Pubblichiamo la presentazione del libro “Strategia socialista e arte militare” tenuta da Matías Maiello (coautore del libro) presso la cattedra di Sociologia della Guerra dell’Università di Buenos Aires, con un’introduzione di Mariano Millán (membro del corpo docente di tale cattedra).

Qui la seconda parte.


Presentazione di Mario Millan

Strategia socialista e arte militare, di Emilio Albamonte e Matías Maiello, è un libro che ben accogliamo perché si occupa di strategia, un’area del pensiero che, parafrasando Perry Anderson, il pensiero marxista ha lasciato relativamente incustodita dopo la generazione di Lenin e Trotsky. Il libro è attraversato da una linea concettuale classica nella tradizione socialista: l’impossibilità di scindere il militare dal politico, cioè il suo campo di appartenenza. Una concezione che dopo le sconfitte degli anni ’70 è diventata curiosamente minoritaria tra le sinistre.

L’opera ha molte virtù, non mi posso trattenere su ognuna di esse. La prima è il riprendere la visione ortodossa della strategia, l’arte di combinare gli scontri, senza confondere tale operazione con gli obiettivi politici, come invece succede in molte (e irritanti) occasioni durante la militanza.

L’opera ritorna ai classici del marxismo e ne esplora le fonti, evidenziando giustamente il brillante ruolo occupato dalle idee di Clausewitz nell’elaborazione strategica di Lenin e Trotsky.

A sua volta, in una critica di Kautsky di enorme attualità, gli autori sottolineano il carattere illusorio di una netta dualità rispetto alla violenza politica tra situazioni rivoluzionarie e non rivoluzionarie, nelle quali il suo esercizio sarebbe escluso, sottolineando il carattere attivo del pensiero strategico, che non permette di fermarsi all’analisi delle condizioni, ma rende necessaria la ricerca di come superare tali condizioni.

Il libro rafforza l’esposizione teorica con esempi pratici di varie esperienze rivoluzionarie del ventesimo secolo, un lavoro utile che può però aprire molte polemiche. È impossibile fare altrimenti, perché il legame tra teoria e pratica è polemico per sua propria natura.

Ci sono centinaia di elementi da evidenziare tra i punti di forza e tra le questioni ancora aperte riportate nel libro, è per questo che invito alla sua lettura e analisi.

Esposizione di Matías Maiello

Il marxismo e la riflessione sulla strategia

Vorrei anzitutto ringraziare la Cattedra di Sociologia della Guerra per l’invito. Strategia socialista e arte militare, chd ho scritto assieme a Emilio Albamonte, è un libro che affronta la questione militare, tanto attorno all’insurrezione come alla guerra civile, durante le due guerre mondiali e alla cosiddetta “Guerra Fredda”. Non è però definibile come essenzialmente un libro di strategia militare, poiché tratta la strategia in senso più ampio, ponendo in primo piano la strategia politica.

In più di un senso, non si può capire il marxismo del ventesimo secolo senza studiare la strategia militare. Non è un caso se Carl Schmitt ha definito i quaderni di Lenin su Clausewitz come “uno dei documenti più straordinari della storia, universale e delle idee”. Ernesto Laclau e Chantal Mouffe arrivarono ad affermare che tutto il marxismo rivoluzionario è segnato dal “peccato” di essere in gran parte impregnato dal lavoro di Clausewitz.

In questa presentazione ho voluto concentrarmi sulla collocazione delle coordinate del libro, sulla presentazione del tipo di problemi strategici che il libro prova a trattare e la loro attualità.

 

Partito delle riforme o partito rivoluzionario

Per cominciare, vorrei citarvi una dichiarazione del leader di Podemos in Spagna, Pablo Iglesias, a mio parere illustrativa per la discussione. Di fronte alla domanda se la coalizione greca Syriza dovesse attuare misure “dure” contro la Troika anziché introdurre le riforme che in teoria doveva combattere, Iglesias rispose così:

Il problema è che ancora bisogna verificare se qualcuno al vertice di uno Stato possa presentare una simile sfida […] se governando volessimo tenere una linea dura, improvvisamente avremmo buona parte dell’esercito, dell’apparato poliziesco e tutti i media contro, assolutamente tutti. E in un sistema parlamentare, nel quale, come tu mi assicuri, è molto difficile ottenere una maggioranza assoluta […] Per cominciare, dovrebbe essere raggiunto un accordo con il Partito Socialista [1].

Questa riflessione è interessante perché sottolinea chiaramente due direzioni che può prendere la strategia. Ci si può attenere ai confini del sistema già istituito e agire all’interno dei suoi limiti, combinandolo, questo sì, con una retorica”di sinistra”. Oppure andare oltre tali limiti, attaccare gli interessi dei capitalisti e affrontare lo Stato borghese, e a causa di ciò bisogna effettivamente prepararsi ad affrontare tutta una serie di forze materiali che si opporranno.

Nel primo caso, potremmo dire che una strategia intesa in senso stretto non esiste, se la intendiamo -con Clausewitz- dal punto di vista dell’utilizzo di scontri tattici parziali per piegare la volontà del nemico, o come disse Trotsky, come l’arte di prendere il controllo. Ciò che ci viene presentato è l’amministrazione, con una retorica “di sinistra”, degli interessi dei capitalisti.

