento dei salari, potrebbe essere inoltre un precedente positivo per lottare sulle stesse basi in altri settori, in un quadro come quello contemporaneo in cui tempo libero e salari sono sempre più compressi.
Infine, i lavoratori delle ferrovie sono – e saranno – sempre più cruciali nella lotta contro le politiche di guerra e il sostegno a Israele da parte del nostro governo, come attestano i recenti accordi tra Leonardo e RFI per il trasporto di armi, parte di un più complessivo progetto europeo, volto a intervenire con la massima celerità in scenari di conflitto.
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Per il movimento studentesco pro-Palestina sarebbe quindi strategico riuscire a connettersi anche con questo settore, da un lato, spiegando ai lavoratori delle ferrovie come sia necessario preoccuparsi delle politiche imperialiste, visto che la stessa repressione che schiaccia le loro richieste economiche non potrà che acuirsi nell’ottica di sostenere l’economia di guerra; dall’altro, sostenendo incondizionatamente le rivendicazioni che emergono dalla lotta di macchinisti e manutentori e aiutando la loro battaglia a ottenere il più ampio eco possibile nella società.
Django Renato
Ricercatore indipendente, con un passato da attivista sindacale. Collabora con la Voce delle Lotte e milita nella FIR a Firenze.