Friedrich Engels diede un contributo importante anche nel campo dell’analisi dei rapporti tra genere e classe, e in particolare del rapporto tra donne lavoratrici e socialismo.


Ancora profondamente colpito dalla morte del suo amico, nel 1883 Engels si mise a rivedere pile di lettere, manoscritti e appunti rimasti incompiuti a casa di Marx in Maitland Park Road a Londra. Lì, tra cumuli di fogli, trova una serie di appunti basati sulla lettura dell’opera dell’antropologo americano Lewis Henry Morgan, il cui ultimo libro, The Ancient Society, era stato pubblicato qualche anno prima. I due avevano avuto un fitto scambio su questo argomento e Engels voleva sistematizzare alcune idee in proposito. Sulla base delle note etnologiche di Marx, Engels sviluppa un’analisi storica e materialistica delle organizzazioni sociali, in particolare dei cambiamenti nelle forme di parentela, della famiglia patriarcale, dell’istituzione del matrimonio e della monogamia. Il suo libro, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, fu pubblicato per la prima volta nel 1884 e da allora è stato considerato un’opera chiave per il femminismo socialista.

Torneremo su questo testo più tardi, per evidenziare alcuni dei suoi contributi fondamentali, nonché alcune delle controversie che continua a generare. Ma prima di questo, è necessario visualizzare il panorama più generale in cui appaiono le prime formulazioni di Marx ed Engels sull’emancipazione delle donne.

Engels scrisse della situazione di doppia oppressione che cadeva sulle donne lavoratrici, per la prima volta in un testo del 1845, La situazione della classe operaia in Inghilterra. Con questo lavoro ha cercato di avvicinare il più possibile il lettore alla comprensione reale della vita della classe operaia inglese, delle sue condizioni di lavoro, del sovraffollamento delle città e dei suoi grandi disagi, che per lui sono il fondamento per l’emergere di varie correnti socialiste, dal socialismo utopico al comunismo. Engels aveva allora 24 anni e questo libro rappresenta, come spiega nell’introduzione all’edizione tedesca del 1892, solo una fase embrionale del socialismo scientifico, che si svilupperà negli anni successivi, grazie al lavoro congiunto con Marx. L’inizio del libro è una meravigliosa metafora visiva della società capitalista. Engels racconta lo shock che si prova entrando a Londra, risalendo il Tamigi. Il viaggiatore è abbagliato dall’imponente concentrazione urbana, dal numero di edifici, dalle barche, da tutti i segni di una fiorente civiltà. Tuttavia, mentre scende e cammina per le stradine che portano ai “bassifondi”, comincerà a capirlo:

Questi londinesi dovevano sacrificare la parte migliore della loro umanità, per compiere tutte le meraviglie della civiltà, delle quali formicola la loro città, che mille forze in loro latenti dovevano restare inoperose ed oppresse affinché alcune poche si sviluppassero pienamente e potessero moltiplicarsi mediante l’unione con altre [1].

Le parole di Engels indicano le brutali disuguaglianze causate dal capitalismo, dove ogni “miracolo di civiltà” è costruito sullo schiacciamento di gran parte di questa stessa società, di coloro che non hanno nulla, i proletari. Lo sguardo di Engels si addentra ulteriormente nei quartieri popolari, alla scoperta di strade sporche e strette, di case non riscaldate e di scarsità di cibo. Ed è allora che fa particolare riferimento alle donne lavoratrici, che sono la maggioranza nei laboratori tessili, che lavorano 10 o 12 ore al giorno come le loro compagne, ma ricevono salari più bassi, che in tempi di crisi sono le prime ad essere licenziate, e che quando tornano a casa devono occuparsi della cucina, delle pulizie e della cura dei bambini. E anche se ancora non troviamo qui una teorizzazione sul ruolo delle donne della classe operaia nella società capitalista, Engels sottolinea ripetutamente un fenomeno sociale che colpisce in particolare le donne. L’ordine sociale capitalista, afferma, disintegra la famiglia della classe operaia, rendendo impossibili le sue condizioni di esistenza:

Così l’ordine sociale fa quasi impossibile all’operaio la vita di famiglia; una casa inabitabile e sporca che è appena sufficiente per il rifugio notturno, male ammobiliata e spesso senza riparo dalla pioggia e non riscaldata, una atmosfera umida in una camera piena di persone, non permettono alcuna vita famigliare; l’uomo lavora tutto il giorno, forse anche la moglie e i ragazzi più vecchi e tutti in luoghi diversi; essi si vedono soltanto alla mattina ed alla sera, da qui le visite continue alle bettole; dove può esistere la vita di famiglia? Tuttavia l’operaio non può sfuggire la famiglia, egli deve vivere nella famiglia e ne sono conseguenza le continue liti, le discordie che agiscono sui coniugi e specie pei ragazzi nel modo più demoralizzante.

