Di Salvatore Cappuccio

Il Referendum costituzionale voluto da Erdogan sulle prerogative del Presidente della Repubblica ha ufficialmente sancito quello che già nella sostanza era una dato di fatto.

Il governo Turco si è più volte macchiato di violazioni dei diritti umani e di crimini contro l’umanità con il tacito consenso delle potenze imperialistiche impegnate anch’esse, insieme alla Turchia, nelle guerre di rapina in Iraq ed in Siria. Non molto tempo fa nella città di Cizre la popolazione locale ha raccontato di crimini contro civili in fuga, giornalisti arrestati, torturati ed uccisi, incendi nelle case ed uso di gas chimici contro la popolazione civile da parte delle forze militari turche.

Per anni il governo turco è stato uno dei maggiori sponsor dello Stato islamico, comprando da questi petrolio a basso costo e fornendo in cambio, soldi, armi ed appoggio logistico, favorendo in tantissimi casi attentati contro le comunità curde in Turchia.

La libertà in Turchia è stata sempre messa in discussione dagli uomini al servizio di Erdogan anche attraverso i metodi più criminali. Il referendum vinto da Erdogan non fa altro che confermare questa tendenza.

Nell’ottobre del 2015 una bomba messa per provocare una strage con l’appoggio dei servizi segreti turchi, uccide più di 100 persone. Manifestanti inermi che protestavano contro la guerra e per la difesa dei diritti umani vengono dilaniati dallo scoppio ed i soccorritori colpiti dalle forze dell’ordine Turche.

Non si contano più i numerosi avvocati arrestati che si trovavano a difendere i militanti curdi ed in qualche caso qualcuno anche assassinati per questo. Fortissime sono le limitazioni della stampa non allineata al potere. I leader dei partiti filo curdi sono arrestati e spesso uccisi. Le torture nelle carceri nei confronti dei membri del PKK sono la regola.

Dopo il fallito golpe di pochi mesi fa, centinaia di giornalisti vengono arrestati e quasi tutti i giornali dell’opposizione vengono chiusi. Migliaia tra magistrati, professori, militari, sindacalisti vengono licenziati oppure arrestati senza processo.

La vittoria di Erdogan formalizza soltanto quella che in Turchia era orami da anni una realtà fatta di violazione dei diritti umani e delle libertà politiche.

La svolta autoritaria nella sostanza c’era già stata con la distruzione sistematica di ogni opposizione al regime, aveva ora bisogno della consacrazione popolare, di un referendum farsa che desse potere di vita e di morte al presidente turco Erdogan, che gli desse il potere di sospendere e limitare i più elementari diritti democratici e libertà fondamentali in qualsiasi momento, ma nonostante fosse già stata cancellata ogni opposizione politica e civile e fossero stati utilizzati metodi criminali per eliminare i leader delle opposizioni, la popolazione si è sostanzialmente divisa in due e non si è realizzata quella grande vittoria che si aspettava il nuovo califfo.

La nuova costituzione prevede nella sostanza che il Presidente possa decidere quali leggi debbano essere votate e presentate, quali ministri destituire, dà la possibilità al Presidente di emettere decreti legislativi e finanche di sospendere le libertà fondamentali ed i diritti civili. Con la nuova costituzione il Presidente e quindi Erdogan potrà restare in carica fino al 2029, cioè a vita.

Nelle grandi Città industriali dove è forte la presenza operaia il No alla controriforma vince ed in alcuni casi stravince, mentre nelle campagne e nei distretti poco industrializzati vince il progetto reazionario di Erdogan. La classe operaia Turca sostanzialmente vota contro Erdogan e potrebbe essere la spina nel fianco del regime islamico-fascista per una ripresa dello scontro di classe e di una lotta di resistenza. Conferma la tendenza alla crisi organica delle forme di governo della borghesia, l’instaurazione di un presidenzialismo di tipo gaullista.

Fin troppo facile sembrava vincere dopo aver ucciso, torturato ed incarcerato quasi tutta l’opposizione, ma così non è stato. Il risultato elettorale che vede il paese spaccato, non annuncia la trasformazione della Turchia in un nuovo califfato, ma prepara uno scontro di classe molto forte in particolare nelle città più industrializzate dove è forte la presenza di giovani e di operai, dove la popolazione che ha assunto modi di vivere ben diversi dalle leggi religiose e fasciste che si vorrebbero imporre e che non intende vivere in uno stato dove la Sharia regola i rapporti tra le persone, non vuole rinunciare a quelle conquiste del lavoro pagate con il sacrificio e con il sangue della classe operaia. Lo scontro resta quindi aperto e la Turchia si avvia verso uno conflitto tra proletariato e borghesia che deciderà nei prossimi tempi il futuro del paese. La popolazione curda anche quella più moderata non ha accettato l’esito del referendum ed intende dare battaglia. Lo scontro non potrà non sfociare in nuove rivolte. Già si annunciano per tutta la Turchia cortei di protesta.

Sul versante internazionale il reazionario Trump fa i complimenti al criminale Erdogan, giusto per non perdere un alleato nella guerra di rapina in Siria e per non regalare alla Russia uno Stato da dove passano oleodotti e gasdotti per l’Europa ed un paese ancora formalmente della Nato. Un alleato che è meglio preservare in un eventuale scontro contro l’imperialismo Russo o quello Cinese.

I diritti umani, le regole democratiche, la cosiddetta libertà borghese, passano in secondo piano di fronte agli interessi economici, al profitto ed alle mire espansionistiche degli avvoltoi imperialisti.

La risposta a questa nuova barbarie non può che essere l’unità internazionale dei proletari e la scesa in campo della classe operaia contro il nuovo fascismo e gli appetiti imperialisti, per cancellare non solo il regime di Erdogan, ma anche i sui soci in affari.

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