Muhammad Ali ha portato via il suo titolo mondiale e la licenza di pugile per aver rifiutato di servire l’esercito americano nella guerra del Vietnam. Solo nel 1970 un giudice federale in Texas ha detto che la sospensione è stata “arbitraria” e “irragionevole” e ha sollevato la pena.

Muhammad Ali, nato Cassius Marcellus Clay, è stato salutato dalla critica come uno dei più grandi pugili della storia. Tra i suoi record, ha vinto la medaglia d’oro nella categoria dei pesi massimi leggeri alle Olimpiadi di Roma nel 1960, affermando che, “respingo il premio per il rifiuto che provoca il razzismo”. E’ stato poi anche campione del mondo nel 1964. Nello stesso anno inoltre, ha anche deciso di identificare il suo nome con la sua fede musulmana e si è unito al Nation of Islam affrontando così i poteri più conservatori degli Stati Uniti, e rifiutando di combattere nella guerra del Vietnam.

Cassius Clay è nato il 17 gennaio 1942 a Louisville, Kentucky, nel contesto di una famiglia borghese. Era il figlio maggiore di Cassius Clay Sr. e di sua moglie Odessa, che era una donna gentile che faceva la domestica per le famiglie dei benestanti bianchi. Ella allevava i suoi figli con il tentativo di infondervi dignità e alcuni infatti, credono che Alì abbia ereditato il suo carattere proprio da questo.

Quando aveva diciotto anni ha vinto la medaglia d’oro nei pesi massimi leggeri alle Olimpiadi di Roma del 1960. Nella successiva conferenza stampa dopo quel trionfo, Clay ha mostrato le sue capacità nel saper gestire i nemici e gli avversari. A quel tempo con fervore ha difeso il suo paese contro i russi. Il ruolo funzionale dello stabilimento nero è durato poco tempo. Quando tornò a Louisville lui è stato ricevuto come un eroe locale, ma questo tuttavia non ha comunque impedito gli episodi di discriminazione nei bar e nei ristoranti. Nello stesso anno ha fatto il suo debutto professionale, ottenendo 19 vittore – 15 Kot nel corso dei successivi tre anni.

In quegli anni, gli atleti neri dovevano essere rispettosi verso i loro rivali, in particolare verso i bianchi, e mai esporsi ad atteggiamenti arroganti o di vanto delle proprie vittorie. Nei primi anni ’60, Clay ha deriso i suoi avversari e vantato le sue virtù dinanzi ad una stampa sempre più scettica. “Per vincere, ha detto che bisogna essere più grande del più grande”. Quando Clay ha alzato la posta e cominciato a prevedere con precisione sinistra, il round in cui avrebbe superato l’avversario, ha guadagnato un ulteriore rifiuto. Il pugile Joe Louis lo avvertì:”Ragazzo! Spero che tu non creda alla metà delle cose che dici di te stesso”. Ciò però non ha intimorito Clay che verso la fine del 1963 ha detto:”io sarà il più giovane campione della storia”.

All’inizio del 1964, Clay aveva sviluppato delle forti opinioni sul dilemma della razza negli Stati Uniti. Mentre la maggior parte dei leader sostenitori dei diritti civili come Martin Luther King Jr. predicavano la nonviolenza, Clay ha ribattuto questi ideali dicendo una volta ad un giornalista del New York Post:”Sono un combattente, se uccidi il mio cane, nascondi il tuo gatto”.

Clay aveva studiato gli insegnamenti della Nation of Islam, a quel tempo più popolarmente conosciuto come i Musulmani neri. La risposta di tale organizzazione di fronte alla discriminazione degli afroamericani, non doveva cercare il consenso per i diritti civili; piuttosto gli afroamericani dovevano essere orgogliosi della loro identità razziale e governare i loro spazi. Dietro a questo movimento vi era Malcom X, che dal 1954 è stato il primo ministro della moschea della Nazione di Harlem.

Malcom non sapeva chi fosse Clay quando si sono incontrati nel 1962. The Nation of Islam ha creduto che la boxe fosse una pratica che sfruttava i neri. Ha cambiato opinione quando ha visto in Clay una figura popolare che avrebbe potuto allargare il fascino del movimento stesso ad altri giovani afroamericani.

Il 25 febbraio del 1964, contro ogni probabilità, Clay ha vinto il titolo mondiale sconfiggendo Sonny Liston. Quell’anno si è rivelato un fattore chiave nella vita di Clay non solo per il titolo conquistato ma anche per il fatto che Malcom X ha offerto il suo supporto alla Convention Hall di Miami Beach. E così il giorno dopo Clay ha annunciato la sua conversione alla fede musulmana e la sua adesione alla Nation of Islam. Il 6 marzo ha adottato il nome Muhammad Ali causando stupore e dissenso nelle masse e nei media americani, che non solo han rifiutato di utilizzare quel nome ma lo ha anche reputato come un pessimo esempio per la gioventù.