Le fabbriche tessili impiegano donne di età compresa tra i 15 e i 20 anni, e vi è anche un gran numero di bambini. Engels fa notare che spesso le lavoratrici “tornano in fabbrica tre o quattro giorni dopo il parto” e durante le ore di riposo corrono dal lavoro alla casa per nutrire il neonato. Quando passano 12 o 13 ore nelle fabbriche, i bambini vengono lasciati alle cure di un membro della famiglia o di un vicino, oppure vanno in giro a piedi nudi. I luoghi di lavoro sono anche ambienti frequenti per gli abusi sessuali, dal momento che

il servizio nelle fabbriche, come qualsiasi altro ed ancor più, riserva al padrone il jus primae noctis. Il fabbricante è anche in questo rapporto padrone del corpo e delle attrattive delle sue operaie.

Ecco perché, insiste Engels,

il lavoro delle donne in fabbrica disorganizza inevitabilmente la famiglia e quella disorganizzazione ha, nello stato attuale della società, che poggia sulla famiglia, le conseguenze più demoralizzanti, sia per i mariti che per i figli.

La società di oggi si basa sulla famiglia, ma allo stesso tempo la scompone, rendendone impossibili le condizioni di esistenza. Questa contraddizione esplosiva segna le condizioni di vita, e le condizioni di lotta, delle donne lavoratrici e di tutta la classe operaia. Questa idea, ancora in germe, sarà ripresa più tardi da Marx e Engels.

Entrambi torneranno sulla questione, avanzando alcune definizioni sulla necessità di lottare per l’emancipazione delle donne, un’analisi sull’origine storica dell’oppressione e una critica radicale della famiglia patriarcale. Nella Sacra Famiglia, si recuperano le idee del socialista utopico Fourier quando sostiene che “il progresso sociale e il cambiamento dei periodi sono operati in ragione diretta del progresso delle donne verso la libertà; e le decadenze dell’ordine sociale sono operati in ragione della diminuzione della libertà delle donne”. Molti socialisti utopici si erano già occupati in precedenza dell’oppressione delle donne, escogitando alternative su come superarla. Da questa tradizione erano state affrontate questioni come la necessità di socializzare il lavoro domestico, di porre fine alla monogamia e di sviluppare l’amore libero, alla necessità di riorganizzare l’architettura delle case unifamiliari, elaborando progetti per piccole società comunitarie. Questi contorni, tuttavia, erano diffusi, come parte di un socialismo pre-scientifico; non dicevano chiaramente né come raggiungere questi obiettivi, né quale forza sociale potesse realizzarli. Le esperienze delle comuni oweniane negli Stati Uniti non ebbero successo, anche se, come ha sottolineato Engels in un’opera successiva, con i loro scritti i socialisti utopici hanno gettato i semi per immaginare la futura società comunista. [2]

Flora Tristan, pioniera del femminismo socialista, occupa una posizione di transizione tra il socialismo utopico e il socialismo scientifico. Nel suo libro La Union Ouvrière (1843) si spinge fino a delineare una proposta per l’organizzazione sociale e politica della classe operaia e affronta per la prima volta il rapporto tra classe e genere: il terzo capitolo del libro è interamente dedicato alle donne, da lei definite “le ultime schiave” della società francese. Nel suo libro sfida le lavoratrici e sottolinea che non è possibile sostenere un progetto di emancipazione umana senza tenere conto delle donne. [3]

Da parte loro, nel Manifesto comunista Marx ed Engels riprendono l’idea che il capitalismo tende a distruggere i tradizionali legami familiari della classe operaia, incorporando massicciamente donne e bambini nella forza-lavoro, equiparando i membri della famiglia operaia nello sfruttamento. Ma, allo stesso tempo, denunciano il “doppio standard” della borghesia: mentre i comunisti erano accusati di voler fondare la “comunione delle donne”, in realtà i borghesi in un certo senso già la esercitavano attraverso l’adulterio (socialmente ammesso solo per gli uomini) o la prostituzione, considerando le donne come loro proprietà.

