Lo sciopero era nell’aria e lo sciopero è avvenuto.

Il motivo scatenante è stato l’avvio di una procedura di licenziamento collettivo per 271 lavoratori dopo che la cooperativa Clo, insieme a Viadana Facchini, che ha in gestione d’appalto il magazzino della ditta Composad (gruppo Saviola), ha introdotto unilateralmente un ciclo continuo lavorativo a 24 ore su 7 giorni e lavoratori interinali con contratti da 2 a 7 giorni, infischiandosene di un accordo tra le parti per regolamentare nuovi turni e retribuzioni. Un fatto certamente non scontato, visto il clima di paura che committenza e cooperative hanno provato a creare. Un evento che richiede per il futuro delle risposte certe da parte di coop, azienda e istituzioni, vista anche la delibera di un pacchetto di manifestazioni da parte dell’assemblea dei lavoratori aderenti Adl Cobas.

Per rivendicare la continuità occupazionale, gli scioperanti si sono adunati davanti al magazzino Composad ed hanno bloccato la produzione. Una adesione che ha visto l’astensione volontaria anche degli interinali, a differenza da quanto affermato da Legacoop, che li vorrebbe vedere tutti come ubbidienti e servizievoli in vista del raggiungimento di nuove perfomance produttive e diminuzione degli arretrati.

Ciò che si chiedeva a committenza e appaltatori era di rassicurare chi lavora da oltre dieci anni nello stabilimento, confermando per tutto il personale il rispetto degli accordi di salvaguardia firmati nel febbraio-marzo dello scorso anno a seguito di dure proteste e di lotte da parte dei lavoratori. Una garanzia di salvaguardia del posto che portò i soci-lavoratori di Viadana Facchini a rinunciare ad importanti somme – la differenza tra quanto percepito realmente e quanto stabilito dal Contratto collettivo nazionale – a fronte di un risparmio complessivo di 4 milioni di euro per l’azienda. L’accordo – ricordiamolo – era quello siglato da Prefettura, Provincia, Legacoop, coop Viadana Facchini e sindacati, in seguito approvato anche da Confidustria, che stabiliva garanzia occupazionale con il mantenimento dell’attività lavorativa per un periodo non inferiore ai 24 mesi per tutto il personale impiegato Composad, e l’applicazione integrale del Contratto collettivo del settore logistica per l’appalto in corso e per il futuro affidamento.

Un messaggio forte e chiaro quello lanciato dai lavoratori ai vertici aziendali. L’apertura dei lavoratori verso forme di dialogo per discutere modalità di gestione del lavoro, periodi di calo produttivo e quant’altro, ha incontrato, dall’altra parte, mancanza di responsabilità e perseguimento univoco di posizioni di comodo e privilegio sociale. È questo il vero istinto predatorio di chi non si pone scrupoli a lucrare sulla pelle altrui, di chi si arroga il diritto di imporre condizioni lavorative indegne, laddove esternalizzazioni ed appalti rappresentano strumenti per eludere il rispetto della dignità e dei diritti dei lavoratori.

La proposta odierna, nella bozza di nuovo accordo con l’immancabile sostegno di Cgil e Legacoop, è di puntare, nei momenti di contrazione del mercato, alla salvaguardia occupazionale mediante strumenti contrattuali come la flessibilità degli orari e il ricorso ad ammortizzatori sociali.

Una pretesa che non poteva non sfociare nella critica allo sciopero, nella richiesta di sospensione temporanea delle attività sindacali e in una moratoria atta ad evitare interruzioni di produzione per far fronte all’evasione di ordini in ritardo. Vecchie strategie fallimentari di riciclo socialdemocratico e riformista finalizzate, pur di non incidere fino in fondo nel rapporto tra capitale e lavoro, alla mera contrattazione al ribasso con i padroni grazie alla attuazione governativa di una mediazione a tavolino, meglio nota come concertazione, tra le due parti in causa – organizzazioni sindacali e imprenditori appunto – che dovrebbero essere invece in lotta perenne fra di loro.

Kenzo