Si finisce così come Syriza, introducendo le riforme, o come nel caso di Podemos, che senza accedere al governo prende parte ai governi locali di Madrid e Barcellona, in maniera totalmente compatabile col regime, come ha dimostrato dinnanzi al processo indipendentista catalano. Senza parlare delle discussioni come quella proposta dal kirchnerismo, per un’unità dell’opposizione, un “tutti contro Macri” previsto per il 2019 che si riduce alla scelta tra quale settore borghese seguire.

 

Lavoro strategico

Se prendiamo la direzione e accettiamo di affrontare i capitalisti, è evidente che necessitiamo di una forza materiale (e “morale”, per dirla con Clausewitz). Arriviamo quindi a una seconda domanda fondamentale: Che tipo di forza è necessario sviluppare per tali battaglie? Come farlo? Si tratta di elaborare una strategia che ovviamente non comincia con “il giorno dell’assalto al Palazzo d’Inverno”.

Questo “lavoro strategico” pone da solo tutta una serie di problemi. In Clausewitz troviamo in merito una frase molto chiara: “nella strategia tutto è semplice, ma non tutto è facile”. Una volta definito il corso strategico da seguire, quando si passa dalla “carta” alla realtà appare una attrito, perché il terreno dell’azione è fatto di incertezza, casualità, paura.

A sua volta, i problemi posti dal lavoro strategico rivoluzionario sono ben più ampi che nella strategia militare. Mentre l’arte della guerra in senso stretto (secondo la definizione di Clausewitz) si riferisce solo alla disposizione delle forze già formate, dove esercito e simili sono mezzi a disposizione, nella strategia rivoluzionaria non ci sono “mezzi a disposizione”: la direzione deve guadagnarsi il suo diritto a essere tale; il partito deve essere costruito, così come la relazione con il movimento delle masse. Il lavoro strategico implica tutte le tappe della formazione di una forza rivoluzionaria.

 

“Strategia di logoramento” e “strategia del rovesciamento”

Insomma, come formare una forza rivoluzionaria in questo contesto? Per rispondere a questa domanda voglio fare riferimento a una discussione molto importante che si svolge dalla seconda metà del ventesimo secolo: il dibattito sopra la “strategia di logoramento” e la “strategia del rovesciamento”.

A introdurre questi termini nel dibattito è Karl Kautsky, riferimento teorico della seconda internazionale. Egli li prende, in forma “sui generis”, da Hans Delbrück, che a partire da una serie di osservazioni lasciate da Clausewitz per rivedere la sua opera, elabora una concezione in cui vi sono due poli dell’arte della strategia: la “strategia di logoramento”, quando l’obiettivo sono conquiste limitate ai confini, e la “strategia dell’abbattimento”, quando l’oiettivo è abbattere il nemico.

Perché questi concetti vengono ripresi da Kautsky? Per argomentare contro Rosa Luxemburg. Nel 1910 la Germania veniva attraversata da importanti lotte operaie e mobilitazioni di massa con rivendicazioni democratiche. Rosa sosteneva la necessità di indirizzare l’agitazione verso uno sciopero politico generale. Kautsky si è opposto dicendo che era sbagliato mettere a rischio in tali battaglie l’organizzazione socialdemocratica (che contava in quel momento più di 700 mila affiliati, 2 milioni di affiliati nei sindacati e 3 milioni di voti) e che la chiave era ottenere un gran quantitativo di voti nelle prossime elezioni.

Dunque, quella di Kautsky era una “strategia di logoramento”. A cosa ci si riferiva?

La moderna scienza della guerra -diceva Kautsky- distingue due tipi di strategia, la strategia del rovesciamento e la strategia di logoramento. La prima riunisce le sue forze di combattimento rapidamente, per andare incontro al nemico e assestargli colpi decisivi […] Nella strategia del logoramento, al contrario, il suo capo evita tutti i combattimenti decisivi: cerca di mantenere l’esercito nemico in costante allerta con manovre di ogni tipo, senza dargli l’opportunità di stimolare le proprie truppe attraverso trionfi [2].

Rosa Luxemburg gli contesta che tutta la sua elaborazione sopra la “strategia di logoramento” era alla base di un’orientamento consistente in “niente più che parlamentarismo”. Anche se in seguito ciò venne dimostrato, in questo momento non era esattamente così, almeno secondo quanto diceva Kautsky. Egli continuava a sostenere che nel momento adatto si sarebbe passati a una “strategia del rovesciamento”. Dalla parte della Luxemburg, ovviamente, non vi era antiparlamentarismo, non era questo il problema. La differenza era che Rosa sosteneva che la socialdemocrazia avrebbe dovuto svolgere un ruolo di guida nello sviluppo delle tendenze più progressiste della lotta di classe in quel momento e non semplicemente attendere le elezioni.

Note

1: Fort Apache, ¿Qué pasa con Grecia?”, 8 ottobre 2016, su YouTube
2: Kautsky, Karl, “¿Y ahora qué?”, in Parvus, Alexander; Mehring, Franz; Luxemburgo, Rosa e altri, Debate sobre la huelga de masas, Primera parte, Buenos Aires, Pasado y Presente, 1975, pp. 133-134.

 

Matías Maiello

Traduzione di Gabriele Bertoncelli da Ideas de Izquierda

 

Nato a Buenos Aires nel 1979. Laureato in Sociologia, docente di Sociologia dei Processi Rivoluzionari (Università di Buenos Aires - UBA) dal 2004. Militante del Partido de los Trabajadores Socialistas (PTS) e membro della redazione della rivista Estrategia Internacional. Autore, insieme a Emilio Albamonte, del libro "Estrategia Socialista y Arte Militar" (2017).