Infine, anche se nel Capitale ci sono diversi riferimenti al lavoro delle donne – sia per quanto riguarda la composizione dell’esercito della riserva industriale che per il brutale sfruttamento del lavoro femminile e infantile – l’analisi più sistematica dell’istituzione familiare e delle cause dell’oppressione femminile sarà sviluppata da Engels, come abbiamo già detto, in L’origine della famiglia

La famiglia, il lavoro delle donne e il comunismo

Nonostante i limiti che questo lavoro può avere – sia perché gli studi di Morgan sono stati superati, sia per una certa visione schematica dei periodi storici – L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato continua ad essere un riferimento fondamentale. In primo luogo, in quanto colloca storicamente l’origine dell’oppressione femminile, dimostrando che non sempre è esistita e non è data dalla natura, ma è storica e sociale. Su questo punto, Engels si è confrontato anche con le opere di altri teorici socialisti, come Bebel [4] e Kautsky, che avevano pubblicato opere sull’argomento poco prima, sostenendo che la subordinazione delle donne poteva essere fatta risalire agli inizi delle società umane, come se fosse qualcosa che era sempre stato presente. Engels riteneva che non fosse così, che ci fossero state società primitive più egualitarie o addirittura società basate sul diritto materno, e cercava di evidenziare questa storicità.

Engels stabilisce una relazione tra l’apparenza della proprietà privata, la divisione di classe della società e la cristallizzazione di un’istituzione familiare in cui le donne sono subordinate. Attraverso l’instaurazione del matrimonio e della monogamia, le donne e i bambini diventano “proprietà privata degli uomini”. In questo senso, sostiene:

L’uomo prende il comando anche in casa; la donna viene degradata e ridotta in schiavitù; diventa schiava della sua lussuria e mero strumento per la produzione di figli[…] Per assicurare la fedeltà della moglie e, quindi, la paternità dei figli è data incondizionatamente al potere del marito; se la uccide, non fa che esercitare i suoi diritti.

D’altra parte, nella prefazione alla prima edizione, c’è un passaggio importante che evidenzia il rapporto tra produzione e riproduzione, come asse da cui partire per riflettere sulla questione della famiglia e sul ruolo della donna nella società:

Secondo la teoria materialista, il fattore decisivo nella storia è, alla fine, la produzione e la riproduzione della vita immediata. Ma questa produzione e questa riproduzione sono di due tipi. Da un lato, la produzione dei mezzi di esistenza, del cibo, dell’abbigliamento, dell’abitazione e degli strumenti necessari per produrre tutto questo; dall’altro, la produzione dell’uomo stesso, la continuazione della specie. L’ordine sociale in cui gli uomini vivono in un dato momento o in un dato paese è condizionato da queste due specie di produzione: dal grado di sviluppo del lavoro, da un lato, e della famiglia, dall’altro.

Questo frammento è stato citato più volte, e anche messo in discussione da diverse posizioni teoriche. Infatti, mentre Engels era ancora vivo, c’è stato un dibattito tra coloro che hanno difeso la lotta per l’emancipazione femminile come questione fondamentale del programma socialista, e alcuni settori più conservatori all’interno dei partiti socialdemocratici che non hanno voluto accettarla.

Per fare un solo esempio: nell’ottobre del 1886, durante il Congresso del Partito socialdemocratico tedesco a Gotha, Clara Zetkin fece un importante discorso sul tema delle donne lavoratrici e del socialismo. Lì affermò che la lotta per l’emancipazione delle donne è legata alla lotta per il socialismo, e che è importante sottolineare l’agitazione socialista tra le donne e promuovere la loro organizzazione sindacale. Il discorso è stato aspramente contestato da un socialista inglese, Belfort Bax, noto per le sue posizioni misogine [5]. Come appello all’autorità, Bax ha cercato di contrapporre ciò che Zetkin diceva con le posizioni di Engels.