Ma l’ostilità contro Ali è cresciuta ancora di più quando si è rifiutato al richiamo nell’esercito durante la guerra del Vietnam. Nel 1966, ha presentato delle richieste contro la decisione di dichiararlo adatto per il servizio militare, citando motivi di coscienza religiosa, ma ha ottenuto solo una tregua temporanea.

Ali considerò questo provvedimento come una persecuzione contro di lui. A 18 anni era stato classificato come 1 – Y, e ciò stava a significare che non vi era alcun standard di servizi passati (Ali era dislessico e aveva difficoltà di lettura). Ma in seguito la classificazione è stata cambiata a 1 – A: ora Ali poteva essere reclutato. Gli Stati Uniti hanno molto probabilmente cercato di disinnescare la possibilità che Ali diventasse un modello per altri giovani afroamericani.

Ali ha risposto dicendo che lui non condivideva gli obiettivi del suo paese in Vietnam e la sua influenza sui giovani neri e bianchi nel frattempo stava crescendo. “Non ho problemi con i Vietcong”, ha detto a un giornalista. “Non mi hanno mai chiamato negro”.

Ma le sue convinzioni contro la guerra hanno causato nello stesso anno, la rimozione del titolo di campione mondiale e la licenza di pugile da parte della Commissione di Atletica dello stato di New York. Durante quel periodo di tre anni e mezzo senza poter praticare boxe, Ali è diventato, negli USA, una delle persone più odiate a tal punto che la gente bramava la sua sconfitta quando poi poté risalire sul ring.

Prima di una nuova richiesta di rinvio del pugile per entrare nelle file dell’esercito, la Corte Suprema si rifiutò qualsiasi accoglimento di richieste e di conseguenza Muhammad Ali è stato presentato al centro di addestramento dell’esercito di Houston, ma rimase immobile e silenzioso rischiando la condanna a disertore. Tuttavia il campione, con aria di sfida, non ha risposto comunque agli avvertimenti sia che lo chiamassero Cassius Clay che Muhammad Ali.

Il 20 giugno la Corte Federale di Houston lo ha condannato a cinque anni di carcere e 10000 $ di multa. Alcune personalità nere hanno cercato di trovare una soluzione che non finisse con il carcere ma Clay non ha mai ritrattato convinto che quando potrà ritornare a praticare pugilato riconquisterà la corona di campione.

Nel giugno del 1968 poi, è stato rilasciato su cauzione pur presentando ricorsi, prima davanti a un tribunale di Houston, poi a uno di New Orleans. Quando le sentenze confermarono la condanna, Clay fece appello alla Corte Suprema degli Stati Uniti. Nonostante ciò, è interessante notare che nel mese di dicembre è entrato per dieci giorni in prigione a Dade, Miami, per scontare una pena per violazione del traffico. Ali, con aria sempre provocatoria, ha detto: ”Sarà un buon allenamento nel caso dovessi andare in prigione per inadempienza al servizio militare”.

Durante il periodo in cui non è stato pugile, ha viaggiato in varie parti degli USA per entrare in scuole e università e tenere convegni. Ciò contribuì a maturare nella società americana un’idea sempre più critica sulla guerra del Vietnam e a rivalutare la figura di Ali.

Nel 1970, finalmente, si son susseguiti numerosi e diversi tentavi di revocare il divieto. Nel settembre dello stesso anno, un giudice federale in Texas ha detto che la sospensione è stata “arbitraria e irragionevole”.

Muhammad Ali è tornato sul ring nel 1970 dove ha vinto due vittorie ma ha perso il match per il titolo contro Joe Fraier, l’8 marzo 1971. Il 28 giugno dello stesso anno, la Corte Suprema ha annullato la condanna nei confronti di Ali da motivi procedurali, tra cui intercettazioni dell’FBI, …

Nel gennaio 1974, affrontò di nuovo Frazier e gli tolse il titolo battendolo in punti. Nel mese di ottobre dello stesso anno ha riguadagnato il titolo dei pesi massimi mettendo fuori nell’ottavo assalto il campione George Foreman a Kinshasa, capitale dello Zaire. Questo evento è stato per Muhammad Ali “la lotta del secolo”, sostenuta da oltre 120000 spettatori infuriati che gridavano “Ali, uccidilo”. Con questa vittoria Ali ha recuperato la corona che aveva perso sette anni prima.

Dopo di che, ha perso il titolo contro Leo Spinks e glielo ha ristrappato nel 1981, quando il Parkinson incominciava già a dare i primi sintomi. Una lunga malattia che lo ha portato alla morte il 4 giugno 2016.

L’immagine che Ali ha lasciato, non è solo quella di uno dei più grandi pugili della storia del mondo, ma è anche quella di una personalità che ha lasciato un impatto forte su una società conservatrice americana degli anni Sessanta scossa dall’opposizione alla guerra del Vietnam, dalla rivendicazione dell’uguaglianza della minoranza nera e dalla ribellione giovanile che ha caratterizzato il decennio.

 

Darío Brenman

Traduzione da La Izquierda Diario

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