Fu Eleanor Marx, la figlia più giovane di Karl Marx e personalmente molto vicina a Engels, a rispondere pubblicamente a Bax, riaffermando che le posizioni di Engels e Zetkin erano collegate. La risposta è molto interessante, inoltre, perché tocca proprio la questione del lavoro domestico e del doppio onere per le donne che lavorano. Si parte dal fatto che [al tempo] ci sono circa 4,5 milioni di donne lavoratrici in Inghilterra; 3,7 milioni in Francia; 3,5 milioni in Italia; oltre 5 in Germania, 3,5 in Austria-Ungheria, in altre parole oltre 20 milioni di donne lavoratrici nei principali Stati europei, che in molti casi sono le principali produttrici di pane per anziani, bambini o mariti disoccupati. Fa poi notare che, sebbene molti compiti precedentemente svolti in casa siano stati convertiti al lavoro sociale nella produzione, resta ancora molto lavoro da svolgere privatamente in casa. In relazione alla controversia, fa notare:

Ma oltre a questa fabbrica e ad altri lavori salariati, le donne devono anche fare le loro faccende domestiche. So che Belfort Bax, o altri che sono d’accordo con lui, possono far notare che l’industrialismo capitalista ha liberato le donne da molte funzioni importanti che una volta erano compiti di una donna di casa; che non devono più lavorare a maglia le calze, cucire la biancheria, ecc. per la casa; e che le altre funzioni della casa sono state ridotte al minimo; eppure ci sono ancora alcuni compiti domestici che devono essere svolti, come pulire, lavare, cucinare, ecc. Il capitalismo non ha ancora inventato il macchinario della pulizia e, allo stesso tempo, non ha “addomesticato” il marito disoccupato a tal punto che egli possa occuparsi della casa e dei figli e quindi liberare la moglie da un po’ del suo fardello. Sì, compagno Belfort Bax, Clara Zetkin aveva tutto il diritto di dire, con Engels, che la donna è “la proletaria in casa”. Avrebbe dovuto dire piuttosto che la donna, sotto il nostro regime capitalista, è una doppia proletaria – ha due tipi di lavoro, il lavoro di un produttore in fabbrica e il lavoro di una casalinga e di una madre in casa. Da un lato, i suoi muscoli e il suo sangue sono spesi per il beneficio immediato del capitalista, e dall’altro per il suo beneficio futuro – per sostenere e nutrire una nuova generazione di proletari. Lavora lì, lavora qui!

Come si vede, la risposta di Eleanor Marx, facendo un riferimento diretto a Engels, è forte. D’ora in poi, lei e Clara Zetkin e altri leader socialisti si concentreranno sull’organizzazione delle donne che lavorano, lottando per i diritti sociali e politici di tutte le donne, continuando a puntare sul doppio fardello del lavoro domestico in casa. Decenni dopo, l’esperienza della rivoluzione russa sarà una grande esperienza sociale in questo senso, che permetterà di concretizzare alcune misure fondamentali: la legalizzazione dell’aborto e del divorzio, il riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio, la parità di retribuzione per le donne, nonché la creazione di asili nido, mense per i poveri, culle e lavanderie, per compiere passi verso la socializzazione del lavoro domestico. Il successivo ritiro in quest’area, in particolare negli anni Trenta, faceva parte di una controrivoluzione interna, mentre si rafforzava una dittatura repressiva come forma di Stato e, con Stalin alla guida, si riaccendeva un’ideologia reazionaria che collocava le donne all’interno della famiglia tradizionale come “custodi della casa”. La successiva politica dei partiti comunisti di “separare” la lotta delle donne come se fosse una questione “secondaria” rispetto alla lotta della classe operaia non nasce da un’errata concezione iniziale di questo tema nei primi testi del marxismo, ma piuttosto da una revisione conservatrice del marxismo per giustificare posizioni burocratiche e un’interpretazione economicista delle questioni di classe.

Patriarcato, produzione e riproduzione

Con la seconda ondata del movimento femminista alla fine degli anni Sessanta e Settanta, sono riapparsi altri dibattiti sul lavoro di Engels. Da un lato, dalle autrici del femminismo radicale come Shulamith Firestone e Kate Millett, rivendicano la via che si apre per denaturalizzare l’istituzione familiare e per poter concettualizzare l’oppressione della donna come fenomeno sociale. Ma, allo stesso tempo, essi criticano generalmente il materialismo storico come se fosse “economicismo”. Nel caso di Shulamith Firestone [e del suo La dialettica dei sessi], ella arriva a sostenere che si dovrebbe sviluppare un nuovo materialismo storico basato sulla lotta di classi sessuali. L’autrice prende come obiettivo una versione economicista del marxismo, che inverte, ponendo il centro di gravità sulla questione della sessualità. Ma cancellando o diminuendo l’importanza dei fenomeni materiali ed economici delle relazioni sociali, essa deriva verso una concezione idealistica, dove la possibilità di cambiamenti è limitata ai movimenti culturali. Su questa stessa base, negli anni successivi si sviluppano nel movimento femminista radicale tendenze separatiste, che si oppongono in modo reazionario a qualsiasi lotta comune tra diversi settori oppressi.

Da una posizione molto diversa, è stato sottolineato che l’opera di Engels, e in particolare di un passaggio passaggio qui già citato de Le origini della famiglia…[sulla riproduzione della vita immediata], può essere considerata fonte di errori successivi, separando eccessivamente il piano di produzione dalla sfera della riproduzione della vita. Questa idea che Engels separa “dualisticamente” la sfera della produzione dalla sfera della riproduzione è sollevata dalla femminista marxista Lise Vogel nel suo libro Marxism and the Oppression of Women (1983). La critica è ripresa più recentemente da vari autori che sviluppano quella che definiscono una teoria della riproduzione sociale, come Sue Ferguson. Per Ferguson [in Women and Work], il testo di Engels, pur apportando contributi fondamentali al femminismo socialista, avrebbe gettato un “seme” dal quale, successivamente, settori della socialdemocrazia e i partiti comunisti sostenevano l’idea che la lotta “speciale” delle donne potesse essere separata dalla lotta della classe operaia, o addirittura che dovesse essere “rinviata” a dopo la rivoluzione.

A mio parere, tuttavia, l’importanza di questo passo spesso citato non indica una tale separazione. Al contrario, stabilisce un rapporto tra le due sfere e, come sottolinea Ariane Díaz, questo è “esattamente ciò che c’è di nuovo nell’analisi di Engels, ponendo il problema dell’oppressione delle donne sul piano teorico della produzione sociale, cioè sull’asse delle preoccupazioni del marxismo”. E ponendo l’oppressione della donna in relazione ai fenomeni sociali, alla produzione e alla riproduzione, la questione è liberata da ogni determinazione biologica, che naturalizza la posizione subordinata della donna.

Non intendiamo qui affrontare tutto il ricco dibattito sulla riproduzione sociale che è stato rilanciato negli ultimi anni, per il quale raccomandiamo questo, questo e questo articolo. Ricordiamo semplicemente che “comprendere il rapporto tra riproduzione e produzione -e sottolineare la subordinazione della prima alla seconda sotto il capitalismo- è fondamentale per poter articolare una strategia di lotta” da una prospettiva socialista femminista [6].

Dal punto di vista di Engels, le donne potranno superare l’oppressione patriarcale solo quando le famiglie e il matrimonio cesseranno di esistere come unità di dipendenza economica obbligatoria, quando il lavoro riproduttivo sarà socializzato e anche quando “l’assistenza all’infanzia e l’educazione saranno un affare pubblico”. Teniamo presente che, come scrive Engels, in gran parte del mondo le donne continuano a educare i bambini a casa, non esiste un’istruzione pubblica universale diffusa, non ci sono scuole materne. Solo le donne della borghesia potevano liberarsi completamente di parte del lavoro di assistenza all’infanzia, attraverso il lavoro mal pagato delle donne lavoratrici. Al di là delle differenze storiche, la questione è ancora pienamente valida, se si considera il degrado dell’istruzione e della sanità pubblica che è stato portato avanti dai governi capitalisti, quando non ci sono asili nido o scuole materne gratuite garantite fin dai primi mesi. Più di recente, vediamo il triplice fardello che molte donne che lavorano devono contribuire all’educazione virtuale dei loro figli, in tempi di pandemia.

Infine, la critica di Engels ai meccanismi sociali che regolano e impongono restrizioni alle relazioni emotive e sessuali tra gli esseri umani prefigura una società in cui questi ostacoli vengono superati. Liberare le relazioni personali dalle limitazioni imposte da una società governata dalla proprietà privata e dallo sfruttamento di gran parte dell’umanità, affinché l’amore, la sessualità e l’amicizia possano rinascere su nuove basi.

È vero che una teorizzazione più sistematica del marxismo sul lavoro domestico delle donne all’interno della famiglia è arrivata solo nel quadro dei dibattiti sul femminismo della seconda ondata negli anni ’60 e ’70 del XX secolo, quando diverse posizioni teoriche e strategie politiche si sono confrontate all’interno del movimento delle donne. Ciò non significa però che il marxismo non abbia dato importanza a questo tema in precedenza, tanto meno che abbia inteso che la lotta contro l’oppressione delle donne si limitava a realizzare richieste democratiche e un’integrazione più egualitaria nel mercato del lavoro, al fine di eliminare la loro dipendenza economica. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità. Queste erano questioni fondamentali, ma lo era anche la lotta per la socializzazione dei compiti domestici, poiché le donne erano anche “proletarie in casa”. E nel complesso, tutte queste lotte erano legate a una strategia socialista per porre fine al capitalismo [7].

Lo stesso Engels notava questa prospettiva in una lettera del 1885: “La vera uguaglianza tra uomini e donne può, ne sono convinto, diventare una realtà solo quando lo sfruttamento di entrambi da parte del capitale è stato abolito e il lavoro privato in casa è stato trasformato in un lavoro pubblico”.

Tornando alla sua eredità per il femminismo socialista, è importante sottolineare che la critica alla famiglia patriarcale e all’istituzione del matrimonio è molto acuta, e rimane oggi enormemente potente. Da un lato, di fronte alla crescita di posizioni conservatrici e “familiariste” che, di fronte alla crisi del neoliberismo e del capitalismo, propongono di rivalutare acriticamente il ruolo della famiglia tradizionale (patriarcale). Engels ci ricorda che non c’è nulla di “naturale” in questa istituzione, né è un'”oasi” nel mezzo della tempesta, ma piuttosto che si basa sulla dipendenza economica, attraversata da relazioni gerarchiche e riproduce al suo interno le contraddizioni sociali. La violenza di genere difficilmente può essere compresa al di fuori dei contorni di questa istituzione patriarcale e dell’idea della “proprietà” delle donne da parte dei mariti. Allo stesso tempo, come abbiamo sottolineato sopra, il capitalismo degrada le condizioni di esistenza della famiglia lavoratrice – negando a milioni di persone anche il diritto di avere una casa o un lavoro – pur mantenendola come una delle basi di questa società. Questo genera contraddizioni strazianti.

Josefina L. Martínez

Traduzione da Ideas de Izquierda

Note

1. Le citazioni da La situazione della classe operaia in Inghilterra sono prese dall’edizione riportata sul Marxist Internet Archive.

2. Cfr. F. Engels, L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza. Fu pubblicato per la prima volta sul Vorwärts di Lipsia, giornale del partito socialista, tra il 1876 e il 1878, e apparse per la prima volta con questo titolo nel 1880, in una traduzione francese a cura di Paul Lafargue.

3. A. D’Atri, Flora Tristán: el martillo y la rosa, La Izquierda Diario, 4 marzo 2019.

4. Il libro di Bebel, La donna e il socialismo, fu stampato per la prima volta clandestinamente a Lipsia e circolò illegalmente per diversi anni sotto la censura delle leggi antisocialiste. Nel 1895 fu stato ristampato 25 volte in Germania, ed era stato pubblicato in inglese, francese, russo, italiano, svedese, danese, polacco, fiammingo, greco, bulgaro, rumeno, ungherese e ceco. Ovviamente ha avuto un grande impatto. Dopo la pubblicazione del libro di Engels, Bebel recensì il suo lavoro, incorporando i riferimenti di Engels a Morgan.

5. Tempo dopo, Bax scriverà, in riposta all’opuscolo di Stuart Mill, La schiavitù delle donne (1869), un testo che provocatoriamente intitolerà La schiavitù degli uomini (1908), con ogni sorta di presa di posizione contro il movimento delle donne, sicuro che fossero queste ultime a sfruttare i propri “privilegi” nel matrimonio.

6. Josefina L. Martínez, Cynthia Luz Burgueño; Patriarcado y capitalismo. Feminismo, clase y diversidad, Akal.

7. Cynthia Lub e Josefina L. Martínez, Mujeres, revolución y socialismo (revisitando la relación entre marxismo y feminismo).

Nata a Buenos Aires nel 1974. È una storica (UNR). Autrice del libro Revolucionarias (Lengua de Trapo, 2018), coautrice di Cien años de historia obrera en Argentina (Ediciones IPS). Vive a Madrid. Scrive per Izquierda Diario.es e altri media e milita nella corrente femminista internazionale Pan y Rosas.